Proseguiamo il discorso avviato nel precedente articolo dedicato ai primi cinque volumi di The Killer, concentrandoci sull’analisi a partire dal capitolo n.6, Modus Vivendi, pubblicato in Italia nella collana Mondadori Oscar Ink #151, all’interno del volume The Killer – L’integrale, Vol. 2.
In questa seconda parte, Matz e Luc Jacamon confermano la loro capacità di combinare suspense e introspezione, ma il tono e il ritmo della storia mutano in modo significativo.
Il protagonista senza nome (che, nella seconda parte, assumerà diversi appellativi fittizi), pur conservando la freddezza e la precisione che lo caratterizzano, mostra una maturazione evidente. Le esperienze accumulate e gli eventi più complessi lo spingono a interrogarsi sulle conseguenze morali delle sue azioni. Non è più solo esecutore: il distacco iniziale lascia spazio a monologhi interiori e riflessioni sul sistema che lo circonda.
Questa evoluzione nasce dal confronto con una realtà corrotta e ambigua, che mette alla prova la sua coscienza e lo costringe a valutare il peso delle proprie scelte. È diventato padre, e sebbene più volte affermi – forse mentendo – che la paternità non sia alla base del suo cambiamento, è evidente che questa nuova responsabilità abbia inciso profondamente sul suo modo di vedere il mondo.
Alcune costanti narrative rimangono invariate: la struttura di base continua a mostrare il sicario al lavoro, con una precisione metodica, e con l’attenzione ai dettagli realistici che caratterizzava i primi volumi. Tuttavia, la narrazione perde quasi del tutto l’impronta action tipica della prima parte e si orienta verso un racconto fanta-politico-filosofico, accentuando gli aspetti riflessivi e meditativi dell’opera. La struttura diventa più complessa, con flashback, monologhi interiori e una maggiore cura dello sviluppo psicologico del protagonista. La storia assume le caratteristiche di un thriller politico-sociale, con sfumature morali e politiche che affrontano corruzione, etica e responsabilità. Il protagonista inizia a riflettere sulle implicazioni delle proprie azioni e sulla complessità del mondo che lo circonda, senza ricorrere a semplificazioni manichee o populiste.
La sua visione del mondo è pessimista e disillusa: analizza le contraddizioni sociali e mostra come anche chi si oppone possa far parte di un sistema che sfrutta o manipola la realtà.
Matz evita di proporre ideologie o soluzioni facili: la storia presenta un realismo cinico e disilluso, una critica profonda delle strutture di potere e delle logiche di profitto, concentrandosi sulle conseguenze umane e sociali, senza schieramenti ideologici.
Jacamon conferma il suo talento nel tratto e nella composizione, pur in presenza di una narrazione più statica e di vignette più prolisse. Riesce a dare respiro e forza alle riflessioni filosofiche, supportando con l’arte visiva la densità meditativa e riflessiva della storia.
Il finale del volume conferma come la serie abbia saputo evolversi: l’azione cede il passo alla riflessione, il protagonista osserva un mondo complesso e corrotto, e la storia mette a nudo le contraddizioni delle strutture di potere e le loro conseguenze sulla vita delle persone. Nessuna soluzione facile, nessun manifesto ideologico: solo un ritratto lucido e disilluso della società, capace di lasciare il lettore con un senso di consapevolezza amara e duratura.