Alla saga La Rinascita degli Eroi, come abbiamo narrato nel precedente articolo, fece séguito un’altra iniziativa editoriale – denominata Il Ritorno degli Eroi – che vedeva Vendicatori, Fantastici Quattro, Iron Man e Capitan America ritornare nel loro mondo di origine, ciascuno – naturalmente – con una propria serie.
Questa volta la Marvel si affidò ad autori, molti dei quali già in forza alla stessa casa editrice, che diedero agli eroi un’impronta più “classica”, con riferimenti alla storica continuity e un approccio stilistico più vicino alla tradizione Marvel rispetto alla gestione di Liefeld e Lee.
Quanto alla serie denominata Captain America Vol. 3, furono sempre Mark Waid e Ron Garney a tornare a occuparsi di Steve Rogers. La scelta fu praticamente scontata: il loro ciclo di avventure (Captain America Vol. 1 444/454) immediatamente precedente a La Rinascita egli Eroi era rimasto nel cuore degli appassionati e apprezzato dalla critica specializzata.
Tanta attenzione si doveva certamente anche all’interpretazione del personaggio data dallo sceneggiatore. Waid aveva perfettamente compreso chi fosse Steve Rogers e cosa rappresentasse.
Egli ebbe modo di dire, anni dopo, in un’intervista: “Quello che rende Capitan America un personaggio davvero interessante è il conflitto interiore. È stato, sì, un soldato, ma non intende prendere ordini da nessuno quando si tratta di salvare le persone. È stato creato per rappresentare il Sogno Americano, ma sessant’anni dopo Pearl Harbor nessuno sapeva più cosa fosse questo sogno. Fate una prova, inserite le parole Sogno Americano in un motore di ricerca. Troverete 9 milioni di risultati e il 95% riguarda il mercato immobiliare… La definizione di Sogno Americano varia da persona a persona… Come si fa a servirlo? Noi abbiamo voluto lavorare mettendo a confronto il Cap classico supereroe combattente del crimine e quello che deve affrontare le conseguenze etiche e morali del suo ruolo”.
Fu così che un nuovo Captain America 1 arrivò sugli scaffali nel gennaio 1998, riportando in scena un Cap tornato nella sua realtà accidentalmente tra le strade di Tokyo. Direttosi alla ricerca dell’ambasciata americana, viene però coinvolto in uno scontro con alcuni terroristi nazionalisti che protestano contro l’americanizzazione della cultura giapponese, scoprendo che – da quando era scomparso – la sua persona è diventata quasi oggetto di culto. La conseguenza immediata di quello scontro è la rivelazione a tutto il mondo che l’eroe americano è ancora vivo e sempre sulla breccia! Cap si ritrova quindi ad affrontare gli effetti della sua immensa popolarità, un’idolatria di massa che lo sconcerta. Con molti dubbi nel cuore in merito a quella che si può definire come una vera e propria “Capmania”, torna perciò in America.
Come ogni eroe che si rispetti, anche Capitan America ha un’arma che lo rappresenta: il suo famoso scudo. Costituito di una lega di adamantio e vibranio, i due metalli “miracolosi” dell’Universo Marvel, è assolutamente indistruttibile.
L’esatta calibrazione della lega gli conferisce durezza e flessibilità, nonché una prodigiosa leggerezza. Ed è proprio in relazione a quest’arma che, nel numero 2 di questa nuova serie, Waid e Garney decidono di assestare un brutto colpo al Capitano.
Ritornato in patria, Steve Rogers deve intervenire per recuperare un sottomarino nucleare U.S.A. caduto nelle mani dell’Hydra. Gli agenti della famigerata organizzazione terroristica hanno rilasciato un virus informatico nel core del computer del sottomarino e progettano di diffonderlo in tutto il sistema di navigazione della Marina Militare Americana. Cap riesce a salire a bordo dove, dopo aver proceduto all’evacuazione dell’equipaggio e aiutato dall’ufficiale ausiliaria Rebecca Huston, si occupa degli agenti dell’Hydra.
Realizzato che l’unico modo per bloccare il virus è la disintegrazione del sottomarino, Cap e la Huston avviano la sequenza di autodistruzione. Sfruttando la spinta dell’esplosione, i due si proiettano all’esterno del mezzo subacqueo attraverso un tubo lanciasiluri. Ma, a quel punto, accade l’imprevisto: Cap perde il suo scudo. Dovendo scegliere fra il recupero di questo e la salvezza della giovane tenente, decide – ovviamente – di sacrificare la sua preziosa arma di difesa e di attacco, che si inabissa nell’oceano!
E così, dal numero seguente, Cap torna ad usare una replica dello scudo triangolare originale (sino ad allora conservata in un museo di Washington), lo stesso visto nelle primissime storie degli anni ’40, e con quello inizia la sua crociata contro la rinnovata minaccia dell’Hydra, ora sotto il comando di un nuovo e ambiguo capo chiamato Sensazionale Hydra, che ha lanciato un’imponente offensiva militare di sabotaggio e sovversione.
Nella mini-saga denominata Il potere e la gloria (Captain America Vol. 3 nn. 5/7), Cap viene sconfitto e fatto prigioniero dal capo dell’Hydra, che si rivela essere un alieno della razza mutaforma degli Skrull, il quale prende le sue sembianze annunciando agli Stati Uniti l’invasione aliena. Anche la famigerata “Capmania” era stata orchestrata dagli Skrull: dopo aver fatto aumentare a dismisura la popolarità dell’eroe, imprigionandolo e sostituendosi a lui lo vogliono screditare completamente, distruggendo così la fede delle persone nella libertà e nella democrazia.
Tuttavia, Cap riesce a liberarsi, a sconfiggere definitivamente gli Skrull con l’aiuto dei Vendicatori e a riportare, ancora una volta, la calma nella Nazione (vi è da evidenziare che gli Skrull, anni dopo, sarebbero davvero riusciti ad infiltrarsi nella popolazione della Terra durante l’evento Secret Invasion del 2008).
Con il numero 5 Ron Garney abbandonò la testata, sostituito nei due albi successivi da Dale Eaglesham, per andare a disegnare (sempre su testi di Mark Waid) la nuova serie Captain America: Sentinel of Liberty lanciata nel settembre 1998 e ambientata parzialmente nel passato dell’eroe. Purtroppo, l’esperimento non ebbe un grande successo e durò soltanto 12 numeri, ma vide all’opera, oltre a Garney, altri ottimi disegnatori, tra i quali Ron Frenz, Cully Hamner e Brian Steelfreeze.
Captain America Vol. 3 n. 8 (agosto 1998) fu il primo albo a presentare il nuovo disegnatore stabile della serie: Andy Kubert. Figlio del maestro Joe Kubert e fratello del collega Adam, aveva già fatto faville sulle serie degli X-Men.
Era lui l’artista originariamente scelto per disegnare Sentinel of Liberty ma, su richiesta espressa di Ron Garney, i due si erano scambiati amichevolmente i ruoli e così Andy si era ritrovato a lavorare sulla testata principale. Questo numero fa parte di un crossover sviluppatosi anche su altre collane dei Vendicatori con il titolo complessivo La vendetta dei Kree (ricollegata alla saga “Operazione Tempesta nella Galassia” del 1992). Nel corso di questa avventura, lo scudo triangolare usato da Cap diventa inutilizzabile dopo essere stato danneggiato nello contro con un potente guerriero Kree!
La collana di Capitan America prosegue con la storia in quattro parti Incubo americano (Captain America Vol. 3 nn. 9/12), nella quale una ritrovata Sharon Carter riconsegna a Steve lo scudo energetico che aveva già usato nei numeri 451/452 della prima serie.
Capitan America e la sua ex fidanzata combattono fianco a fianco per scongiurare la minaccia del demone conosciuto come Incubo, un abitatore di remote regioni dimensionali collegate alla nostra psiche. Il malvagio ha elaborato un piano volto a prendere il controllo della mente degli uomini nel sonno e ridurli alla follia, allo scopo di assorbire energia negativa per la sua losca bramosia di potere. Anche Cap e Sharon, dopo aver salvato il mondo dagli attentati di numerosi invasati, vengono catturati dall’influenza nefasta di Incubo, piombando nel suo regno di pazzia. Tuttavia, grazie alla loro caratura morale riescono a spezzare i legami psichici e, in una battaglia combattuta sul piano onirico, sconfiggono l’avversario.
È da segnalare che in questa saga Andy Kubert decise di dare un taglio netto col passato e lo stile con cui presentò le gesta di Capitan America lasciò davvero il segno. Ogni nostalgia rétro fu bandita, ogni compromesso con la stilizzazione classica fu dimenticata. Le vignette di Kubert furono di impatto spettacolare. Oltre che attento alle esigenze dell’occhio, l’artista dimostrò di conoscere profondamente l’arte del raccontare: la comprensibilità della trama non fu per nulla schiacciata dagli effetti visivi; al contrario, la dinamicità e la maestria del segno sottolinearono pienamente la tensione drammatica della storia.
Captain America Vol. 3 n. 13, eccezionalmente disegnato da Doug Braithwaite, è una storia sostanzialmente “di passaggio” della quale però merita di essere menzionato il ritrovamento, da parte di Jim Rhodes (l’amico di Tony Stark che aveva anche indossato per un certo tempo l’armatura di Iron Man), dello scudo di Capitan America inabissatosi sul fondo dell’Oceano Atlantico nel n. 2. Disgraziatamente, appena recuperato, lo scudo va improvvisamente in pezzi!!!
A partire dall’albo datato febbraio 1999, Mark Waid decise di far tornare sulla scena il Teschio Rosso.
Nel corso del loro ultimo scontro, visto sui numeri 445/448 della prima serie, la nemesi di Capitan America, armata del potentissimo Cubo Cosmico (una delle più potenti armi dell’universo, un piccolo oggetto capace di rendere realtà i desideri del proprio custode), era stata sconfitta e si era dissolta nell’aria, apparentemente bruciata per l’eternità.
In realtà, grazie alle terribili energie del Cubo frantumato, il Teschio Rosso era stato trasportato – vivo – in una dimensione di sua stessa creazione, una prigione le cui sbarre erano “costruite” con la rabbia e il rancore nei confronti di Capitan America e dei valori da lui incarnati. Lì, ciò che resta del vecchio criminale nazista riceve la visita del malvagio viaggiatore temporale conosciuto come Kang (nemico storico dei Vendicatori), deciso ad asservirlo ai suoi misteriosi piani di conquista globale. Ma la coscienza del Teschio, in qualche modo, riesce a prendere il sopravvento, ricreando il Cubo Cosmico e tornando più forte che mai a reclamare vendetta. Waid, prima di entrare nel pieno dell’azione, decise di dedicare l’intero n. 14 al Teschio Rosso per mostrarne il carattere e le motivazioni.
Quest’avventura suscitò grande scalpore negli Stati Uniti. Mark Waid aveva da tempo consegnato la storia, il supervisore Matt Idelson l’aveva approvata e passata all’editor-in-chief Bob Harras, “arbitro ultimo” prima della messa in stampa di ogni albo Marvel. Dopo varie riflessioni, Harras ritenne i dialoghi originali troppo “forti” e non in linea con lo standard dei fumetti della Casa delle Idee. Una sceneggiatura che rifletteva troppo il punto di vista del Teschio Rosso? Dialoghi “scandalosi”? Non lo sapremo mai: ciò che si racconta è che, a pochissimi giorni dalla consegna in tipografia, tutti gli editor e gli sceneggiatori presenti in redazione realizzarono al volo nuovi dialoghi di varie pagine, permettendo l’uscita dell’albo. Ecco perché nei credits del fumetto non compare il nome di alcun sceneggiatore della storia. Ma quale fu la reazione di Waid? Interrogato sull’argomento, l’autore confermò la circostanza, affermando che preferì non rimettere le mani sui suoi dialoghi (ritenendoli adeguati) e accettando che il primo capitolo di questo ritorno del Teschio Rosso fosse realizzato collettivamente. Una posizione “conciliante”, quindi, che parve non aver intaccato i rapporti di Waid con la casa editrice… ma fu veramente così?
Fatto sta che lo sceneggiatore dell’Alabama continuò a scrivere questa run, che si concluse sul numero 19 del luglio 1999. Il Teschio Rosso, grazie al potere del Cubo Cosmico, trasforma la Terra in un incubo, schiavizzando l’umanità e uccidendo i supereroi, lasciando in vita il solo Cap per umiliarlo.
In queste macchinazioni si inserisce anche Kovac, un essere venuto dal futuro e già nemico dei Vendicatori, allo scopo di acquisire per sé il potere del Cubo (è stato lui a travisarsi da Kang all’inizio della saga). Con una serie di raggiri, Kovac raggiunge il suo obiettivo e trasforma il mondo a modo suo. Nel conflitto finale, Cap e la sua alleata Sharon Carter riescono a sconfiggere entrambi gli avversari, ma la ragazza svanisce improvvisamente dalla scena!
Nei numeri successivi, Mark Waid e Andy Kubert – oltre a rivelare che Sharon era impegnata in un’altra missione e che Steve Rogers stava iniziando una nuova relazione sentimentale con la bella avvocatessa Connie Ferrari (conosciuta qualche tempo prima) – portarono a compimento la trama dello scudo distrutto di Cap. Dopo aver cercato a lungo una spiegazione, Tony Stark/Iron Man rivela a Steve la terribile verità: la manipolazione che lo scudo aveva subìto da parte dell’Arcano nel corso della maxi-saga Le Guerre Segrete (1984) aveva causato un disallineamento delle molecole di vibranio presenti nell’oggetto, provocando una reazione a catena che, col tempo, ne aveva distrutto la struttura alla radice.
Alla ricerca di una “cura” per lo scudo, Cap si reca in Wakanda (il regno di Pantera Nera e principale produttore di quel metallo) e, scontrandosi con Klaw – il criminale Signore del Suono – riesce a ripristinare quell’allineamento molecolare che assicura la restituzione dello scudo al suo stato precedente (Captain America Vol. 3 nn. 20/22).
Captain America Vol. 3 n. 23 (novembre 1999), un’avventura a tema carcerario disegnata da Patrick Zircher, fu l’ultimo albo scritto da Mark Waid. Arrivato poco prima dell’esordio de La Rinascita degli Eroi, egli aveva portato alla serie del Capitano una ventata di freschezza, firmando con Ron Garney alcune delle più belle avventure del decennio. Succeduto a Mark Gruenwald, questo autore aveva saputo rimodernare Cap lanciandolo in saghe emozionanti. Poi, dopo la parentesi di Rob Liefeld, Waid era tornato alla collana, contribuendo a fondare i principi di base de Il Ritorno degli Eroi, e aveva scritto più di trenta avventure basate sulla ridefinizione della morale di Capitan America e del suo ruolo nel mondo.
Quindi, forse a causa di mai sopiti contrasti con la dirigenza o semplicemente deciso a proseguire la sua carriera sotto l’insegna della sua etichetta personale di fumetti (la Gorilla), Waid decise di abbandonare Cap, nella consapevolezza di avere esaurito le storie da raccontare. Un gesto coerente e coraggioso, similarmente alle avventure che avevano reso grande la serie negli ultimi anni.
Dopo un fill-in di Tom De Falco e Ron Frenz (Captain America Vol. 3 n. 24), nel gennaio 2000 il testimone passò a Dan Jurgens, già scrittore/sceneggiatore di personaggi iconici come Superman e Spider-Man.
Per concludere, segnalo che nel 1999, a cinque anni di distanza dall’uscita di Captain America Annual 13 (settembre 1994), al Vendicatore a stelle e strisce furono nuovamente dedicati ben tre supplementi speciali annuali: i primi due, che portavano la data di copertina del mese di gennaio ed erano opera di Kurt Busiek/Patrick Zircher e Kurt Busiek/Karl Kesel/Barbara Kesel/Mark Bagley, vedevano Capitan America fare squadra rispettivamente con Iron Man e con Citizen V (legittimo erede dell’omonimo eroe della Seconda Guerra Mondiale); il terzo, datato agosto 1999 e opera di Joe Casey/Pablo Raimondi, presentava il nostro eroe impegnato ancora una volta in uno scontro con lo Spezzabandiera.
