Zagor e i samurai di Nolitta & Bignotti

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La “strenna” natalizia zagoriana di quest’anno è appena apparsa in libreria: si tratta di un bel cartonato a colori che ristampa – con il titolo Samurai – la classica avventura della Golden Age pubblicata nel 1975 sui numeri 116-118 della collana mensile, con i testi di Guido Nolitta (cioè Sergio Bonelli) e i disegni di Franco Bignotti.

Non posso che essere d’accordo con la presentazione di Moreno Burattini, quando afferma che a rendere particolare questo volume è proprio il nome del disegnatore: “per la prima volta un cartonato dedicato a Zagor non propone tavole di Gallieno Ferri, creatore grafico del personaggio, ma di uno dei suoi più validi collaboratori, chiamato a dar man forte per sostenere la produzione zagoriana”. Bignotti è sempre stato, infatti, un preziosissimo jolly della casa editrice per la quale ha disegnato (oltre, naturalmente, a Zagor) il nolittiano Un ragazzo nel Far West e, in séguito, molti numeri di Mister No, fornendo un prezioso contributo anche in molte altre collane tra cui Hondo, Il Piccolo Ranger e Martin Mystère.

Un giusto tributo, insomma: anche se, quantitativamente, Bignotti ha in realtà disegnato “soltanto” una dozzina di storie in totale – di cui due (e mezzo) nel periodo pionieristico delle pubblicazioni a strisce, due nel periodo pre-Golden Age e due durante la Golden Age – il suo apporto è stato prezioso in due storie fondamentali e amatissime dai lettori (La marcia della disperazione e Terrore dal sesto pianeta), permettendo a quegli albi di uscire puntualmente in edicola. Una volta iniziata la Silver Age, con nuovi disegnatori a dare una mano ai “titolari” Ferri e Donatelli, Bignotti si è poi concentrato su Mister No, salvo disegnare tre delle prime storie sceneggiate da Toninelli e concludendo poi la sua “carriera zagoriana” con la storia Carovane combattenti sceneggiata da Pellizzari.

Tirando le somme (ed escludendo il periodo a strisce), le storie scritte da Nolitta e interamente disegnate da Bignotti sono soltanto tre: Zagor Story, Vudu e, appunto, Arrivano i Samurai. Ed era naturale che la storia da pubblicare, per questa strenna, fosse la terza: la foliazione è quella tipica di questi volumoni, la storia è “autonoma” e non – come Vudu – legata ad altre a causa della continuity e, soprattutto, l’argomento è affascinante. Come scrive Burattini, a Darkwood “può succedere di tutto, compreso l’arrivo di nipponici armati di katana”: e d’altronde vi erano già apparsi “popoli «esotici» come antichi aztechi, maya, masai, arabi, celti, thugs, cosacchi russi, uomini preistorici, vichinghi… potevano mancare i giapponesi?” Nolitta/Bonelli era un grande appassionato dell’argomento e quindi “non si limita a raccontare una semplice storia d’avventura, ma sfoggia erudizione e documentazione, descrivendo i samurai con una quantità di informazioni come raramente capitava di riscontrare nei fumetti popolari degli anni Settanta”.

Detto tutto questo… da semplice lettore, però, mi chiedo: non era proprio possibile optare per Vudu? Quell’epica storia ambientata ad Haiti, tra magia nera, zombi e continui colpi di scena mi è sempre piaciuta tantissimo (come spiegavo in questo articolo), la foliazione era più o meno la stessa e i disegni erano ancora migliori – sempre a parer mio, ovvio. Inoltre, se in Samurai lo sceneggiatore poteva mostrare la sua “erudizione e documentazione”, lo stesso avviene in Vudu per la cultura haitiana legata ai “non-morti”… Ma può darsi che su questa mia preferenza pesi qualche riserva che ho sempre avuto su alcuni passaggi di sceneggiatura di Samurai che non mi hanno mai convinto. Cercherò di spiegarmi meglio.

Il pretesto che porta questi mercenari a Darkwood richiede una discreta suspension of disbelief: infatti vengono assoldati dall’allevatore Ferguson – che aveva vissuto in Giappone – per sgominare una banda di razziatori (solo in séguito terrorizzeranno le tribù indiane della zona, in un complotto che includerà un maggiore dell’esercito corrotto). Cioè: fai arrivare tutti questi guerrieri da oltreoceano… per sgominare una sgangherata banda di rubagalline – pardon, vacche? Rileggetevi quelle pagine: i razziatori sono una dozzina… e ben QUATTRO li mette fuori combattimento Zagor DA SOLO prima che arrivino i samurai! Da ragazzino, mi venne spontaneo chiedermi: “e che bisogno c’era di assoldare decine di fanatici?!?”
Naturalmente, il discorso è più complesso, ma anche crescendo sono rimasto dell’idea che la scena potesse essere orchestrata meglio, con Zagor a fungere più da semplice diversivo che da inarrestabile combattente – mentre il letale Minamoto si fa sorprendere ingenuamente e deve ringraziare lo Spirito con la Scure, che interviene per salvargli la vita… Sì, lo so, la scena è funzionale allo sviluppo successivo della trama (e alla scena madre che descriverò qui sotto), ma questi “imbattibili” guerrieri alternano momenti in cui sono – appunto – inarrestabili ad altri in cui mostrano una mira indegna con le loro armi, ad esempio quando Zagor riesce a fuggire dal fortino di Ferguson o quando li trascina nella trappola… e nessuno riesce a colpirlo mentre sale la fune che lo metterà in salvo. E alla fine sarà di nuovo Zagor – e di nuovo da solo – a mettere fuori combattimento tre avversari incapaci di colpirlo, nonostante vere e proprie gragnuole di colpi. Insomma, mi sembrava di essere tornato alle primissime storie di Zagor, con decine di pallottole / frecce / lance che sfioravano lui e Cico senza colpirli…

E tuttavia, nonostante queste mie riserve su alcuni passaggi della sceneggiatura, in questa storia c’è una scena talmente imperdibile che basta da sola a giustificare la scelta fatta dalla casa editrice: mi riferisco, naturalmente, alla risposta che Zagor dà a Minamoto che lo ha appena “rimproverato” di essere, a sua volta, imbevuto di ideali violenti e di apprezzare “il piacere del trionfo e della sfida continua”. La risposta di Zagor illustra appieno la sua filosofia di vita ed è talmente “perfetta” che i lettori zagoriani la conoscono praticamente a memoria… e per chi invece non la conoscesse, Burattini la include integralmente nella presentazione. Lo stesso faccio io qui, per confermare la bravura di Nolitta/Bonelli che, anche in una storia non esente (secondo me) da qualche pecca, trova il modo di renderla indimenticabile: e d’altronde questa era la dote principale di questo mago dell’affabulazione, come spiegherò prossimamente in un altro articolo di questa rubrica.

 

Anche la mia vita, non c’è dubbio, è segnata dal marchio della violenza, ma tra noi esiste fortunatamente una differenza incolmabile! Se io combatto, se io uccido, è soltanto perché la situazione di questo meraviglioso ma ancora selvaggio Paese me lo impone! Un giorno, spero, giuste leggi, mentalità più aperte smusseranno i punti di attrito tra gli abitanti di Darkwood e i conquistatori bianchi… in quel preciso istante io rinuncerò senza alcun rimpianto alla mia immagine di combattente e di guerriero, e sarò lieto di buttare nel più profondo dei fiumi quella scure che ora considero un mezzo sgradevole ma indispensabile per ottenere un po’ di giustizia!

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