La copertina mostra subito che qualcosa non quadra: Kurdy seduto, le gambe piccole e piatte come non ci fosse prospettiva…
Dopo aver dato conto del numero 40 avevamo deciso, per pudore, di non recensire l’albo successivo né il dittico approntato da Hermann sulla legione romana, Brigantus, che – sia pur con un’ambientazione scelta per reale esigenza poetica e non per opportunismo (dopo Murena di Dufaux e Delaby e Les aigles de Rome di Marini, le serie sull’Impero Romano pullulano…) – non ha fatto che confermare quanto già la serie Duke o il Jeremiah di due anni fa mostravano: anatomie imprecise, volti irriconoscibili da una vignetta all’altra, sfumati grigi che diventano un colore indistinto onnipresente quale ne sia l’ambientazione, interna o esterna (vento, pioggia, sole).
Stessi difetti per questo albo… per non parlare della storia, l’ennesima sopraffazione dei soliti tirapiedi (i “larbins” del titolo) che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già detto, allungata da scelte drammaturgiche improbabili (un’intera tavola di sesso?), la cui reiterazione sminuisce tanto il messaggio che il fare del suo autore.
Alla veneranda età di 87 anni (Hermann è nato nel 1938), anche uno stakanovista il cui soprannome dice tutto – il “cinghiale delle Ardenne”, tanto è infaticabile – dovrebbe capire quand’è il momento di asciugare i pennelli e godersi non tanto la pensione, ma il disegnare per il proprio piacere, senza fini commerciali. Ai nostalgici non resta che riprendere in mano i primi albi, non per rimpiangere il passato o rinnegare il presente, ma per la lezione grafica e narrativa che contengono, la cui forza resta attualissima a cinquant’anni di distanza.
