Dylan Dog Old Boy n.27 Quel che resta di Barry e Un orrore come tanti

Dylan Dog Old Boy n.27 “Quel che resta di Barry” e “Un orrore come tanti”

La recensione del Dylan Dog Old Boy di Simeoni, Vanzella e Bacilieri

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Il Dylan Dog Old Boy autunnale ci regala due storie: la prima, Quel che resta di Barry, vede come autore unico Gigi Simeoni mentre la seconda, Un orrore come tanti, è invece disegnata da Paolo Bacilieri sui testi di Luca Vanzella.

Quel che resta di Barry
di Gigi Simeoni

5/10

Gigi Simeoni confeziona una rocambolesca e frenetica declinazione di “Weekend con il morto” (il Barry del titolo fa il paio con il Bernie del film), riuscendo a tenere sempre alto il ritmo del racconto. Peccato che questo suo Dylan risulti un po’ troppo “antipatico” e “supponente” per essere godibile e che Groucho, nel suo incessante sproloquiare, non sempre riesca ad essere divertente.

La sequela di situazioni, abbastanza prevedibili, sono talvolta eccessivamente forzate e stridono non poco con l’incedere della storia. Un racconto che comunque scorre e si fa leggere ma che, troppo carico di dialoghi, non conquista e non diverte come vorrebbe. L’idea postmodernista che apre e chiude la storia non aggiunge / sottrae nulla al tutto.

Un orrore come tanti
di Luca Vanzella e Paolo Bacilieri

8/10

Luca Vanzella e Paolo Bacilieri creano un racconto che, nella sua semplicità, racchiude con maestria e fascino un intero mondo di emozioni.

I molti riferimenti a cui i due attingono – da Ian McEwan a George A. Romero – sono fusi con intelligenza in un racconto perfettamente delineato nei suoi dettagli e nella sua poetica. I Robin Hood Gardens come location, le tematiche affrontate con cura e senza strilli, i dialoghi misurati e la scelta di non dover forzatamente spiegare tutto permettono a questa storia di insinuarsi, con forza, tra le più interessanti dell’ultimo periodo.

Certo, le situazioni sono prevedibili, Maggie è alquanto fastidiosa, in alcune occasioni il grottesco travalica e invade eccessivamente l’incedere della narrazione: ma, a conti fatti, Luca Vanzella mette su un giochino che riesce ad arrivare dove vuole arrivare. Riesce ad emozionare, a scuotere e ad affrontare tematiche care a Dylan Dog. E Dylan Dog funziona nel suo non essere la soluzione, bensì un distratto spettatore.

E funziona Paolo Bacilieri che delinea una periferia londinese come una Milano degli anni ’70, riuscendo a rendere vividi gli stereotipi e feroci le emozioni.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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