Tex il rotorno del carnicero

Il ritorno del Carnicero: il Tex di Nizzi

La prima storia scritta da Claudio Nizzi per l’eroe bonelliano

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La collaborazione di Claudio Nizzi con la Bonelli partì ad inizio anni ‘80; in lui Sergio Bonelli e Decio Canzio videro il possibile candidato per continuare ad alimentare la saga di Aquila della Notte, allora come scrittura appannaggio solamente di Gianluigi Bonelli e dello stesso Sergio.
Dato che in passato l’autore di Fiumalbo aveva prodotto principalmente storie brevi, gli fu richiesto di scrivere un paio di soggetti per Mister No, in modo da saggiare le sue qualità sulla lunga distanza.
Le competenze come sceneggiatore non erano in discussione, in quanto i tanti anni di collaborazione con riviste come Il Vittorioso e Il Giornalino avevano dato lustro alle capacità di scrittura di Nizzi.
Evidentemente i due soggetti per Mister No soddisfecero Bonelli e Canzio, in quanto diventarono ben presto due storie pubblicate tra il 1981 e il 1982: Paura nei Caraibi (n.78-80) e Verso l’ignoto (n.80-84), quest’ultima scritta per prima ma pubblicata solo per seconda.

Curiosamente, la stessa sorte toccò anche al suo esordio su Tex: Un diabolico intrigo (n. 273-274) – uscito a luglio del 1983 – non fu la prima sceneggiatura scritta dall’autore. Tale peculiarità spetta infatti a Il ritorno del Carnicero (n. 279-281), comparso in edicola nel gennaio 1984.
Nonostante l’indubbia esperienza maturata in tanti anni di attività, scrivere una storia per il personaggio principe del fumetto italiano era un impegno ben diverso rispetto ai precedenti. Il peso delle aspettative dell’editore e quello di migliaia di lettori non poteva essere di certo lieve. Oltretutto fu richiesto a Nizzi – che accettò, seppur a malincuore – di non firmare le sue storie, com’era tradizione in quegli anni alla Bonelli quando lo sceneggiatore era diverso rispetto al creatore del personaggio. Lo stesso Sergio Bonelli (alias Guido Nolitta) non aveva firmato le storie da lui scritte per Tex.

Questo comportava anche l’esigenza stilistica di non discostarsi dal modo di scrivere di Gianluigi Bonelli, in modo da dare un segno di continuità con gli episodi passati. Un pallino di Sergio Bonelli, sempre attento a non turbare gli equilibri tra personaggio e lettore – nonostante lui stesso abbia consegnato ai lettori un Tex dallo stile completamente diverso da quello del padre!

Per superare l’impasse iniziale, venne in aiuto a Nizzi una felice intuizione: recuperare un personaggio di una storia passata e svilupparci attorno un soggetto. Sapendo che il suo primo episodio sarebbe stato affidato alle matite di Fernando Fusco, utilizzò un villain affrontato da Tex in una storia pubblicata a fine 1978 disegnata dall’artista ligure: El Carnicero.

La storia è quella conosciuta come Guerra sui pascoli (n. 217-219), avventura dal taglio molto classico creata dal padre di Tex. El Carnicero, al secolo Paul Balder, è un ricco e potente allevatore del sud dell’Arizona che, con prepotenze di ogni tipo, estende i confini della sua proprietà ai danni dei ranch vicini. Il soprannome nasce dalla sua passata attività di venditore di scalpi apache al governatore dello stato messicano di Chihuahua. Un “lavoro” la cui efferatezza e crudeltà gli avevano procurato il soprannome di El Carnicero, ovvero il macellaio.
Curiosamente tale soprannome era stato già utilizzato in un’altra avventura, precisamente nell’episodio La banda dei lupi (n. 80-81), affibbiato a tal Capitano Manning per via della sua attività di trasporto di bestiame da macellare. Si tratta senza dubbio di una coincidenza, in quanto i due personaggi nulla hanno a che fare tra loro.

Tornando all’episodio della prima comparsa di Paul Balder, Nizzi decise di partire da una storia che, pur non avendo una spiccata originalità, rappresentava l’ennesima avventura di Tex confezionata in modo impeccabile da Gianluigi Bonelli. Nonostante ricalchi un classico soggetto western, vengono inserite alcune particolarità interessanti: una di queste è la fine che l’autore riserva al Carnicero che, vistosi ormai perduto nella sua casa in fiamme, decide di suicidarsi con un colpo di pistola pur di non finire vivo nelle mani degli apache assedianti.
La vignetta che illustra l’ultimo gesto di Balder mostra però la pistola impugnata quasi parallela alla testa, anziché direttamente alla tempia.

Un particolare che non sfuggì a Nizzi che decise, con un’idea a quel punto del tutto credibile, di non considerare fatale quel gesto: Balder si sarebbe procurato soltanto una ferita tale da lasciarlo in vita.
Una scelta senz’altro scaltra, che andava incontro sia all’esigenza di stendere un primo valido soggetto, sia a quella di dare quel senso di continuità tanto desiderato dall’editore.

Ma quali sono le differenze tra il primo Tex di Nizzi e quello di Gianluigi Bonelli?
Ad una lettura superficiale è difficile notare disparità sostanziali.
L’autore di Fiumalbo è molto abile nel riprendere il classico dialogo bonelliano – vero marchio di fabbrica del suo creatore – cosa che, ad esempio, Nolitta non aveva saputo/voluto fare.
Il bilanciamento tra scene d’azione e parti più descrittive è molto equilibrato, coinvolgendo il lettore in un’avventura che riesce ad essere appassionante come nella miglior tradizione bonelliana.
Nizzi basa la storia sulla voglia di vendetta del Carnicero che, dopo essere miracolosamente scampato all’incendio del suo ranch, ha come unico scopo quello di infliggere a Tex e ai suoi pards una morte lenta e dolorosa.
Anche qui un elemento narrativo visto tante volte in precedenza.
Da notare l’assenza di una delle caratteristiche che in futuro Nizzi donerà spesso alle avventure di Aquila della Notte, ovvero l’elemento giallo. Già nelle due storie scritte in séguito – la già ricordata Un diabolico intrigo e I delitti del lago ghiacciato (n. 285-287) – questa componente emergerà decisamente. In sostanza un Nizzi ben attento a mantenersi su coordinate ben tracciate da Bonelli padre, senza infondere nel personaggio apparenti modifiche personali.

Una lettura più approfondita fa emergere, però, alcune sensibili differenze.
Innanzitutto, Nizzi rende più esplicita la psicologia dei personaggi, introducendo maggiori parti discorsive che ne indagano i pensieri e le azioni. Una tendenza che, col tempo, andrà accentuandosi.
L’uso dei quattro pards è poco equilibrato: praticamente è un Tex in solitaria questo, dato che i due Kit e Tiger escono dai giochi rapidamente, catturati dagli sgherri di Balder.
La stessa facilità con cui cadono nei tranelli a loro tesi si è vista molto raramente in passato. Un esempio su tutti: il modo in cui i due locandieri pagati da Balder si prendono gioco di Tex e Carson – mandandoli su una falsa pista – è un escamotage narrativo visto ben di rado nelle storie di Bonelli.
Il fiuto di Tex per la menzogna è ben noto e risulta difficile, se non impossibile, farsene beffe.
Inoltre, due particolari nel finale della storia stonano terribilmente.
In primis gli avversari, convinti che Tex sia narcotizzato, non si preoccupano di legarlo e renderlo inoffensivo, come da elementare prassi del caso. Una leggerezza incomprensibile che pagheranno cara.

Successivamente, Tex penetra nascostamente nella villa di Balder e ha uno scontro a fuoco con due suoi tirapiedi. Uno dei due, prima di morire, avverte Balder che è stato Willer ma questi non gli dà peso, preferendo assurdamente pensare che i suoi uomini fossero ubriachi e si siano uccisi a vicenda.

Nonostante queste forzature, va dato merito all’autore di aver saputo confezionare un esordio sicuramente positivo che, se non si notasse la mancanza della classica dicitura “Testi di G.L. Bonelli”, sarebbe naturale attribuire al papà di Tex.

Il connubio tra Tex e Claudio Nizzi proseguirà per tante altre storie future, con albi in uscita ancora ai giorni nostri: un andamento che non seguirà una linea qualitativa costante, bensì avrà diversi picchi e cadute vertiginose.

Ma questa – come si suol dire –  è un’altra storia.

Stefano Paparella

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