Alla vigilia dell’inaugurazione della XXXIII Olimpiade di Parigi, i miei ricordi non possono che tornare all’estate del 1976: per la prima volta andai in vacanza per una settimana con altri coetanei pecciolesi (incluso l’amico di sempre, Butch Walts) e decine di ragazzi di altri paesi nel campo-scuola organizzato dalla Diocesi, accompagnati da un sacerdote e da alcuni animatori poco più grandi di noi.
Una settimana in cui, una volta liquidati frettolosamente i momenti di riflessione e preghiera collettivi, ci scatenavamo in interminabili partite di calcio come pure nei primi timidi, sconclusionati e – naturalmente – inconcludenti approcci con le ragazzine (rigorosamente isolate nella loro camerata).
Nelle ore più calde, rinchiusi al fresco, ci dedicavamo alla lettura dei fumetti: la parte del leone, passando di mano in mano, la fece il volumetto di cui parlerò oggi, il Classico Disney Paperolimpiadi che era appena uscito in edicola ed era dedicato alla XXI Olimpiade che sarebbe iniziata pochi giorni dopo a Montreal.
Era un Classico “atipico”, in quanto non conteneva la ristampa di storie già pubblicate, legate tra loro da blande pagine di raccordo (come per gli altri Classici), bensì ne proponeva tre inedite – scritte da Gian Giacomo Dalmasso e disegnate da Giancarlo Gatti – che formavano un’unica avventura in cui Paperino, grazie alle scarpe potenziate da Archimede, partecipava alle Olimpiadi in rappresentanza di Paperopoli e vinceva ben sette gare in varie discipline dell’atletica leggera.
Era chiara l’allusione a Mark Spitz, vincitore di sette medaglie d’oro nel nuoto alle precedenti Olimpiadi a Monaco, nel 1972; era altrettanto chiaro che il mio papero preferito non l’avrebbe passata liscia, finendo squalificato… ma non per le scarpe “truccate”, bensì per aver sponsorizzato una bevanda ed essendo quindi decaduto dallo status di “atleta dilettante” (mi fa sorridere pensare a Lebron James, il portabandiera statunitense che sfilerà domani sera e che percepisce più di 50 milioni di dollari all’anno di stipendio…).
L’interesse maggiore di questo Classico risiedeva però negli articoli a corredo delle tre storie, in cui venivano raccontate le origini delle Olimpiadi nell’antichità, gli sforzi fatti dal barone Pierre de Coubertin per riproporle nell’era moderna (a partire dall’edizione di Atene del 1986) e una breve – e sterilizzatissima* – cronistoria di tutte le edizioni fino a Monaco 1972: a quei tempi, per noi ragazzi era raro trovare in un unico (e agile) volumetto tutte quelle informazioni, arricchite da alcune curiosità e piccoli quiz.
Alla fine venivano presentate le Olimpiadi di Montreal, scatenando ancora più la nostra curiosità: insistemmo così tanto che un animatore ci procurò un piccolo, sgarrupato televisore in bianco e nero, con cui riuscimmo a vedere la cerimonia d’inaugurazione, ritardando l’ora in cui dovevamo andare tutti a letto finché non vedemmo sfilare Klaus Dibiasi con il tricolore.
*Per non turbare i giovani lettori, Hitler e il nazismo NON venivano citati per Berlino 1936 (e va beh), ma soprattutto non veniva menzionato in alcun modo il massacro di quattro anni prima a Monaco di Baviera…
La Short dedicata a Pippo alle Olimpiadi (Monaco 72)