SR TEDDY BOY

Teddy Bob n.1
“Gioventù violenta”

Le storie degli anni '70 che hanno creato il mio immaginario fumettistico

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Ve li ricordate i barbieri dei piccoli paesi (tipo Peccioli, tanto per non fare nomi…), una cinquantina d’anni fa? Non ci andavi soltanto per farti i capelli o la barba, ma erano veri e propri punti di aggregazione in cui fare due chiacchiere o leggere, di straforo, riviste e fumetti – spesso vecchi di anni… – che il barbiere metteva a disposizione della clientela (e avrei scoperto MOLTO dopo che, quando noi ragazzini non eravamo presenti, da sotto il cuscino delle poltrone spuntavano “Le Ore” e altre riviste pornografiche…).

Fu proprio dal barbiere che scoprii il primo numero del fumetto che ricorderò oggi, rimasto lì da chissà quanti anni visto che era uscito addirittura nel 1966: Teddy Bob, realizzato per la Casa Editrice Astoria da Pier Carpi, cioè lo stesso sceneggiatore (marito di Luciana Giussani) che aveva creato Zakimort. Carpi era affiancato da Michele Gazzarri ai testi, mentre tra i disegnatori spiccavano – tra gli altri – Giorgio Montorio e Brenno Fiumali, già al lavoro su Diabolik (entrambi i personaggi erano ampiamente pubblicizzati in coda all’episodio, come si può vedere dalle immagini in calce all’articolo).

Se gli autori e il formato tascabile erano gli stessi anche per Teddy, le pagine di ogni singolo albo erano invece soltanto la metà: di conseguenza, la trama scorreva molto velocemente (con cambi di scena e dialoghi spesso tagliati con l’accetta…), ruotando intorno – anche se all’epoca non potevo, naturalmente, esserne cosciente appieno – a una sequenza interminabile di luoghi comuni “giovanilistici”, cavalcando l’onda del fenomeno “beat” (citato anche nella testata) e mostrando un gruppo di giovani anticonformisti, spesso a cavallo di rombanti moto, che parlavano con un gergo tutto particolare… tanto da richiedere un “dizionario” alla fine dell’episodio, a sua volta affiancato da un elenco di “in & out” – anzi, “dentro e fuori” – che, riletto ora, fa scaturire un sorriso condiscendente (per dire, “Diabolik” era in ma “007” era out…).

E il protagonista, la cui faccia sembrava clonata da quella del Re del Terrore? Era il figlio del capo della polizia (…) con cui, naturalmente, non legava in alcun modo: nella presentazione in seconda di copertina veniva descritto come “…un personaggio diverso, un «beat», un giovane spregiudicato, un «selvaggio» che sa anche essere un uomo…”
Probabilmente ero troppo piccolo per capire appieno certe dinamiche, ma ricordo che a mio fratello e ai suoi amici non dispiaceva: e infatti, la collana raggiunse 154 numeri in edicola, a riprova di un certo fascino esercitato sulla fascia di pubblico cui era destinata. 

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Marco Gremignai

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