La storia pubblicata sui numeri 16-17 di Mister No, Uno sporco affare, usciti originariamente a settembre e ottobre del 1976, rappresenta probabilmente la storia più deludente nel primo arco narrativo della serie, quando tutti gli albi erano realizzati dallo sceneggiatore Guido Nolitta. A rendere insoddisfacente la lettura di questa storia è probabilmente il segno old style di Franco Donatelli, alla seconda collaborazione con il personaggio e sulla serie con cui non avrà mai molta affinità, tanto più se paragonato ai disegni dirompenti di Roberto Diso della storia precedente, il capolavoro Rio Negro. Sono presenti nondimeno, anche in una storia non particolarmente brillante, alcuni elementi particolari meritevoli di una breve analisi.
Dopo una discussione con una coppia di sprovveduti cacciatori americani, i Bentham, Mister No finisce ancora una volta ospite delle prigioni di Manaus, fino a quando non viene pagata la sua cauzione dall’imprenditore Francis Stone alla ricerca di un abile pilota che possa trasportare – in maniera clandestina – una miracolosa erba scovata in Amazzonia verso Belem e la costa dell’oceano Atlantico. L’ingenuo Mister No, irretito anche dalla bellezza di Brenda (la nipote di Stone), accetta l’incarico.
Dopo aver fumato casualmente l’erba misteriosa che deve contrabbandare e aver passato una nottata da incubo, Mister No scopre che si trova a collaborare senza volere con dei trafficanti di droga, cui decide ovviamente di ribellarsi, simulando un attacco della polizia e arrivando a distruggerne il laboratorio. La resa dei conti con Stone è particolarmente cruenta e a Mister No non resta che cercare di evitare di farsi incastrare in matrimonio dalla bella Brenda, nell’esilarante sequenza finale.
Una storia di breve durata, solo 123 tavole, poco ambiziosa e decisamente ingenua, soprattutto per quel che concerne la questione del traffico di droga di cui Mister No si trova inconsapevolmente complice. Non male il flashback militare, con una vignetta in cui vediamo Mister No ferito in maniera decisamente seria. Le ambientazioni di Donatelli non sono particolarmente curate e l’impressione è che il grande disegnatore alessandrino si trovasse più a suo agio con la foresta di Darkwood che in Amazzonia.
Una storia di passaggio ma che conserva comunque il fascino di tempi ormai lontani, quando probabilmente ci si aspettava molto meno dalla lettura di un fumetto da edicola. Molto bella la copertina di Gallieno Ferri.
