Lo straniero e Il libro delle anime perdute di Eduardo Mazzitelli ed Enrique Breccia

“Lo straniero” e “Il libro delle anime perdute” di Mazzitelli & Breccia

Due racconti fuori dal tempo e dalla realtà

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6/10

Editoriale Cosmo pubblica due storie facenti parte della collana “I grandi maestri della Historieta”, nello specifico il n.23. Si tratta dell’ultimo numero che chiude la serie, curata da Andrea Rivi, denominata Cosmo Serie Oro.
Un commiato, quindi, con due storie che lo stesso Rivi, nel suo editoriale, definisce come due miniserie che più argentine davvero non si può. Entrambe le storie portano le firme di due maestri del fumetto: Eduardo Mazzitelli ed Enrique Breccia, rispettivamente sceneggiatore e disegnatore.

Lo straniero (che tra le due è la storia più lunga) ci porta all’interno di una narrazione che esplora temi profondi come l’identità, l’emarginazione e la ricerca del senso della vita in un mondo che sembra incomprensibile e spietato. Mazzitelli ci mostra un protagonista che si trova in un contesto che lo rifiuta o lo considera un outsider, portando il lettore a riflettere sulla condizione umana, sul ruolo dell’individuo nella società e sulla difficoltà di adattarsi a una realtà alienante. Il racconto si sviluppa in un’atmosfera quasi onirica, dove il confine tra il reale e il surreale è invisibile.

Il libro delle anime perdute, invece, si addentra in un territorio più misterioso e forse più soprannaturale. La trama gira attorno a un libro enigmatico, in cui le anime perdute sono intrappolate, creando un’atmosfera gotica e oscura.
La vicenda si sviluppa tra misteri e scoperte, con un ritmo narrativo che a tratti disorienta il lettore in un intreccio di segreti, letture proibite e personaggi “famosi”, come Dracula e Barbanera.
 
Per quanto le due storie siano scritte e disegnate da autentici maestri del fumetto, devo confessare di averle trovate datate e a tratti tediose. I testi di Mazzitelli risultano verbosi e ridondanti: spesso si perde il filo narrativo e la lettura diviene forzata.
Dall’altro lato, l’apparato grafico di Breccia è più compatto ed equilibrato ma, anche qui, il maestro argentino si perde in manierismi che portano alcune (tante) vignette a non essere immediatamente leggibili. Il bianco & nero – e, di fatto, il tratto della china – risulta “impastato” (e non per un problema di stampa). In alcune scene non si percepisce il soggetto disegnato, facendo così fatica a seguire gli avvicendamenti. Questo non preclude a priori che il comparto grafico sia mal fatto: alcune tavole sono di grande meraviglia e si vede il tratto di Breccia, ma sono poche rispetto alla totalità dell’albo, tanto che ho fatto veramente fatica a finire le 144 pagine.
 
Spesso abbiamo la convinzione che i grandi maestri siano infallibili – si afferma che siano grandi capolavori solo per via delle firme – ma non è sempre così.
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Michele Tarzia

Vivo nell'ombra dei miei pensieri, ai margini della mia memoria

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