Che Warren Ellis abbia un accesso privilegiato al platonico mondo delle idee è ormai un fatto assodato, e questa run del 2007 ne fornisce ulteriore conferma.
In breve: circa un secolo da adesso nel futuro, sotto la superficie ghiacciata di Europa, luna di Giove, un team di esploratori spaziali scopre un oceano di dimensioni mastodontiche. Nelle sue profondità fluttua una serie di avveniristiche bare che, da circa un miliardo di anni, mantengono in animazione sospesa degli esseri dalle sembianze umane.
Un esperto “fiuta-bombe” delle Nazioni Unite viene inviato in loco per fare luce sulla questione. A complicare le cose, in un vicino laboratorio orbitante attorno a Giove, avamposto di ricerca della multinazionale Doors (sic!), l’equipaggio si prepara a mettere le mani su questa risorsa dal potenziale bellico elevatissimo.
Ellis gestisce la tensione giocando anche stavolta su scambi recisi di battute, che richiedono sempre una seconda lettura prima di rilasciare in maniera compiuta il loro carico di calcolata ferocia.
Più in generale, è la stessa scansione delle tavole ad opera della coppia Chris Sprouse (matite) / Karl Story (chine) che – al netto di qualche necessaria quanto suggestiva splash page – segue un andamento molto schematico e ordinato, quasi un voluto netto contrasto con i contenuti che queste metaforicamente trasportano.
I misteriosi esseri rimangono, nel corso della narrazione, fondamentalmente come deus ex machina poco più che accennati, mentre il meccanismo a orologeria si concentra principalmente intorno al principio hobbesiano dell’homo homini lupus. Eco lontane di atmosfere alla Alien, quindi, ma rese per mezzo di un’efficace estetica asettica.
Ancora una volta un Ellis che si misura da par suo con l’epica del terrore dallo spazio profondo.
