Dylan Dog Old Boy n.28 “Fino all’ultimo respiro” e “L’inverno della ragione”

La recensione del Dylan Dog Old Boy di Porretto / Mericone / Piccioni / Di Vincenzo & Ostini / Dall’Agnol / Riccio

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Torna il Dylan Dog Old Boy e tornano Rita Porretto e Silvia Mericone con la loro saga di Cora.
Questo quarto episodio è l’occasione per una profonda riflessione sulla maternità, affrontata attraverso una prospettiva psicologica e metafisica che ne esplora i lati più oscuri e complessi.

Fino all’ultimo respiro
di Rita Porretto, Silvia Mericone, Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo

7/10

La protagonista di questo quarto episodio della saga, Faith, diviene fulcro e pretesto per una riflessione tormentata sul ruolo materno. Questo percorso si sviluppa attraverso il confronto con le donne fantasma della saga, May, Edith e Cora che, come appreso negli episodi precedenti, incarnano gli aspetti distorti e tenebrosi della maternità.

Dopo poche pagine la narrazione finisce per concentrarsi quasi esclusivamente su tematiche psicologiche, arrivando a delineare una dimensione metafisica — il “maternario” — come spazio simbolico in cui si svolgono i conflitti interiori della protagonista.

Per quanto questo quarto capitolo sia, come i precedenti, una storia che si distingue per l’intelligenza con cui è scritta oltre che per l’audacia con cui affronta un tema complesso come la maternità, la struttura narrativa a tratti didascalica ne limita in parte l’efficacia. Se, fino ad ora, i fantasmi di May, Edith e Cora avevano affascinato e fatto vibrare per intensità e mistero, in questa occasione si limitano a dissertare sui significati della maternità, finendo per rallentare notevolmente la fruizione dell’albo (già di per sé contorta a causa della rinnovata scelta onirico – metafisica).

Eppure la prima parte della storia mantiene un buon ritmo e un’atmosfera horror altamente godibile: tuttavia, man mano che la storia si concentra sulla dimensione introspettiva di Faith, l’elemento horror perde di incisività e Dylan e il lettore finiscono per scollarsi dagli avvenimenti.
Il tutto è comunque promosso, merito anche di un finale ancora una volta ben piazzato e di un Dylan Dog comunque ben inserito nelle dinamiche narrative.

Il comparto grafico, come sempre affidato a Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo, mantiene un livello qualitativo elevato in linea con le precedenti avventure, grazie a una composizione carica e densa – ma comunque lucida – della messa in scena che permette al lettore sì di godere dei vaneggiamenti onirici, ma non di perdersi eccessivamente in essi.

L’inverno della ragione
di Alberto Ostini, Piero Dall’Agnol e Renato Riccio

0/10

Alberto Ostini tira fuori, in maniera del tutto ingiustificata, questo stantio racconto ucronico completamente fuori tempo massimo. Una storia che parte da premesse e situazioni abbondantemente già viste senza nessun guizzo, nessuna novità, nessuna idea per smarcarsene. Provare a scavare tra le pieghe per trovarne un pregio a questa storia è come pestare l’acqua nel mortaio.

Anche il lavoro di Piero Dall’Agnol, già non più ai suoi massimi livelli, viene tutt’altro che valorizzato dal lavoro di Renato Riccio.

Un’operazione editoriale che mi è parsa davvero poco comprensibile.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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