Loki

Loki – Dentro la mente del dio dell’inganno

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Asgard, la dimora dorata degli Aesir, è caduta. Gli dei che la abitavano ne sono ora prigionieri, le sue rovine si stagliano a cumuli all’orizzonte, le ricche sale dorate nelle quali la musica faceva a gara con il vociare dei guerrieri degni del Valhalla hanno lasciato spazio ad un paesaggio spoglio e privo di qualsiasi sentore di speranza. A spezzare il tetro silenzio che aleggia sulla scena c’è solo la voce tanto vittoriosa quanto sprezzante del suo nuovo signore Loki Laufeyson: «Inginocchiati Dio del tuono, inginocchiati al cospetto del tuo conquistatore, inginocchiati come è tuo destino dinanzi a Loki Laufeyson». Il dio degli inganni ha sancito la sua vittoria definitiva, il trono di Asgard è suo, coloro che una volta lo guardavano con sdegno e sospetto gli sono assoggettati, il suo più grande nemico è stato privato della sua forza e giace sconfitto ai suoi piedi.

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Loki, Thor e Loki: fratelli di sangue (titolo per i lettori italiani) è una miniserie in quattro parti uscita nel 2004 per Marvel Knights, etichetta della Casa delle idee che dalla sua nascita nel 1999 ha lo scopo di proporre ai lettori storie dalle tematiche più mature, libere dagli intricati rami della pluridecennale continuity. Oltre a riscuotere un discreto successo grazie a storie come Guardian Devil, ciclo dedicato all’uomo senza paura scritto da Kevin Smith e illustrato da Joe Quesada, è servita anche da trampolino di lancio per marchi come MAX, celebre per l’acclamata run di Garth Ennis su The Punisher.

La miniserie è servita da esordio per due autori che ritorneranno sulle pagine del dio del tuono anni dopo, ovvero Robert Rodi ed Esad Ribić. Rodi, autore americano che fa il suo ingresso nel mondo dei comics a partire dal 1999, inizia a lavorare per la Marvel nel 2003 esordendo su Elektra; nel 2011 tornerà poi sul personaggio scrivendo la sceneggiatura di For Asgard, questa volta accompagnato dalle matite di Simone Bianchi e nello stesso periodo gestirà anche la testata Astonishing Thor. Ai disegni troviamo invece Ribić, illustratore croato attivo in Marvel a partire dal 2000 come copertinista per la miniserie X-Men: Children of the atom; anche lui tornerà ad occuparsi del personaggio una decina di anni dopo, nel 2013 si occupa infatti delle tavole per i primi due cicli narrativi della serie Thor: God of Thunder sui testi di Jason Aaron. 

Già dalle prime battute del volume l’obiettivo dello sceneggiatore appare ben chiaro: Rodi desidera esaminare a fondo il rapporto conflittuale che lega i figli di Odino restituendo al lettore un character study capace di mettere in evidenza nuovi aspetti di un personaggio relegato quasi esclusivamente al ruolo di comprimario. Occorre poi sottolineare che la singolarità dell’operazione (che potrebbe sembrare interamente sovrapponibile a quanto la coppia Azzarello – Bermejo proporrà nella miniserie Joker del 2008) sta nel fatto che l’indagine che vede come oggetto le motivazioni e l’essenza stessa del dio norreno degli inganni viene sviluppata interamente per contrasto.

Nei quattro numeri che compongono l’opera, Loki non splende interamente di luce propria ma la sua storia, le sue gesta e i suoi fallimenti vImmagine 2025 10 03 224559erranno sempre soppesati in relazione alla sua nemesi, Thor. I due appaiono allora, o almeno questo è quanto Rodi vuole sottolineare, come entità opposte eppure unite, incapaci di definirsi se non contrapponendosi l’una all’altra. Tale aspetto della loro relazione, che funge da colonna portante per tutta la narrazione, viene lasciato intendere al lettore già dalle prime pagine del volume. Infatti, dopo la sua vittoria il padre delle bugie riceve la visita inaspettata della regina dei morti, la dea Hela, venuta a reclamare l’anima di Thor, sostenendo – nel tentativo di convincere il nuovo sovrano dell’urgenza della sua pretesa – che il figlio di Odino rappresenti l’unico vero pericolo al suo trono e che quindi non può permettersi di lasciarlo in vita. La realizzazione scuote Loki nel suo animo, portandolo a domandarsi: «chi è Loki senza Thor?»

Dopo il primo numero, all’interno del quale Rodi dispone i principali attori e le tematiche di fondo della storia, il lettore viene proiettato all’inseguimento dell’Ingannatore attraverso le mura di Asgard. Durante queste sequenze vediamo susseguirsi vari personaggi del “pantheon norreno”, tra cui: la bella lady Sif, il coraggioso Balder e il Padre di tutti Odino. Rodi sembra voler ricalcare, almeno in parte, la struttura narrativa di A Christmas carol, celebre racconto di Charles Dickens.

I prigionieri con i quali Loki interagisce sembrano infatti essere depositari di ciò che è stato e ciò che sarà. In queste sezioni l’autore attinge a piene mani dalla mitologia norrena, racchiudendo nel personaggio di Balder un funesto oracolo capace di scorgere visioni provenienti da infiniti universi alternativi che non lasciano spazio a speranze o sogni di grandezza: «Ci sono molti Loki tanti quanti ce ne sono di Thor e Balder. Ognuno esiste isolato dagli altri eppure è unito in un’esistenza condivisa come rami di un albero […] ho visto Loki come fratello adottivo di Odino invece che suo figlio […] ma non l’ho mai visto regnare». Attraverso le parole del più coraggioso tra gli dei, confermate poi dalla regina delle Norne, viene imbastito un dramma dalle note shakespeariane che può risolversi solo nel sangue, o più precisamente con un’esecuzione: quella di Thor.

Appare poi notevole la sinergia tra la penna di Rodi e le matite di Ribić: il tono tragico e drammatico che trasuda dalle battute che i vari personaggi si scambiano viene perfettamente catturato dalle tavole che ne accompagnano la lettura. Occorre però sottolineare che la fluidità con la quale il testo e l’immagine dialogano tra loro potrebbe essere dovuta al fatto che i due avevano collaborato  già nel 2000 a Four Horsemen, miniserie pubblicata dalla DC sotto l’etichetta Vertigo.

Comunque sia, lo stile fotorealistico di Ribic riesce ad evocare grandi maestri dell’arte “sword and sorcery” come Frank Frazetta e Richard Corben. A questo va poi aggiunta la capacità di arricchire la caratterizzazione dei personaggi, di cui sono esempi lampanti i due protagonisti. Nel rappresentare Loki, infatti, Ribić predilige la sua versione classica. Esso appare come una figura insicura e meschina che si aggira furtivamente tra le sale del palazzo reale, priva quindi della regalità che il suo nuovo ruolo richiederebbe. Dall’altra parte la possente figura di Thor (incatenato nelle segrete di Asgard), privata della nobiltà e magnificenza che invece vediamo nei vari flashback che si alternano all’interno del volume, compare ora brutale se non addirittura a tratti bestiale.

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Loki riesce quindi ad offrire una storia atemporale adatta a qualsiasi tipo di lettore, attraverso la quale viene sviluppata un’analisi del personaggio dalle tinte spiccatamente metanarrative. Difatti non appare poi tanto assurdo proiettare le parole di Balder o l’invettiva di Loki – in cui recrimina a Odino di averlo adottato solo per far spiccare Thor – in un orizzonte più ampio, che vede le varie vicissitudini del dio dell’inganno come una condanna: quella di vestire sempre la stessa parte, inflitta non da una macchinazione del cosmo ma dagli autori che ciclicamente sono chiamati a scriverne la storia. 

Il finale della vicenda non poteva che essere tragico, alla luce delle considerazioni fatte finora: conscio di essere sempre stato servo del destino, Loki cercherà di liberare il fratello in modo da districarsi dal “giogo delle Norne” e riprendere possesso delle sue scelte. Purtroppo per lui, come del resto succede spesso, Thor riuscirà a liberarsi e ad impugnare nuovamente il suo Mjolnir.

Anche questa volta, davanti alle parole di Loki – per la prima volta sincere e prive di qualsiasi traccia di falsità – la risposta sarà una: il tuono.

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