Dampyr n.304 305 La montagna di giada e “Giungla di fuoco”

Dampyr n.304-305
“La montagna di giada” e “Giungla di fuoco”

Recensione del Dampyr di Paolo M. G. Maino, Claudio Falco e Andrea Del Campo

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1 min read
7/10

Con La montagna di giada e Giungla di fuoco, Claudio Falco riporta Dampyr su sentieri noti e collaudati, mettendo temporaneamente da parte le traiettorie più recenti della testata per costruire una “doppia” d’impianto classico: due Maestri della Notte, un intervento internazionale ben orchestrato e un’ambientazione esotica segnata da conflitti reali.

Basata su un soggetto di Paolo M. G. Maino, la vicenda si apre in India, al confine con il Myanmar, e si sviluppa in un contesto narrativo affine a quello di precedenti missioni dampyriane ambientate in varie aree del sud-est asiatico. Qui i due Maestri della Notte rappresentano approcci opposti al dominio: Jeun-Than attraverso la forza e la repressione militare, Kwan-Yin mediante il culto e l’assoggettamento spirituale. Una contrapposizione che si presta a un efficace sviluppo narrativo e richiama una delle componenti storicamente più solide della serie: lo scontro tra poteri occulti e realtà geopolitiche instabili.

L’ambientazione asiatica è sfruttata con intelligenza, pur senza approfondire a fondo le dinamiche sociali e culturali del Myanmar. Di contro, è notevole l’attenzione alla verosimiglianza dell’intervento armato del team di Harlan con la presenza di T-Rex che garantisce coerenza alla dinamica operativa. La sceneggiatura è sempre efficace, dettagliata ma non prolissa; il ritmo è sempre alto e, nonostante la prevedibilità dell’epilogo, la lettura risulta piacevole e rassicurante.

I disegni di Andrea Del Campo contribuiscono in modo significativo alla riuscita della storia. Attento tanto ai fondali quanto ai dettagli, Del Campo restituisce con precisione la varietà di ambienti – dal confine polveroso al cuore della giungla – e riesce a mantenere chiarezza e leggibilità anche nelle scene più concitate. La caratterizzazione dei volti e l’espressività delle figure, mai forzata, arricchiscono la narrazione senza mai sovrastarla.

Un’avventura in due albi che non cerca strade nuove, ma consolida – con coerenza e attenzione – uno dei filoni più rappresentativi della serie.

VOTO
0

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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