Diabolik Collezione Storica A Colori (Repubblica)

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Non ho statistiche complete, ma dopo l’inarrivabile Tex – di cui il Gruppo GEDI ha ristampato praticamente tutto nel formato CSAC e di cui, da fine 2017 in avanti, inizierà a occuparsi il Gruppo RCS – il fumetto italiano più ristampato nei vari collaterali apparsi in edicola negli ultimi vent’anni è probabilmente Diabolik, protagonista di numerose iniziative editoriali. Elenco qui di séguito soltanto quelle più importanti:
– Tre brevi collane nei Grandi eroi del fumetto di Panorama (di cui ho parlato in questo articolo), a partire dal 2005;
Le origini del mito (51 volumi) allegate alla Gazzetta dello Sport dal 2008;
– La trilogia Gli anni d’oro / del terrore / della gloria (50 volumi a collana) apparsa su Panorama tra il 2010 e il 2012;
– La collana Nero su nero (100 volumi) pubblicata dal Corriere della Sera nel 2014;
– La Collezione storica a colori (25 volumi) nel 2017, di cui mi occuperò in questo articolo;
– La ristampa Anastatika sui quotidiani del Gruppo RCS dal 2021, già prolungata più volte e ancora in corso (attualmente sono previste 150 uscite).

Ebbene, di tutte queste iniziative… l’unica che ho collezionato è appunto la CSAC, in cui venivano ristampati i primi 50 albi dell’eroe creato a fine 1962 dalle sorelle Giussani: la collana era curata come al solito, con volumi brossurati da 270 pagine impreziositi dalle consuete presentazioni di Luca Raffaelli, integrate dagli interessanti interventi del diaboliko Mario Gomboli. L’unica differenza rispetto alle precedenti Collezioni Storiche A Colori dedicate agli eroi bonelliani era costituita dalle dimensioni più piccole (16 x 21,5 e non 18 x 26 cm): una scelta corretta, considerando che il formato tascabile con cui viene pubblicata la serie regolare sarebbe altrimenti risultato troppo “ingrandito”. Una volta appurato che la collana non si prolungava, l’ho recuperata sul mercato dell’usato, in modo da completare la mia personale raccolta di CSAC.

Perché non ho collezionato altri collaterali dedicati a Diabolik, prima di questo? Beh, il fatto è che, pur riconoscendo e apprezzando il suo grandissimo successo e la dirompente novità con cui le sorelle Giussani praticamente inventarono un nuovo formato tascabile e, soprattutto, diedero il via al filone degli eroi “neri”… il Re del Terrore non è mai stato all’apice delle mie preferenze. Lo leggevo spesso, beninteso, nell’àmbito del consueto e continuo scambio di fumetti con il mio amico Butch Walts e i rispettivi fratelli, ma con scarso coinvolgimento a causa di due fattori ricorrenti quasi in ogni albo: la sua “implausibilità” (i rifugi e i marchingegni sempre più incredibili e disseminati dappertutto*) e la sua ripetitività (grossa rapina – riuscita o meno – con l’aiuto della compagna Eva Kant e fuga finale con la sconfitta o, al massimo, il “pareggio” per l’ispettore Ginko).
Questo non mi impediva di godere la lettura di qualche albo qua e là, con i due fattori sopra citati che venivano attenuati grazie ad una sempre più robusta suspension of disbelief, nutrita nei primi anni dall’entusiasmo fanciullesco con cui leggevo bulimicamente di tutto e poi dallo spirito critico che apprezzava le minime varianti apportate, nel singolo albo, agli schemi ripetitivi sopra accennati: le occasioni in cui Diabolik mostrava una sua “dirittura morale”, punendo criminali peggiori di lui (ad esempio, gli spacciatori di droga); quelle in cui si trovava a collaborare, suo malgrado, con Ginko addirittura salvandogli la vita; oppure quelle in cui venivano affrontate tematiche “sociali” d’attualità, come ad esempio l’eutanasia nell’albo “La morte dolce” del 1997 che mi colpì in modo particolare. Soprattutto, mi piacevano gli albi in cui appariva anche Altea di Vallenberg, la fidanzata di Ginko, costituendo una perfetta simmetria tra i quattro protagonisti.

Detto tutto questo, il collaterale di Repubblica avrebbe senz’altro meritato ulteriori prolungamenti dopo il venticinquesimo volume: ma come già successo per Dylan Dog e Martin Mystère, le uscite non superarono quelle previste dal piano dell’opera. Anzi, le collane CSAC si interromperanno proprio con Diabolik: ne parlerò nel prossimo articolo di questa rubrica.

*Per spiegare meglio il mio accenno all’implausibilità, non posso fare a meno di citare Claudio Bisio e il modo in cui parlava dei rifugi di Diabolik in Quella vacca di Nonna Papera (Baldini & Castoldi), dopo aver messo alla berlina anche i personaggi Disney e i supereroi americani:
Devo dire che l’idea, il concetto di “Diabolik” mi piaceva, la realizzazione meno […], anche la storia dei rifugi. Io mi sono sempre chiesto… ma chi glieli costruiva? […] I casi sono due: o Diabolik è sempre stato un ottimo carpentiere, elettricista, tappezziere, oppure avrà dovuto anche lui assoldare un’impresa – di Bergamo me la vedo, col suo bel Transit, che arriva alle sette di mattina: «Alura, ghem da laurà, giò dal let!» […] Infine, me lo vedo spiegare all’architetto: “Guardi, l’entrata per la Jaguar la vorrei […] dopo il tornante, nel poliuretano similroccia a rientrare; possibilmente col FAAC automatico, sa, sono sempre molto di fretta, e poi non vorrei bagnarmi se un domani dovesse piovere…” E alla fine, tutti quelli che costruivano i rifugi di Diabolik conoscevano i segreti dei rifugi di Diabolik. Cos’ha fatto? Li ha ammazzati tutti. Per forza. Io mi vedo l’ultimo operaio che finisce i lavori e dice: “Ehi, sciur catif. El citofun l’è culegaaaaaaahhh!” Morti senza un gemito. Vi ricordate la didascalia? Era sempre così: “Morti senza un gemito”. Ma come, “Aaaaaaaaaahhhhh!” non è un gemito?

DIABOLIK COLLEZIONE STORICA A COLORI
Repubblica in collaborazione con Astorina
25 uscite settimanali
4 luglio 2017 – 19 dicembre 2017

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