Dampyr: 2015

Le recensioni degli albi di Dampyr del 2015

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Prosegue il nostro percorso attraverso le annate Bonelli con il 2015 di Dampyr.

Attenzione: benché misurati, i commenti che seguono contengono, inevitabilmente, alcuni importanti spoiler.

Anche quest’anno il Multiverso è centrale. Si conclude infatti la doppia iniziata l’anno scorso e si prosegue con una nuova incursione nella Dimensione Nera, questa volta per una rivoluzione. Un intimo excursus su Kurjak, un ospedale stregato, un demone ramingo e poi il tanto atteso racconto sulle gesta del primo Dampyr, Taliesin, prima del nuovo capitolo dedicato al ciclo lovecraftiano.

Buon viaggio.

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Dampyr 179 ”L’ospedale stregato”
di Diego Cajelli, Samuel Marolla, Alessio Fortunato
Febbraio 2015

Dopo che, a gennaio (nel n.178 I vagabondi dell’infinito), si è conclusa la storia doppia iniziata a dicembre 2014 (Scomparsi!), l’albo di febbraio vede all’opera il trio composto da Cajelli, Marolla e Fortunato.
L’ambientazione – un vecchio ospedale dismesso sull’isola di Arran in Scozia, riaperto in fretta per accogliere i naufraghi di una nave – è l’elemento più riuscito dell’albo, ed è lì che la narrazione costruisce la propria tensione: corridoi deserti, luci tremolanti, presenze appena accennate.

Il soggetto, semplice e lineare, si muove fra cliché e buone intuizioni: l’incipit è forse un po’ forzato, i collegamenti tra i personaggi restano deboli, e la trama tende a scorrere senza incidere davvero. Ma la scelta di non spiegare tutto, di lasciare margini di mistero e ambiguità, permette all’albo di trovare una sua forza. L’infestazione iniziale si trasforma gradualmente in qualcosa di più ampio e inquietante, indefinito e tiene viva l’attenzione del lettore.
Diego Cajelli e Samuel Marolla mantengono un equilibrio efficace fra il gusto per la tensione e l’assenza di un vero “spiegone”, preferendo affidarsi alle atmosfere e alle suggestioni visive.

A sostenere il tutto ci pensa Alessio Fortunato, straordinario nel dare corpo e densità visiva all’orrore. Il suo tratto visionario trasforma l’ospedale di Bran Moor in un labirinto di ombre e inquietudine palpabile, un luogo sospeso tra il reale e l’incubo.

A conti fatti una storia discreta, che non aspira a rivoluzionare la serie ma risulta godibile per la sua tensione costante e per l’efficacia visiva. Un horror claustrofobico, asciutto, che convince più per l’atmosfera che per la costruzione narrativa.

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Dampyr n. 180 “Il figlio di Kurjak”
di Mauro Boselli,
Marzo 2015

Prosegue il percorso iniziato con Dampyr n.101 Alla ricerca di Kurjak e ripreso nei n.173 & 174 (Il segno di Alastor e Il trono del dio oscuro) con alcuni rimandi anche al n.11 Nemesis. Mauro Boselli fonde dramma personale, fantascienza e mitologia dampyriana in un racconto dal forte impatto emotivo, che approfondisce e definisce con forza la figura di Kurjak attraverso le rivelazioni legate al suo passato.

La visione del figlio perduto durante la Guerra dei Balcani riaccende in Kurjak un dolore mai sopito, spingendolo — insieme a Harlan — in un nuovo viaggio oltre i confini del multiverso, alla ricerca del figlio avuto con la principessa Xeethra. È qui che Boselli intreccia l’avventura con la dimensione più intima del personaggio, restituendone fragilità, rimorsi e nostalgia. Ne nasce un racconto equilibrato, capace di alternare tensione e introspezione senza mai cadere nel sentimentalismo.

Il tema della paternità attraversa l’intera storia, coinvolgendo anche Harlan e Draka, e trova in questo intreccio generazionale una delle pagine più umane della saga. Meno riusciti, invece, il pretesto narrativo della ribellione e il finale, che liquida troppo rapidamente il legame appena instaurato tra Kurjak e il figlio, lasciando il lettore con la sensazione di un potenziale emotivo solo in parte espresso.

Ai disegni, Daniele Statella — con le chine di Marco Fara — realizza tavole solide e suggestive: ottima la resa delle atmosfere e la fisicità dei personaggi, con sequenze particolarmente ispirate nella prima metà dell’albo.

Il figlio di Kurjak è un capitolo importante nella mitologia della serie: un episodio che parla di perdita, riconciliazione e limiti umani, e che, pur con qualche smorzatura nel finale, riesce a tenere insieme epica e fragilità con naturale equilibrio.

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Dampyr n. 181 “La lunga notte dell’odio”
di Rita Porretto, Silvia Mericone, Nicola Genzianella
Aprile 2015

Gli ingredienti sono quelli dell’horror più classico: un temporale che incombe, un demone, un passato irrisolto e una piccola comunità pronta a cedere al lato oscuro. La prima ed unica prova dampyriana di Rita Porretto e Silvia Mericone è un racconto lineare, solido e coerente, che vive di atmosfera più che di intreccio, restituendo una storia di provincia americana sospesa tra superstizione, rancore e violenza latente.

Harlan e l’Amesha Anyel sono a Winter, teatro di antiche tragedie, per una vicenda che prosegue idealmente quanto narrato nel Dampyr n.116 Pioggia di demoni, ma lo fa con toni più raccolti, intimi, quasi da dramma corale. Le autrici scelgono di raccontare il Male non come un’entità astratta, ma come un’infezione che nasce dall’odio e dal dolore delle persone comuni. Ne risulta una storia cupa, coerente e ben dosata, priva di picchi spettacolari ma sempre credibile e coinvolgente nel suo dipanarsi.

Nicola Genzianella è eccellente nel tratteggiare l’orrore. La pioggia, le ombre e i volti segnati dagli eventi diventano protagonisti tanto quanto i personaggi, donando all’albo un’atmosfera tesa e coinvolgente.

Senza forzare la mitologia della serie, Porretto e Mericone confezionano un episodio classico ma efficace, in cui la tensione tiene bene per un esordio più che convincente, sorretto da scrittura consapevole e da un comparto grafico di altissimo livello.

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Dampyr n. 182 “Nella Dimensione Nera”
Dampyr n. 183 “Dittatura infernale”

di Mauro Boselli, Maurizio Rosenzweig
Maggio – Giugno 2015

Mauro Boselli torna a intrecciare mitologia e azione con un episodio che espande la geografia della serie e riporta al centro la Dimensione Nera, in un albo ambizioso e appassionante. È una storia densa, movimentata e ricca di personaggi, che alterna pathos ed epica mantenendo un equilibrio narrativo raro in albi tanto complessi.

Il racconto parte da Praga, con gli incubi di Ljuba, e trascina il lettore in un conflitto multidimensionale che coinvolge anche le schiere dell’Inferno. Boselli muove una moltitudine di figure — Harlan, Tesla, Kurjak, Caleb, Vapula, Ryakar, Straygor, Zefon e le Sentinelle Nere — senza mai perdere il controllo del ritmo, gestendo con naturalezza l’alternanza tra il mondo reale e quello parallelo.

Ne risulta un’avventura che fonde l’orrore e il fantastico con una tensione da epopea militare, capace di coinvolgere e sorprendere fino all’ultima pagina.

La scrittura si distingue per dialoghi brillanti e una costruzione solida che rinuncia a spiegazioni superflue, lasciando spazio all’azione e alla caratterizzazione. Ogni personaggio trova la propria voce e una motivazione credibile, mentre anche le svolte più improvvise si integrano con coerenza nel quadro generale. L’unico limite è un finale un po’ compresso, dove l’intensità accumulata si risolve forse troppo in fretta.

Maurizio Rosenzweig offre una prova straordinaria. Il suo tratto personale amplifica la potenza visiva del racconto, alternando un segno più chiaro e definito per la dimensione terrena a uno più marcato, deformato e visionario per la Dimensione Nera.

Le sequenze di battaglia sono travolgenti, le atmosfere perturbanti e perfettamente calibrate, a conferma di un’intesa autoriale di altissimo livello.

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Dampyr n.184 “I dimenticati”
di Diego Cajelli, Fabrizio Russo
Luglio 2015

Diego Cajelli riporta Harlan Draka in Giappone in soccorso di Kenshin Hasegawa (apparso nei n.77 & 78, Kwaidan e Il castello dei mille soli), l’ex-yakuza ora intento a costruirsi una nuova vita. Quando la sua compagna viene rapita, l’incontro con Harlan riapre vecchie ferite e spinge entrambi in una missione dal sapore di resa dei conti.

Cajelli gioca con il topos dei “soldati dimenticati”, innestando su di esso suggestioni di folklore giapponese, leggende e fantasmi di guerra. Il risultato è una storia compatta, che si legge con piacere grazie a un ritmo ben calibrato e a un’ambientazione affascinante. L’autore dosa con equilibrio i momenti di introspezione e quelli più dinamici, riuscendo a restituire un senso di malinconia che accompagna l’intero racconto, senza mai appesantirlo.

Fabrizio Russo, ai disegni, si conferma un interprete solido e versatile: il suo tratto netto e dinamico valorizza le scene d’azione, mentre la resa dei paesaggi e dei demoni Han’a aggiunge spessore e atmosfera al racconto. Alcune tavole, in particolare quelle ambientate sull’isola, colpiscono per il loro equilibrio tra tensione e spettacolarità.

Pur senza ambire a vette narrative o a grandi colpi di scena, l’albo si distingue per coerenza e misura, offrendo un’avventura classica, lineare e appagante. Un episodio che non sorprende, ma conferma la capacità della serie di mantenere sempre alto il livello di intrattenimento.

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Dampyr n.185 “Il segreto di Amber Tremayne”
Dampyr n.186 “Taliesin il bardo”

di Mauro Boselli, Mauro Laurenti
Agosto – Settembre 2015

Mauro Boselli riannoda uno dei fili più antichi e misteriosi della mitologia dampyriana, portando finalmente alla luce la storia del primo Dampyr, Taliesin, e il passato di Amber Tremayne. È un dittico imponente, stratificato, che fonde storia, mito e genealogie infernali in un intreccio di rara complessità, capace di ampliare in modo notevole la portata epica della saga.

La prima parte, interamente dedicata al lungo racconto di Amber, è costruita come una cronaca intima e solenne. Boselli riprende la trama dei n.43 & 44 (La leggenda di Amber e Il sigillo nero) per svelare la maternità della Maestra di Gwynedd, la nascita di Aurelio Ambrosio e il legame con Lord Mordha – qui abilmente approfondito – oltre che con Lord Marsden e Kostacki. Le rivelazioni si susseguono con ritmo cadenzato, e il passato assume il tono di una leggenda in continua riscrittura, dove l’epica celtica e la materia di Bretagna incontrano l’universo di Dampyr.

La seconda parte cambia tono con Taliesin, primo Dampyr figlio di Lord Mordha e Severa, che prende il centro della scena. La sua vicenda, tra, incantesimi e battaglie, diventa un viaggio di formazione e di consapevolezza, sostenuto da un ritmo più incalzante e da una coralità che restituisce la grandezza del progetto boselliano. Certo, la mole di nomi, riferimenti e rimandi mitologici può risultare ardua e rallenta il racconto, ma la forza dell’intreccio, le tante rivelazioni e l’ampiezza della visione ripagano lo sforzo.

Mauro Laurenti accompagna la narrazione con tavole estremamente eleganti. Le sue figure femminili sono magnetiche e sensuali, mentre le battaglie e i paesaggi leggendari vengono ben rievocati. Il tratto, più pulito e controllato rispetto al passato, amplifica la dimensione epica del racconto senza sacrificare l’intensità emotiva.

Tra genealogie, magie e destini incrociati, Boselli costruisce un racconto monumentale che salda il mito e la saga, rinnovando le radici di Dampyr e proiettandolo verso nuove, affascinanti direzioni. Una storia complessa, sì, ma anche profondamente appagante.

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Dampyr n.187 “Dartmoor”
di Mauro Boselli, Fabiano Ambu
Ottobre 2015

Mauro Boselli porta Harlan e Kurjak nelle lande nebbiose del Devon per un’avventura che mescola gotico, fantascienza e folklore inglese in chiave dampyriana. Un racconto denso di suggestioni, che parte con i toni di una ghost story per virare poi verso un survival orrorifico.

L’incipit, con Maud Nightingale impegnata in uno dei suoi ghost tour turistici, rallenta l’inizio del racconto — forse troppo — ma contribuisce a costruire un’ambientazione sospesa, quasi irreale. Quando la nebbia cala e la realtà si piega alle logiche del soprannaturale, la storia prende finalmente ritmo e forma, innestando nel classico canovaccio dampyriano una struttura ispirata a Predator: alieni cacciatori provenienti da un’altra dimensione impegnati in una spietata battuta di caccia contro assassini di altri mondi, in una sorta di gioco cosmico tra predatori.

Il coinvolgimento di Simon Fane e i richiami al Multiverso ampliano lo spettro del racconto proiettandolo su un piano più ampio e Boselli alterna momenti interessanti a passaggi più lenti, soprattutto nella parte centrale, dove l’intreccio tende a disperdersi tra deviazioni e spiegazioni.

La seconda metà, più dinamica, recupera però tensione e coesione, fino a un epilogo interessante e coerente.

Il tratto di Fabiano Ambu restituisce perfettamente il respiro gotico della brughiera realizzando un luogo sospeso tra reale e fantastico. La sua Dartmoor è cupa, umida, brumosa. L’artista gioca con le ombre e con la materia stessa della nebbia, trasformandola in presenza viva e inquieta. I volti dei personaggi sono intensi e, di conseguenza, le atmosfere perfettamente calibrate tra horror e meraviglia. Lavoro importante che favorisce molto la godibilità del racconto.

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Dampyr n.188 “Il marchio giallo di Carcosa”
di Mauro Boselli, Marco Santucci
Novembre 2015

Mauro Boselli orchestra un nuovo ambizioso capitolo del ciclo lovecraftiano di Dampyr, volto ad accelerare l’escalation degli Dei Primigeni con un racconto che attraversa sogno e incubo, letteratura e mitologia. È un albo denso, volutamente disorientante, che intreccia i destini di Harlan, Kurjak e Angelique in una spirale di visioni e simboli, espandendo la geografia della serie verso quelle regioni dell’orrore “cosmico” tipiche del Solitario di Providence.

L’avventura si presenta come un mosaico di suggestioni dove la realtà si sfalda e la percezione diventa inganno. La confraternita di Kuen-Yuin, l’altopiano di Leng, la demonessa Eisheth Zenunium (Dampyr n.168, Nella città dei morti) e l’ombra incombente di Sho-Huan alimentano un intreccio volutamente labirintico, in cui i rimandi a Bierce, Chambers e alla tradizione nata sulle pagine di Weird Tales non funzionano come citazioni, ma come tasselli di un linguaggio mitico e stratificato che si fonde e amalgama con il mondo dampyriano.

La narrazione alterna momenti di autentica fascinazione — dalle sequenze oniriche dell’Alam-al-Mithal alla rivelazione della Pallida Maschera che segna Kurjak passando per il Re Giallo — ad altri più faticosi, dove la densità dei dialoghi tende a diluire l’impatto emotivo.

Eppure, nel complesso, la costruzione regge: Boselli mantiene il controllo anche quando la trama si frantuma, restituendo la sensazione di un sogno lucido e disturbante, dove ogni passo apre una porta e ne chiude un’altra.

Marco Santucci accompagna il testo con un lavoro grafico notevole. Le sue tavole, fluide e dinamiche, rendono coerenti i continui cambi di ambientazione — da Parigi a New York, da Marrakesh a Carcosa — senza smarrire l’unità visiva. Il tratto, preciso ma vibrante, amplifica la tensione e valorizza il senso di spaesamento che attraversa tutto il racconto.

Il risultato è un capitolo centrale della mitologia dampyriana: colto, oscuro, a tratti estenuante ma ipnotico, in cui orrore cosmico e azione si sovrappongono. Forse delude un poco nella risoluzione — un elaborato bluff orchestrato da Eisheth Zenunium per colpire Mandhur — ma resta un albo ricco di spunti e soprattutto denso di implicazioni per il futuro della serie.

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Dampyr n.189 “La casa degli specchi”
di Claudio Falco, Alessio Fortunato
Dicembre 2015

Claudio Falco porta Harlan all’interno di una casa che è labirinto mentale prima ancora che fisico. Un luogo che distorce il tempo e deforma la memoria: Ann Jurging condannata al rogo, Kurjak massacrato dalle SS, un cavaliere invulnerabile che respinge ogni colpo. È un incubo costruito per asfissia, fatto di rimandi dolorosi e di trappole sensoriali, un dispositivo che Falco padroneggia con correttezza, anche se a volte indulge in spiegazioni superflue che rallentano il ritmo.

A emergere, in questa vicenda, è soprattutto Meridiana (Dampyr n.162, Il figlio di Joan): affascinante, opportunista, mutevole. Falco la tratteggia con sicurezza, rendendo credibile il suo passaggio da antagonista a complice momentanea, senza però cancellarne l’ambiguità di fondo. È l’ennesima alleata-nemica di un pantheon già ricco di figure simili, ma la scrittura riesce comunque a donarle una sua specifica sfumatura ironica e velenosa. Meno incisivo, invece, il ruolo di Nergal: ancora una volta relegato alla parte dell’architetto di complotti che falliscono in modo quasi rituale.

Alessio Fortunato realizza una prova potente, sinistra, stratificata. La casa degli specchi diventa un organismo vivo in cui spazi e volti si disarticolano con coerenza visionaria. Il misterioso prigioniero, reso con un design inquietante e quasi tragico, è un esempio perfetto della sua capacità di fondere orrore e malinconia in un’unica immagine. Le sequenze oniriche sono nitide e disturbanti e la gestione delle ombre mantiene tensione anche nei passaggi più verbosi.

Nel complesso, un albo che scorre bene, ben costruito nei dialoghi e forte di un’atmosfera solida, pur senza colpi di scena memorabili o svolte realmente incisive. Una lettura gradevole, sostenuta principalmente dalla prova notevolissima ai disegni e da una Meridiana in stato di grazia.

LE ANNATE DI DAMPYR

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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