Dylan Dog Color Fest n.48
“Il risveglio”

E un altro Dylan se ne va (?)

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7/10

Il diabolico duo Rita Porretto / Silvia Mericone avvolge l’Indagatore dell’Incubo nelle spire dell’horror psicologico “L’ora del lupo” di Ingmar Bergman – pur con qualche eco a metà strada tra le atmosfere di Matrix, Inception e Midsommar – abbandonandolo (letteralmente) su un’isola non meglio specificata in compagnia della bella strizzacervelli (appunto!) Heather, che ivi ha trascorso la sua fanciullezza, e a cui anela di tornare quale luogo dell’anima, rifugio per la mente e il cuore.

La vicenda si dipana con la dovuta lentezza, ed è inevitabilmente costellata da simbolismi e rimandi di natura psicanalitica, che ben si attagliano al personaggio e all’universo dylandoghiani.

Il nostro si barcamena in una girandola di giochi di specchi, con il solo risultato di capire che è proprio nel suo girare a vuoto che si cela la risoluzione del “caso” (se vogliamo chiamarlo in questo modo): l’intera vicenda è la proiezione di qualcosa d’altro, così come lo sono i personaggi attraverso i quali la vicenda stessa si è svolta, e infatti è una proiezione di Dylan quella che lasciamo dopo l’ultima tavola, con il pensiero che inevitabilmente va a casa Velasco e, in maniera più tenue, ai sogni di un signor nessuno.

Francesco Ripoli adotta un doppio registro, in entrambi i casi di forte impatto: da un lato il mood livido con cui filtra di giallo la linea temporale del presente – anche qui, se vogliamo chiamarla in questo modo – e dall’altro un utilizzo potente quanto delicato del pastello che richiama ineffabili tempi andati.

In definitiva, un “what if”, se così lo si vuole leggere data la collocazione editoriale, che testimonia ancora una volta della capacità del duo autoriale di sezionare le pulsioni nascoste della mente, mostrandoci quanto emozioni come amore, fiducia, o follia, siano legate tra loro in maniera non scontata, in bilico sul precario pavimento dell’inconscio.

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Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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