Nel redazionale ci viene detto che alla conclusione della “Saga della Rinascita” – di Kalya – mancano solo altri tre albi: siamo dunque alle battute finali e diverse situazioni ancora aperte dovranno necessariamente chiudersi.
Di nodi da sbrogliare ce ne sono, ma anche questa volta si procede piuttosto cautamente: Leonardo Cantone e Luca Lamberti ci mostrano come Kalya prenda sempre più confidenza con i suoi poteri, come siano corrotte le più alte sfere del regno di Galdor (persino quelle più insospettabili e vicine al Re), come anche chi dovrebbe proteggere il popolo si tiri indietro nel momento del bisogno, seguendo gli ordini dei superiori senza minimamente indugiare sulle conseguenze di tale azione.
Mi sono anche chiesto perché sia stato dato un titolo così all’albo in oggetto, in quanto il team guidato da Kalya – e un ospite – riescono in poche mosse e senza un vero piano a superare la tempesta in questione, più volte annoverata come impossibile da attraversare, per poi giungere al Palazzo Città delle Dune; ci viene anche detto che il deserto nel quale si svolge questa vicenda sia il luogo più rovente del continente e fra i più pericolosi, eppure i Nostri non sembrano minimamente fiaccati dalle condizioni climatiche.
Sinceramente mi sarei aspettato una prova più ostica, concentrando la narrazione sul compimento di questa side quest.
Nel finale c’è il colpo di scena ad effetto e come plot twist devo dire che promette di riservare un vivace epilogo della saga.
Con un forte richiamo al manga e pochi fronzoli, i disegni di Giulio Riosa – già incontrato nel numero 11 – ci accompagnano egregiamente durante la narrazione, muovendo i personaggi in modo ottimale all’interno della tavola, con inquadrature semplici, ma ricercate ed efficaci, soprattutto quelle in cui sono presenti scontri e azioni concitate.
Molto bene le rappresentazioni dei Gjaldest e dei costrutti: Tagh è fra i meglio disegnati finora, qualche incertezza sul volto di Vellrich e di Zelar; proprio parlando di quest’ultimo ho notato che a pagina 52 c’è un errore piuttosto importante: scompaiono / ricompaiono le cicatrici sul suo volto e sembra letteralmente un’altra persona nel giro di una manciata di vignette.
Non è il primo errore che trovo sulla testata e continuo a pensare che un editor / supervisore esterno e super partes potrebbe solo giovare in casa Bugs, che va lodata per l’impegno, la passione e per l’artigianalità del prodotto, ma che rischia di cadere su piccolezze che alla lunga possono minare il rapporto con il lettore.
Chioso ricordando la bella copertina di Elena Casagrande, caratterizzata da colori caldi – vista l’ambientazione – e da uno sfondo imponente e impattante come le porte della Fortezza di cui sopra, ma avrei preferito vedere più piccoli e a figura intera il trio di personaggi in primo piano, così da rendere il tutto ancora più suggestivo.