Rileggendo Dago. Puntata II

Un personaggio con un'eredità pesante

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Il difficile compito di mantenere “l’integrità” di Dago

Un primo piano di Dago disegnato da Alberto Salinas. Vignetta 2 di tavola 1, “El valle del Jenizaro”, uscito su Nippur Magnum n.66 del 1987

Questo spazio di approfondimento dedicato al Giannizzero Nero nasce come un contenitore di spunti di riflessione per gli appassionati  – e non solo – di questo fantastico personaggio. Proprio perché Dago rappresenta un’icona del panorama fumettistico, sono partito stavolta da una domanda: quanto può essere difficile gestire un personaggio così potente come Cesare Renzi? Quanto la questione si complica quando si ha a che fare con una saga che dura da decenni? Un quesito in apparenza banale, ma che in realtà rappresenta un compito molto difficile da far rispettare con costanza. Il fumetto in generale è pieno di esempi in cui, per vari motivi, un personaggio ha avuto picchi di eccellenza qualitativa, alternati a periodi di crisi.

Anche Dago non è sfuggito a questi cicli e tutt’ora, come vedremo più avanti, attraversa una fase di assestamento.

Gli inizi sono ben conosciuti: quella che doveva essere una miniserie creata da Robin Wood nel 1981 (in Italia arriverà poi nel 1983), si rivelò un successo non solo in patria argentina, ma anche nelle pubblicazioni estere, in primis nelle nostre edicole. Fu così che il creatore grafico Alberto Salinas – già conosciuto negli anni ’70 come collaboratore per l’Eura Editoriale grazie ai disegni di Continente Nero e Legione Straniera, entrambe per Skorpio – si trovò, subito, in difficoltà a reggere la costante e crescente produzione di tavole per le storie di Wood. Al contempo il suo tratto iniziava già a diventare estremamente caratteristico: l’intensità espressiva dei personaggi, una gestione dello spazio delle tavole unica e inconfondibile… tutti fattori che contribuirono a far innamorare i lettori. Fu proprio in questo periodo storico che si creò il primo intoppo. L’allora Eura decise di affiancare a Salinas alcuni collaboratori, tra i quali Carlos Pedrazzini. Ma gli esiti non furono felicissimi e Alberto Salinas tornò a lavorare da solo al personaggio di Wood, riuscendo al contempo – per un certo periodo – ad aumentare i ritmi di realizzazione e a portare Dago e il suo segno a livelli di estrema qualità.

Un Dago concentrato, realizzato da Carlos Gomez

Un altro momento di difficoltà nella gestione del personaggio, sempre a livello grafico, avvenne quando si dovette cercare un sostituto di Salinas. Carlos Gomes (affiancato da David Tejada) fu il prescelto che iniziò a lavorare ai disegni del Giannizzero Nero, con tanti timori e dubbi nell’introduzione di un nuovo tratto grafico rispetto a quello ormai consolidato del Maestro Alberto. I lettori, lo sappiamo, sono il termometro di un prodotto in edicola.

Il segno di Gomez – fin dall’inizio – era diverso da quello del creatore grafico di Dago. Ma, con il tempo, quello stile personale, quella chiarezza nel tratto, nella cura maniacale non solo dei volti dei personaggi e dei loro corpi, ma anche nella descrizione dei panorami – con inquadrature suggestive e mai viste prima sulle pagine di questo personaggio – entrarono definitivamente nel cuore degli appassionati. Così Gomez lasciò emergere la sua personalità e nacque quello che è ormai definito il Dago “di Gomez”.

Nuovo cambio alle matite

Copertina del n.130 della Ristampa Dago del dicembre 2013. Disegni di Joan Mundet

Tra le tante pubblicazioni dell’edizione italiana dedicata a Dago, per molti anni ha spiccato la Ristampa Dago che, dal 2002, in formato bonellide, ha iniziato a pubblicare in ordine cronologico le storie già uscite su Lanciostory e già ristampate negli inserti di Skorpio. Ogni albo, fino al n.103, aveva una foliazione di 96 pagine. A partire dal n.104 – per mantenere una ristampa cronologica che permettesse la presenza in edicola senza scavalcare la produzione di inediti, che nel frattempo stava rallentando – la foliazione di ogni albo fu ridotta a 64 pagine, contenenti 5 capitoli anziché 8.

Uno dei momenti di maggior impatto, che fece discutere molto i lettori appassionati, avvenne a partire dal n.118 della Ristampa, nel 2012.

Se la produzione di inediti era in rallentamento c’era un motivo ben preciso: dare modo a Carlos Gomez di dedicarsi ad altri progetti editoriali (uno su tutti Tex). Il ritmo di due tavole al giorno, mantenuto da oltre un decennio, iniziò a diventare insostenibile per il disegnatore. Gomez e Wood decisero quindi di far disegnare una parte delle storie a Joan Mundet, fumettista spagnolo con una lunga carriera alle spalle.

Un primo piano di Dago. Disegni di Mundet

Fu così che i primi capitoli di Mundet vennero inseriti a completamento del n.118 della Ristampa e proseguirono nel n.119 Laila la madre, che fu il primo albo interamente affidato al nuovo disegnatore.

Di conseguenza cambiò anche l’interpretazione che viene data da Mundet al personaggio. La differenza fu evidente già dalla prima tavola da lui realizzata (pag.53 del n.118). A colpire è innanzitutto il segno: più nervoso e, in certe scene, vicino al grottesco. Cambia anche l’uso dei toni di grigio, impiegati sia per arricchire e per riempire gli sfondi, sia per creare una sovrapposizione di ombre in aggiunta alle pennellate di nero. Nel luglio 2012 questa differenza rispetto al Dago “di Gomez” divenne ancora più nitida, dato che la Ristampa pubblicava le storie ancora in bianco e nero. Fu qui che scoppiò una chiassosa polemica.

La crociata contro Joan Mundet

La Ristampa Dago a colori. Tavola di Joan Mundet. Tavola 39 (pag.43), Ristampa Dago n.135, agosto 2014

<<Con Robin non abbiamo scelto Mundet perché a me serve del tempo libero e fisicamente non sono più in grado di disegnare 624 pagine di Dago all’anno. Lo abbiamo scelto perché riteniamo che sia perfettamente in grado di realizzare Dago con una qualità pari alla mia, seppure con tutte le differenze di stile che devono contraddistinguere due artisti come noi. Non avrei mai scelto un disegnatore senza anima che si fosse limitato a copiare il mio stile e il mio lavoro. Un personaggio deve rispecchiare l’anima di chi lo realizza e un artista senza anima non è un artista. Un abrazo. Carlos>>

Così intervenne Carlo Gomez nell’angolo della posta della Ristampa nel n.123 del febbraio 2013.

Una spiegazione quasi ovvia, doverosa. Coerente con un momento per lui non facile, segnato dal dover dire quasi addio al personaggio e dall’esigenza di far subentrare un altro artista. Proprio il concetto di “anima” è alla base anche di questo approfondimento: quando cambia il timone artistico alla guida di un personaggio, emerge una sua “nuova versione”, senza (possibilmente) snaturarne i tratti fondamentali.

Ebbene, l’accoglienza di Mundet da parte dei lettori generò una rivolta in piena regola. Ogni mese, sulla posta della Ristampa non mancavano messaggi contrari allo stile, al segno e, in generale, a tutto ciò che riguardava il Dago di Joan Mundet. C’era chi si sentiva depauperato e chi chiedeva a gran voce di cambiare la periodicità della ristampa pur di poter leggere solamente le storie disegnate da Carlos Gomez. Non mancarono commenti offensivi (cosa che oggi non stupirebbe affatto, ma che all’epoca dei forum e dei blog lasciava ancora un po’ impressionati). Ogni volta che l’Aurea inseriva nella Ristampa i capitoli di Mundet, la protesta si riaccendeva.

Ricordava un po’ il passaggio traumatico che si ebbe tra i lettori di Alan Ford dopo il n.75 della serie, quando si passò da Magnus a Piffarerio. Quest’ultimo venne, alla fine, accettato e poi apprezzato, entrando nel cuore di molti appassionati.

Tavola 49 (pag.53) del n.119 della Ristampa Dago, luglio 2012. Disegni di Mundet

Ma con Mundet la crociata proseguì anche dopo il n.134. Numero importante questo, in quanto la Ristampa Dago iniziò a proporre  le storie a colori, cambiando anche il design di ogni albo introducendo le alette (contestualmente il prezzo aumentò di 50 centesimi, passando quindi da 2€ a 2,50€).

Il “caso” Mundet fece addirittura valutare ai vertici di Aurea di limitarsi a ristampare solo i capitoli disegnati da Gomez, lasciando su Lanciostory e Skorpio quelle di Mundet e degli altri collaboratori che di lì a poco si sarebbero inseriti sulla serie (voce diffusa sui forum e blog dell’epoca, ma non confermata dalla casa editrice, n.d.r.).

Il segno del disegnatore spagnolo non venne quasi mai davvero accettato: eppure si trattava comunque dell’interpretazione artistica di un personaggio. Forse proprio l’epicità di Dago e la sua imponenza fisica (così come l’aveva resa Gomez) erano diventate un vero e proprio marchio di fabbrica. Il tratto di Mundet volle in qualche modo umanizzare la figura del Giannizzero Nero, avvicinandola a quella degli altri personaggi della serie. Renderlo più normale, umano. Una scelta che effettivamente non ha incontrato il gradimento generale del pubblico, ma che ugualmente non ne giustificava le offese che furono rivolte al povero disegnatore. Io stesso arrivai persino a scrivere una mail alla redazione di Aurea in difesa del disegnatore, cercando di contestualizzarne la fisiologica  differenza di stile rispetto a Gomez: la mia mail venne poi pubblicata sulla posta del n.135 della Ristampa.

L’identità di un personaggio e le sue diverse interpretazioni

Ristampa Dago n.138, disegni di Marcelo Borstelmann, dicembre 2014

La gestione di Dago in quegli anni attraversò così il primo momento veramente difficile, in quanto – come visto – per  l’Aurea non fu facile trovare un sostituto di Carlos Gomez (problema che, tra alti a bassi, continua tutt’oggi). Riguardo a Mundet, ritengo che – a parte i primi tentennamenti degli esordi – la scelta di dare più umanità a Cesare Renzi sia stata una direzione legittima dal punto di vista artistico. Il gradimento poi è un elemento soggettivo. Al fine di garantire, ai lettori, la completezza della saga di Dago, ritengo che l’Aurea abbia fatto benissimo a ristampare l’intera produzione di Mundet e dei disegnatori che poi (come vedremo a breve) si sono succeduti nel tempo. Sicuramente il compito affidato a Mundet – sostituire Carlos Gomez – era tale da far tremare i polsi. Di certo, il coraggio non gli è mancato.

Ritengo sia giusto consentire ai disegnatori che si avvicendano ad un personaggio iconico come Dago di esprimere la propria cifra stilistica. Tenendo da parte i giudizi irrispettosi di quegli anni, non possiamo dire che questo non sia avvenuto.

Ma le difficoltà non finirono qui: anche con Marcelo Borstelmann, che si affiancò poco dopo a Mundet ai disegni, si entrò nel classico giochino del “piace” e “non mi piace”. Anche con lui si attuò una nuova interpretazione di Dago che, pur non travisandone l’identità, si discostò tanto dalla versione di Mundet quanto da quella di Gomez, sia per il segno troppo statico dei personaggi (a partire dal protagonista principale), sia per una colorazione così pesante da richiamare visivamente quasi gli scenari di un videogame. 

L’equipo intorno al Giannizzero Nero si è ampliato di anno in anno. La volontà dell’Aurea è chiara: mantenere Dago vivo, riconoscibile e ben saldo. Un’impresa non facile. Tanti sono attualmente – sul piano grafico – gli interpreti che si stanno alternando sulla serie: Yildrim Orer, David Tejada (dopo gli esordi da assistente di Gomez), Edym, Caracuzzo e Vincenzo Mercogliano (quest’ultimo eccellente copertinista della Nuova Ristampa a Colori, iniziata nel 2015 e tutt’ora ruspante in edicola).

Vale qui lo stesso discorso fatto per Mundet: l’interpretazione dei vari artisti nel raffigurare il  personaggio è un elemento imprescindibile. Come scriveva Gomez, è l’anima del disegnatore ad essere trasmessa sulle pagine. Il tutto sempre con il rispetto dovuto a chi ha creato Dago e verso Dago stesso. Non sempre ci si riesce, ma credo che l’importante sia provarci, mettendo in conto che si può essere esposti a critiche.

Un primo piano di Dago disegnato da Edym. “L’uomo senza volto”, Dago Tuttocolore n.95 , luglio 2025

E questo vale a maggior ragione quando si ha a che fare con un personaggio a fumetti che ha sfiorato il mito.

Una gestione complessiva, quella di Dago, che sta tutt’ora attraversando continui momenti di assestamento non solo sul piano grafico, ma anche sul piano della narrazione delle sue storie. 

Su questo aspetto però vi rimando alla prossima puntata.

CONTINUA

Rileggendo Dago – Puntata I

Francesco Bertelli

Scrivo storie e mangio pane e fumetti

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