Tex speciale 41 Ben il bugiardo

Tex, Carson, Ben e gli antenati di Ignazio ‘Il Torchio’

Magistrali i disegni di Stefano Biglia

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Ben O’Leary è originario di Cloverdale, nel New Mexico.
È un ragazzo alto, ben piazzato, dalla faccia simpatica e il sorriso aperto e luminoso come il cielo della sua terra.
È un commesso, che la mattina presto corre ad aprire l’emporio di suo zio Wes.
Ben è segretamente innamorato di Angela Flynn, giovane maestra.
È dotato di una fervida immaginazione, che, al pari di un provetto burattinaio, guida con mano ferma la sua lingua nella costruzione di racconti fantastici da offrire agli amici davanti al bancone di un saloon, di avventure ricche di azione, audacia e polvere da sparo che lo vedono assoluto primattore; di vicende inventate, mai accadute.
Sì, perché Ben è anzitutto un bugiardo.
Un umanissimo bugiardo costretto a celare dietro imponenti impalcature di fatti senza fondamenta i muri malfermi della sua debole personalità. Ponteggi di qualità, certo. Su cui chi lo conosce è ben disposto a camminare avanti e indietro, come sulle moderne piazze nelle sere d’estate, per figurarsi le sue mirabolanti prodezze, per vederlo addirittura sottrarre un Tex Willer in serie difficoltà e invocante aiuto alle grinfie grondanti sangue di una banda di infuriati Comanche…
Un bugiardo ben presto costretto a osservare, nascosto in un angolo e inerme, la propria maschera cadere miseramente nel fango sotto i colpi della cruda realtà, sporcarsi del sangue di suo zio, ammazzato dai banditi, essere segnata in profondità dallo sdegno del padre di Angela – portata via da Ramón Puentes -, dalle sue parole destinate a echeggiare a lungo, nel silenzio della notte di Cloverdale: «Sei solo un vigliacco, Ben O’Leary!».

035 bis
Ben il bugiardo

I presupposti c’erano, va detto.
C’era la concreta, concretissima possibilità che questo personaggio, mantenendo le promesse fatte dallo splendido disegno in copertina, potesse davvero assurgere al ruolo di vero protagonista della vicenda.
Affinché questo accadesse, tuttavia, occorreva che ci fosse coraggio.
Che l’autore dei testi puntasse risoluto sulle potenzialità della sua creatura e le esaltasse inducendola a fungere da detonatore, a distruggere gli schemi, a essere sorprendente, a spiazzare comportandosi in perfetta coerenza con la propria natura, a non agire nella maniera più attesa, più scontata.
E invece…
Invece niente di tutto questo.
La decisione è stata incamminarsi con passo svelto lungo la via consueta, larga e senza curve.
È stata ricorrere ai soliti cliché narrativi.
Così Ben O’Leary ha finito per liquefarsi ed essere inghiottito dalle placide acque di una sceneggiatura intimamente venata di normalità, senza sussulti – fatta eccezione per l’interessante, combattiva e impetuosa figura di Jimena, compagna di Carlos Puentes e unico avversario dei nostri dotato di senno e dunque meritevole di considerazione -, ampiamente prevedibile, per nulla emozionante, inficiata da dialoghi e battute non di rado ripetitivi, banali, dalla logica vacillante.
Abbia l’ardire di alzare la mano chi non si attendeva la sua completa rivincita, il suo impavido contributo nella liberazione della figlia di Theodore Flynn e nel racconto di un lietissimo finale coronato dal matrimonio – con prole! – con la bella maestra. Abbia l’ardire di farsi vedere chi, nel sentire al tramonto di pagina 86 Ramón chiamare all’improvviso Carlos – per la prima di numerose altre volte – non più fratello ma «fratellone», non è schizzato in piedi per dedicare un sentito e accorato requiem alla già di suo gracilissima speranza della comparsa di un’increspatura, di un alito di vento, di una corrente maggiore di quella prodotta dal mero mestiere, pronta a sospingere e intrecciare meglio idee e azioni.

086 bis
I “fratelloni” Puentes

Caricature

Ciò che più sgomenta, nel lavoro di Pasquale Ruju, è l’offerta dell’ennesima storia inficiata dal solito, annoso problema: la pochezza dei nemici di Tex e Carson, il loro spessore psichico decisamente inconsistente, per nulla abile a far risaltare le straordinarie doti dei due. E infatti questi – dopo essere riusciti nell’impresa di rimediare la oltremodo magra figura di trovare le tracce degli uomini dei Puentes sulle Animas Mountains solamente dopo parecchio tempo e soprattutto per merito della buona sorte – risolvono la questione in regime di un’amministrazione più che ordinaria, senza eccessivi affanni, consapevoli che l’aver risparmiato energie in questo albo speciale tornerà loro assai utile quando saranno chiamati ad affrontare prove effettivamente degne di tal nome.
«Come un tornado o una pestilenza».
È così che Carlos, Ramón Puentes e il loro «mezzo esercito» di accoliti vengono presentati da Liam Harris, un maldestro ranger lanciato sulla loro pista e ben presto scoperto, condannato a morire legato a un albero sotto gli implacabili raggi del sole del New Mexico e infine salvato da Tex. È con queste chiarissime credenziali che spargono in sala il loro odore prima che le assi del palcoscenico principino a scricchiolare sotto lo sporco dei loro stivali. E quando questo avviene, eccoli rispettare alla lettera il copione, fare sfoggio di facce e frasario da duri, del sentirsi forti, imprendibili nel loro inaccessibile covo incastonato nel ventre roccioso della suddetta catena montuosa.

174 bis
Tex Willer e Kit Carson

Ma poi…
Poi la colonna sonora delle pagine voltate accompagna il rapido disvelarsi della realtà: quel ritratto è soltanto un inganno, quelle referenze semplici dicerie.
Già, Carlos e Ramón Puentes e i loro uomini non sono per niente un male che si diffonde veloce e difficile da contrastare, sono quanto c’è di più distante da una tromba d’aria: non ne hanno la forza distruttiva, non ne intercettano nemmeno lontanamente il diametro. No, sono sbiadite, incerte caricature di cattivi. Sono farabutti a loro agio esclusivamente con i deboli, con chi non sa difendersi; canaglie di quint’ordine capaci di azzeccarne veramente poche, di inanellare in poche vignette una marea di colossali ingenuità e imbarazzanti errori strategici nel momento in cui a sbarrare loro la strada sono avversari del calibro di Aquila della Notte e Capelli d’Argento: infatti, pur consapevoli di essere in una situazione di evidente svantaggio poiché, per raggiungerli e colpirli, devono attraversare un passaggio buio e angusto, pensano bene di annunciarsi gridando, di rendersi per svariati secondi facili bersagli lasciando accesa una lampada, di farsi mettere nel sacco da un urlo di Tex che vuol farsi credere morto per guadagnare terreno e, dulcis in fundo, di fungere di nuovo da obiettivi ancor più comodi da centrare percorrendo in massa un ponte che, per giunta, sanno perfettamente essere vecchio oltre mezzo secolo…

229 bis
La bella maestra Angela Flynn

Non basta.
Quel che li rende unici, quel che rischia seriamente di imprigionarli per sempre negli anfratti più oscuri e reconditi dell’universo texiano, è il modo in cui si fanno turlupinare da Ben.
Catturato mentre cerca di seguire le tracce della maestra rapita e portato al loro cospetto, il giovanotto di Cloverdale ha la prontezza di spacciarsi per uno scrittore fermamente intenzionato a incontrarli per manifestare il desiderio di mettere la sua penna al loro servizio, per eternarne le gesta, per consegnare i loro nomi e i loro volti alle dolci carezze di una «fama immortale». E cosa fanno, a questo punto, i terribili “fratelloni” Puentes? Come rispondono? Come scelgono di porsi di fronte a cotanto invito costoro che, a sentire il loro alleato indiano Gato, «hanno cervello»?
Ovviamente accettando!
Credendogli!
Affidandogli felici le chiavi della propria immarcescibile gloria allettati anche dalla prospettiva di dividere con lui i ricavi derivanti dalla vendita dei conseguenti romanzi nelle più importanti città della costa atlantica degli Stati Uniti!
Roba da far crepare d’invidia l’indimenticato Ignazio ‘Il Torchio’!
E da spingere chi scrive a chiedersi se nei polverosi e disordinati archivi anagrafici dell’Ufficio della Scarsa Fantasia non si possa davvero rinvenire un qualche documento che comprovi che la banda dei fratelli Puentes e quella dell’appena citato bandito del film Totò, Peppino e i fuorilegge sono indiscutibilmente frutti dello stesso, antico albero genealogico

178 bis
Gli antenati di Ignazio ‘Il Torchio’

L’erede

Nei casi in cui una storia ha lottato disperatamente per poter essere archiviata in tutta fretta, si finisce per chiudere l’albo, riporlo nel luogo deputato a custodirlo e lasciare che la mente si arrenda volentieri al ritorno dei pensieri tenuti in disparte durante la lettura.
In questa occasione, invece, l’istinto – immediato – è stato quello di tenerlo ancora tra le mani, di contemplarne la meravigliosa copertina colorata ad acquerello e poi di riprendere a sfogliarne le duecentoventidue pagine. Una dopo l’altra, con studiata lentezza. Per riassaporare appieno l’affascinante bellezza dei disegni in esse contenuti, per non lasciarsi sfuggire alcun dettaglio dell’eccezionale opera di Stefano Biglia.

131 bis
Le Animas Mountains

L’ottima definizione psicofisica di ogni personaggio, la costante naturalezza della loro recitazione, l’eccellente resa degli aspetti caratterizzanti il Lontano Ovest americano di fine Ottocento – dalle armi da fuoco ai cavalli, dai differenti modelli di copricapo agli abiti, dagli spettacolari scenari naturali ai curati interni -; gli intensi, stupendi primi piani dei protagonisti – di Tex in particolare – e l’estrema leggibilità di ogni istante della narrazione assicurata tanto da un codice grafico sintetico ed efficace, quanto dalla calibrata unione e dai netti contrasti del bianco e del suo opposto, testimoniano senza la minima reticenza non solo dell’indiscusso, ormai maturo talento dell’artista genovese, ma anche dell’amore, dell’entusiasmo e del rispetto che egli non smette di riservare al mondo di Aquila della Notte.
Per sua stessa ammissione, il “Texone” rappresentava «una tappa importante» nella sua carriera.
Non esiste il minimo dubbio che l’abbia affrontata e vinta alla grande.
Dando dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, di essere preparato.
Preparato a rendere con la sua magnifica arte meno triste, per chi ama Tex visceralmente, il giorno in cui l’immenso Giovanni Ticci deciderà di concedere il meritato riposo ai suoi magici pennelli.

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