Dampyr 2014

Dampyr: 2014

Le recensioni degli albi di Dampyr del 2014

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Prosegue il nostro percorso attraverso le annate Bonelli con il 2014 di Dampyr.

Attenzione: benché misurati, i commenti che seguono contengono, inevitabilmente, alcuni importanti spoiler.

Un’ottima prova di Claudio Falco ed una piccola perla di Diego Cajelli aprono questa annata prima dell’arrivo di Boselli con i suoi…

Buon viaggio.

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Dampyr 166 ”Il soffio caldo dell’Harmattan”
di Claudio Falco, Silvia Califano
Gennaio 2014

Claudio Falco firma una delle sue prove più equilibrate riportando in scena il Maestro della Notte Laforge in una caccia che porta Harlan, Tesla e Kurjak nel cuore dell’Africa, tra miniere di coltan, traffici illegali e rifiuti tossici sepolti nel deserto: un contesto che diventa parte viva del racconto, dove l’orrore soprannaturale si intreccia a quello, fin troppo umano, dello sfruttamento.

Falco costruisce una trama tesa e scorrevole, capace di bilanciare azione, introspezione e denuncia sociale. Laforge è un nemico affascinante, fanatico e calcolatore, la cui parabola si chiude in modo coerente con la sua stessa ambizione distruttiva – per quanto in maniera troppo sbrigativa. Intorno a lui si muovono figure ben delineate come Marchand, giornalista ambiguo e credibile, e una serie di comprimari che contribuiscono a dare ritmo e concretezza alla storia.

Il risultato è un albo dinamico e appagante, che alterna fasi investigative a sequenze d’azione visivamente spettacolari. Merito anche dei disegni di Silvia Califano, al suo esordio sulla testata, che colpisce per energia e sicurezza: tavole vivide, corpi in movimento, esplosioni di violenza coreografica degne di un film di Tarantino.

La sua resa delle ambientazioni africane è ricca di dettagli e trasmette perfettamente la sensazione di calore, polvere e caos che domina la vicenda.  Un episodio di mestiere, avvincente e ben calibrato, che usa l’horror come lente per riflettere — senza retorica ma anche senza innovare (difficile non pensare a Sahara di Clive Cussler) — sui guasti di un mondo che ha dimenticato il proprio senso di responsabilità.

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Dampyr n. 167 “Odio implacabile”
di Corrado Cerfogli, Diego Cajelli, Arturo Lozzi
Febbraio 2014

Diego Cajelli, su soggetto di Corrado Cerfogli, firma una delle storie più intense e umane del ciclo recente di Dampyr. Al centro non c’è Harlan, ma Tesla, qui spogliata del mito dell’eroina e restituita nella sua fragilità più autentica. Il racconto si muove su un piano realistico, terreno, dove l’orrore non nasce dal sovrannaturale ma dalle ferite interiori e dalla memoria.
Attraverso lo sguardo di Radovan, ragazzo segnato dal trauma della guerra bosniaca, Cajelli costruisce una vicenda che interseca vendetta e redenzione, mettendo a nudo il lato più vulnerabile dei personaggi. Il risultato è una storia diretta, concreta, priva di orpelli, che riporta Dampyr alla sua essenza: un’indagine sull’orrore umano prima ancora che vampiresco.

Tesla emerge come una figura complessa e tridimensionale, divisa tra senso di colpa, paura e desiderio di espiazione. La sua umanità non contraddice il personaggio, ma lo perfeziona, lo rende più vivo e vicino. L’escalation che la conduce a volersi immolare arriva forse troppo in fretta: manca una costruzione graduale che avrebbe potuto amplificare il climax emotivo.

Tuttavia, la scena resta potente, grazie a una scrittura misurata e a un dialogo interiore che colpisce per lucidità e dolore.

Ai disegni, Arturo Lozzi trasforma ogni tavola in un racconto viscerale: i contrasti forti, le espressioni tese, la fisicità drammatica di Tesla danno corpo a un pathos che si fa quasi tattile.

Una storia apparentemente semplice, ma che sa scavare in profondità: un capitolo che restituisce valore alla dimensione più intima di Dampyr, quella dove l’orrore si confonde con la fragilità dell’animo umano.

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Dampyr n. 168 “Nella città dei morti”
di Mauro Boselli, Nicola Genzianella
Marzo 2014

Mauro Boselli costruisce un racconto denso e visionario che affonda nelle radici più oniriche e simboliche di Dampyr. L’ambientazione egiziana e il “morbo del sogno” che imprigiona le anime nel mondo delle illusioni offrono il pretesto per una storia sospesa tra incubo e mito, dove la dimensione soprannaturale si fonde con quella del ricordo e del sogno.

Al centro della vicenda c’è Eisheth Zenumium, succuba legata a Samael, che da secoli è vittima di Mandhur, responsabile della sua condanna all’Alam-al-Mithal, il mondo intermedio. Il suo ritorno trascina Harlan e Mulawa in una città parallela, riflesso distorto e febbrile del Cairo, popolata da creature deformi e simboli di corruzione e desiderio.

Boselli orchestra la narrazione con il suo consueto equilibrio tra azione e riflessione, regalando un intreccio ricco ma leggibile, intriso di fascinazione mistica e suggestioni orientali. Mulawa si conferma un alleato prezioso, mentre Harlan affronta il pericolo sia sul piano mentale sia su quello fisico, in una battaglia contro le illusioni e i propri limiti percettivi.

A rendere memorabile l’albo è soprattutto Nicola Genzianella, autore di tavole potenti e ricche di atmosfera: le architetture labirintiche, i volti degli esseri onirici, i flashback nell’antico Egitto danno vita a un mondo allucinato, sensuale e inquietante che restituiscono una storia complessa e ipnotica, che esplora l’inconscio e la fascinazione del sogno, regalando al lettore una dimensione evocativa e perturbante, sospesa tra eros, paura e redenzione.

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Dampyr n. 169 “La tomba del Re Scorpione”
di Francesco Testi, Fabrizio Russo
Aprile 2014

Esordio e unica prova dampyriana di Francesco Testi. Nella Valle del Nilo, il ritrovamento di un antico sepolcro risveglia un Maestro della Notte sconfitto millenni fa da Bastet e modellato sul mito – anche cinematografico – di Hedj Hor. Harlan e i suoi compagni devono impedirne la rinascita prima che la furia del Re Scorpione si abbatta sull’umanità.

Testi sceglie una struttura narrativa semplice e lineare, affidandosi a un intreccio tradizionale che alterna avventura, mitologia e ritmo serrato. La storia scorre con buon equilibrio e senza cadute, ma anche senza veri slanci: i passaggi chiave si risolvono in modo prevedibile e il finale arriva con eccessiva rapidità, lasciando la sensazione di un episodio efficace ma privo di profondità. L’elemento mitologico, da sempre una delle cifre più affascinanti della serie, qui resta in superficie, più sfondo evocativo che motore narrativo.

A compensare la semplicità dello script è il lavoro di Fabrizio Russo, che firma tavole solide e ricche di dettaglio. Le ambientazioni egiziane sono rese con precisione e atmosfera, e conferiscono all’albo una personalità visiva notevole. Un racconto pulito e scorrevole che si lascia leggere con piacere. Un episodio “di mestiere”, che riporta Dampyr nei territori dell’avventura classica, pur senza lasciare un segno profondo.

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Dampyr n. 170 “Zarema!”
di Diego Cajelli, Mauro Laurenti
Maggio 2014

Diego Cajelli chiude il percorso narrativo della Maestra della Notte Zarema introdotta in Stagione di caccia e ripresa in Siberia. Una figura affascinante, spietata e capricciosa, che aveva saputo distinguersi nel pantheon dei nemici di Harlan Draka per la sua imprevedibilità e per la sua crudeltà quasi adolescenziale. Qui, però, il suo ritorno appare meno incisivo: la resa dei conti arriva, ma senza la tensione o la complessità che il personaggio avrebbe meritato.

Cajelli costruisce un intreccio movimentato, con al centro una struttura segreta dell’ex Unione Sovietica dedita a esperimenti parapsicologici. L’idea del telepate che colpisce Kurjak a distanza è interessante e introduce una variazione sul tema classico dello scontro fisico tra vampiri e cacciatori. Tuttavia, la trama resta ancorata a schemi già noti e si risolve in modo prevedibile, con un finale che appiattisce la forza drammatica del personaggio di Zarema.

L’ambientazione russa, potenzialmente ricca di fascino e mistero, rimane sullo sfondo, senza mai imporsi davvero come elemento narrativo o visivo dominante.

I disegni di Mauro Laurenti sono dinamici, espressivi, capaci di rendere con eleganza tanto le sequenze d’azione quanto i momenti più introspettivi.

Una storia solida e scorrevole, ma priva di guizzi. Una chiusura corretta per un personaggio che, forse, avrebbe meritato un congedo più ambizioso.

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Dampyr n. 171 “Ragazzi perduti”
di Giovanni Di Gregorio, Daniele Statella, Marco Fara
Giugno 2014

Dampyr torna a confrontarsi con una realtà dura e contemporanea, intrecciando il sovrannaturale con il dramma sociale delle favelas di Rio de Janeiro. Giovanni Di Gregorio costruisce una storia dal taglio fortemente realistico, dove l’orrore nasce tanto dalla miseria e dalla violenza quotidiana quanto dalla presenza della nuova Maestra della Notte, Iansà, che protegge i bambini di strada trasformandoli, però, in vampiri al suo servizio.

Il racconto si muove tra sparatorie e cerimonie rituali, mantenendo un buon equilibrio tra azione e denuncia. L’idea alla base è potente — una Maestra che difende i più deboli a modo suo, in una distorta forma di giustizia — e il dilemma morale che ne deriva è tra i più interessanti della serie recente. Peccato che l’esecuzione non riesca a svilupparlo fino in fondo: le implicazioni etiche restano solo accennate, e il finale, pur efficace sul piano emotivo grazie al sacrificio di Joao, arriva in modo troppo rapido, lasciando il lettore con la sensazione di un’occasione colta solo parzialmente.

Sul versante visivo, Daniele Statella e Marco Fara offrono una prova solida e suggestiva: panoramiche di Rio, volti intensi e sequenze d’azione ben costruite. L’ambientazione è credibile e viva, con un realismo crudo che amplifica l’impatto della storia.

Il risultato è un episodio crudo, cupo e coraggioso, che affronta temi complessi con sensibilità, pur rimanendo imbrigliato nei limiti della sua struttura classica. Un albo riuscito a metà, ma altamente coinvolgente.

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Dampyr n.172 “La papessa di Roma”
di Alessandro Bilotta, Andrea Del Campo
Luglio 2014

Dampyr accoglie per la prima ed unica volta la firma di Alessandro Bilotta, autore dallo stile elegante e dal gusto per le atmosfere cupe e stratificate. Il risultato è un albo che unisce suggestioni storiche e noir, muovendosi tra la leggenda nera di Donna Olimpia Maidalchini, la “papessa” del barocco romano, l’immaginario vampiresco della serie e la malavita romana.

Riesumata dal sepolcro dove i suoi concittadini l’avevano rinchiusa, Olimpia (che fu vampirizzata dal Maestro della Notte Verdier), in cambio di soldi e potere, ritorna più spietata che mai e decisa a contendersi il controllo della malavita di Roma. Un intreccio che, pur poggiando su premesse classiche, funziona grazie al ritmo e alla scrittura fluida di Bilotta, capace di fondere con naturalezza l’orrore sovrannaturale e l’ambizione politica della papessa.

Tuttavia, la storia non riesce sempre a sfruttare appieno il potenziale del contesto: la Roma seicentesca resta più evocata che realmente vissuta, e il sottobosco criminale moderno appare solo accennato. La caratterizzazione di Olimpia Maidalchini è il vero punto di forza dell’albo: un personaggio ambiguo, vanitoso e carismatico che domina la scena più dei protagonisti storici della serie. Bilotta la tratteggia con sicurezza e coerenza, restituendole una vitalità drammatica che ne fa una figura ampiamente interessante

Ai disegni, Andrea Del Campo offre un lavoro preciso e d’atmosfera: ambientazioni cupe, un tratto elegante e un dinamismo ben calibrato che rendono la lettura visivamente appagante pur senza particolari picchi.

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Dampyr n.173 “Il segno di Alastor”
Dampyr n.174 “Il trono del dio oscuro”
di Mauro Boselli, Esteban Maroto, Maurizio Dotti
Agosto – Settembre 2014

Mauro Boselli porta Dampyr in uno sconfinamento riuscito nel fantasy più puro, capace di celebrare il genere e al tempo stesso di far emergere, ancora una volta, l’umanità dei protagonisti. È un doppio albo che rilegge con passione e consapevolezza il fantasy eroico classico, tra echi di Weird Tales, Howard e Moorcock, ma senza mai perdere il legame con il mondo di Harlan & Co.

Tornano Alastor, Ryakar, Savnok e le atmosfere del multiverso già esplorate nel n.101 Alla ricerca di Kurjak. Stavolta, però, la scala narrativa si amplia: Kurjak e Harlan si ritrovano in dimensioni parallele, privi di memoria e proiettati in due linee d’azione speculari. L’idea di fondo funziona, e Boselli dimostra ancora una volta la sua abilità nel fondere l’avventura più classica con la mitologia dampyriana, costruendo un intreccio colmo di ritmo, pathos e fascino esotico.

L’equilibrio tra omaggio e originalità è però fragile: nella seconda parte, la quantità di elementi e riferimenti finisce per appesantire la narrazione che, pur restando avvincente, risulta meno incisiva sul piano emotivo. Tuttavia, il respiro epico, la cura del world building e la capacità di Boselli di gestire una molteplicità di personaggi e situazioni conferiscono all’albo un tono da grande racconto d’avventura, ricco di sfumature e di richiami mitologici. Il finale, intenso e coerente, riporta al centro Harlan e Kurjak chiudendo con efficacia l’avventura e anticipando interessanti sviluppi per il prosieguo.

Sul piano visivo, Esteban Maroto firma tavole di grande eleganza, sensuali e ipertrofiche, perfette per un fantasy dal gusto vintage; Maurizio Dotti ne raccoglie il testimone con equilibrio, mantenendo intatto lo spirito dell’opera e donando maggiore chiarezza narrativa nei passaggi più dinamici.

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Dampyr n.175 “Il boia nero”
di Giovanni Di Gregorio, Claudio Stassi
Ottobre 2014

Giovanni Di Gregorio firma una storia che unisce horror, memoria storica e suggestione urbana, ambientando l’indagine di Harlan Draka nel cuore gotico di Barcellona. Un fantasma si aggira per i vicoli del Barrio Gòtico: Bernat Milà, il leggendario boia medievale, riportato in vita dal demone Nethunshiel.

Il racconto scorre su un sottofondo costante — e talvolta reiterato — legato alla cicatrice franchista, che si intreccia con il tema della colpa e della memoria. Di Gregorio alterna il soprannaturale alla riflessione storica e politica, costruendo una trama ambiziosa e densa di riferimenti, che tuttavia tende a disperdersi in un eccesso di digressioni culturali e folkloriche. Queste, se da un lato fortificano l’ambientazione e il senso di realtà, dall’altro rallentano il ritmo narrativo, indebolendo la tensione e la componente horror.

Il demone Nethunshiel, pur interessante nella concezione, resta sullo sfondo, poco incisivo, ma il finale sorprendente — in cui Harlan vince più con l’astuzia che con la forza — restituisce al racconto una nota originale e coerente con il tono riflessivo dell’albo.

L’atmosfera è il vero punto di forza: la Barcellona gotica e decadente disegnata da Claudio Stassi, qui al suo esordio sulla serie, emerge in tavole vive e ricche di contrasti, capaci di rendere tangibile la materia della città, tra pietra, nebbia e sangue.

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Dampyr n.176 “Oltre la soglia”
di Nicola Venanzetti, Andrea Del Campo
Novembre 2014

L’esordio di Nicola Venanzetti su Dampyr riporta l’avventura sulle atmosfere lovecraftiane. Il racconto si muove su ritmi lenti e soffocanti, costruendo un senso di angoscia crescente che accompagna il lettore fino a un epilogo oscuro, sospeso tra visione e presagio. È una storia che non punta sull’azione ma sull’atmosfera, su una tensione costante e rarefatta.

Venanzetti lavora con ambizione, intrecciando un soggetto complesso che rievoca i Grandi Antichi e riprende, con coerenza e rispetto, temi e personaggi del lontano Dampyr n.8. La struttura, tuttavia, appare in parte macchinosa, soprattutto nella prima metà, dove l’intreccio fatica a trovare il giusto ritmo. Ma la volontà di riportare in primo piano una delle anime più cosmiche e metafisiche della serie dà valore all’esperimento, che si fa apprezzare per coerenza e visione d’insieme.

L’albo è visivamente dominato dal segno di Andrea Del Campo, qui in una delle sue prove più convincenti. Il suo tratto, maturato e personale, traduce con efficacia il tono inquieto e onirico della storia: forme mostruose, spazi distorti e visioni deformate contribuiscono a creare un’esperienza visiva densa e disturbante, perfettamente in sintonia con il materiale narrativo.
Un albo che non scuote per ritmo, ma lascia un’eco inquieta e persistente.

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Dampyr n.177 “Scomparsi!”
Dampyr n.178 “I vagabondi dell’infinito”

di Mauro Boselli, Alessandro Bocci
Dicembre 2014 – Gennaio 2015

Mauro Boselli firma un dittico ambizioso e densissimo che chiude l’anno di Dampyr smarrendo i nostri eroi nel multiverso, prigionieri della casa sull’orlo del Mondo. Una costruzione narrativa complessa, che alterna introspezione, mistero, vecchi e nuovi nemici e visioni cosmiche: un viaggio tra mondi paralleli che espande e approfondisce la mitologia della serie.

Oltre ai comprimari Matthew Shady, Simon Fane e Liam O’Keefe — tutti ottimamente caratterizzati — e al salvataggio di Lady Nahema, il meccanismo del racconto è dominato dall’enigmatico Principe Sho-Huan, figura magnetica e inquietante che incarna perfettamente l’archetipo del manipolatore dimensionale.

La prima parte – Scomparsi! – procede con passo lento, mentre Boselli indulge in dialoghi corposi, rimandi letterari e momenti di pura costruzione concettuale. La seconda – I vagabondi dell’infinito – accelera e libera la tensione accumulata in un crescendo visionario che attraversa la vulnerabilità di Kurjak e culmina nel ritorno allo shtetl di Radzin e l’incontro tra Harlan e il giovane Dampyr.

Pur con qualche lentezza e una certa verbosità, la scrittura mantiene un equilibrio ammirevole tra densità tematica e coerenza interna. L’universo dampyriano ne esce ampliato, più complesso e più misterioso — anche se, in fin dei conti, gli svelamenti e l’avanzamento della trama principale restano sostanzialmente sospesi.

Ai disegni, Alessandro Bocci offre una prova straordinaria: tavole eleganti, dinamiche e dense d’atmosfera, capaci di rendere credibili tanto le derive oniriche quanto le sequenze più intime.

Nel complesso, Boselli ci regala due albi di grande respiro: un ponte tra horror metafisico e avventura classica, in cui la sua immaginazione trova ancora una volta la forma più ampia e affascinante.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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