Come già accennato in vari articoli, il mio personaggio Disney preferito è sempre stato Paperino (e, va da sé, il suo alter ego Paperinik). Quando mi capitò di acquistare questo cofanetto Oscar Mondadori contenente due volumi, quindi, lo feci immediatamente: e per anni e anni ho letto e riletto una serie di ottime storie risalenti agli anni Cinquanta.
È un Paperino bersagliato come sempre dalla scalogna (e come attestato dal titolo), ma al contempo – anche se raramente – in grado di giungere rocambolescamente al lieto fine, sotto forma di rivincita contro l’odiato cugino Gastone o di ricompense ricevute dallo Zio Paperone. Storie perfettamente in sintonia con il personaggio, grazie a testi e disegni dei Maestri americani (Taliaferro e Barks, in primis) ma anche di quelli italiani, tra cui Martina e Bottaro. Un peccato che venissero citati solo di sfuggita – e non tutti – nell’introduzione di Piero Zanotto, ma si sa: all’epoca, l’attenzione filologica e bibliografica verso gli autori scarseggiava…
Ottime storie, dicevo, con alcune che spiccavano decisamente sulle altre: curiosamente, eoni dopo, scoprii che le mie tre preferite erano tutte farina del sacco dell’Uomo dei Paperi, Carl Barks. Probabilmente da ragazzino mi avevano attirato i suoi disegni, che trovavo più attraenti, realistici e “proporzionati” rispetto a quelli degli altri autori: ma anche le sue trame spiccavano sulle altre di gran lunga, ad esempio nella concatenazione di disavventure che Paperino deve fronteggiare al circo per recuperare una spilla di Paperina.
La storia migliore di tutte, però, restava per me l’ultima dell’intero cofanetto: Paperino e la stella del Polo. Nonostante il titolo, il protagonista era Paperone che tornava in Klondike dopo cinquant’anni per riscuotere un vecchio debito da Doretta Doremi, un tempo bellissima e, soprattutto, battagliera ora come allora: un personaggio che, in poche pagine, è entrato nel cuore di tutti gli appassionati Disney.
Il collaterale sull’opera omnia di Barks
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