Un sempiterno ringraziamento va all’Editoriale Cosmo per aver portato – a volte riportato – nelle edicole del Bel Paese tante opere di artisti sia nostrani che stranieri, in un formato agile come quello bonellide, offrendo una vasta gamma di scelta tra generi e personaggi.
Nel nostro caso, riemerge dal passato – per la precisione, dal 1994 – l’opera prima di Riccardo Secchi, il quale si affaccia alla vita (editoriale) in un periodo di enorme vitalità per il fumetto popolare (nostrano, ma non solo) che si imbeve di postmodernismo e fa sua la consapevolezza di essere la cartina al tornasole per mostrare al mondo i più reconditi pensieri dell’ultima generazione prima del cambio di millennio – non a caso, Sprayliz di Enoch si schianta inaspettata sul mercato e fa un botto senza precedenti.
Il lavoro di Secchi risente di tutte queste pulsioni e molte altre, non ultima (inevitabile) la mancanza di esperienza che il solo talento non può per forza di cose ancora sopperire. Gabriel trasuda echi di underground e autoproduzione, mettendo in campo una suora con superi poteri nel suo movimentato pellegrinaggio da Los Angeles a Roma: un cammino, il suo, che si intreccerà con altri cammini di distorta crescita personale, chiamati ad altri epiloghi.
Come detto, si tratta di una narrazione marcatamente acerba, dal tono generale coerente ma dal ritmo vistosamente sincopato, che centrifuga ingenuamente X-Men e Vangelo, buddy action e redenzione, dove chi viene introdotto come personaggio “non positivo” forse alla fine merita di esserlo davvero; sfortunatamente, la gestione di tempi e modi lascia molto di questo non efficacemente espresso, e palese emerge il tentativo da parte di un esordiente di dire “tutto e subito”, per quanto in assenza di un percorso formativo compiuto – tanto per fare un esempio, la sua prima storia per Nathan Never è di circa quattro anni successiva, ma nel confronto il salto della maturità si apprezza eccome!
Altrettanto acerbo è il tratto di Alessio Beccati, anche lui in cerca di una personalità grafica immediata, e per il quale si può solamente apprezzare la tenuta su una storia dal respiro comunque non breve. È l’opera chiaramente di un (anche qui) esordiente che risente di molteplici fonti di ispirazione, tanto nella caratterizzazione dei personaggi quanto in termini di costruzione della tavola: interessante è ad esempio l’impiego di bordi “spezzettati”, quasi che la vignetta fosse stata stropicciata, per rendere l’effetto dei poteri di manipolazione mentale da parte di uno dei protagonisti della storia. Oltre questo, però, poco altro – la qual cosa ovviamente non va presa come critica snob, anche perché dopo di questa non risultano altre prove nel suo palmares.
Gabriel è il frutto sincero dell’entusiasmo di due giovani artisti, che si incastona a sua volta nel più generale sentire di quella “primavera italiana” nel campo della nona arte esplosa durante gli anni ‘90 del secolo scorso, molto “off” ed espressione di una certa qual controcultura.
Una nuova generazione di nomi e volti che, affondando le mani nel magma derivativo dei vari (tra gli altri) Bonvi, Pazienza e Liberatore e impastandolo con le folate di novità provenienti dall’editoria più mainstream – Bonelli su tutti, tra Dylan Dog e Nathan Never passando per Nick Raider – partoriva nomi come Palumbo, Bartoli, Recchioni, Rosenzweig oppure Ortolani, che hanno contribuito a codificare una sostanziale parte dell’odierno linguaggio fumettistico nostrano.
In questo felice contesto, anche Secchi – figlio d’arte del più famoso Luciano in arte Bunker, tra l’altro – ha trovato il terreno fertile che ha portato all’autore che oggi conosciamo. Ringraziamo quindi suor Maria Montalbano e i suoi super poteri (al di là di quello della fede) per aver fatto da apripista.






