Secondo Wikipedia, Graziano Romani “…è un cantautore italiano di musica rock, noto per aver fondato i Rocking Chairs e per la lunga carriera solista“, che “nel corso della sua carriera artistica ha alternato produzioni in italiano e in inglese“… ma, per qualsiasi appassionato di fumetti, Graziano è soprattutto colui che ha “cantato” le gesta di numerosi eroi bonelliani, di cui ci parla in questa intervista che ci ha gentilmente concesso.
Buongiorno Graziano e, innanzitutto, bentornato sulle pagine di uBC dopo l’articolo che ti abbiamo dedicato qualche anno fa, in occasione dell’uscita dell’album My name is Tex, speciale corredato all’epoca anche dalla tua scheda biografica.
La prima domanda che volevo porti è piuttosto semplice: com’è nata la tua passione per i fumetti targati Bonelli?
Nasce nel periodo della mia fanciullezza, alla fine degli anni Sessanta. Forse il primo albo bonelliano che ho avuto tra le mani era una copia – se ben ricordo, parecchio sgualcita già da qualche anno di letture – del n° 10 della Collana Araldo, ovvero il Comandante Mark, avuta in dono da mio cugino. Si intitolava Lo stregone bianco, lo ricordo bene perché aveva ancora all’interno lo splendido posterino a colori di Tex realizzato da Galep… E nella penultima pagina mostrava le irresistibili copertine degli albi di Tex, di Zagor, del Piccolo Ranger… fu un’autentica folgorazione, forse fu quella la mia porta d’ingresso al fumetto bonelliano. Da lì in poi ho iniziato a collezionare più albi che potevo, Zagor e Tex in primis… Ovviamente leggevo di tutto, da Topolino a Blek e Miki, poi Alan Ford, e via via col passar degli anni il fumetto è diventato un’autentica passione. Ma un posto importante nel mio cuore lo hanno sempre avuto gli eroi bonelliani.
“They say there is a stream, where crystal waters flow… that is the stream that leads to Darkwood!” Come spiegavamo in un articolo qualche anno fa, sono stati questi versi – tratti dal n° 146, Zagor si scatena – a ispirare il tuo album in inglese dedicato al Re di Darkwood…
Sì, proprio quelli. Partendo da quei versi ho concepito ed elaborato le tre strofe complete e i ritornelli, mettendoli poi in musica, in forma di ballata. Darkwood è diventata una specie di inno, amatissimo dai tanti appassionati zagoriani, che condividono la visione e l’essenza dello Spirito con la Scure. La canzone parla di un luogo mitico e romantico, dove tutto può succedere, il luogo dell’avventura. E nel finale ho voluto mettere il vocalizzo “nana-nana-nanaaaa…”, orecchiabile e coinvolgente. Impossibile resistere, magari qualche volta l’hai cantato anche tu…
Ebbene sì, lo ammetto, al raduno zagoriano di qualche anno fa in cui ci siamo conosciuti… Ma torniamo a bomba. I brani di Zagor King of Darkwood compongono, a loro modo, un concept album caratterizzato da gradevoli sonorità folk, anche se non manca qualche eccezione come Cico Felipe Cayetano Lopez Y Martinez Y Gonzales, con la sua atmosfera da “mariachi” messicani. Come ricordi il periodo in cui hai composto questo album?
Un periodo bellissimo, molto stimolante. Il grande e indimenticabile Sergio Bonelli mi diede tanti preziosi consigli, oltre alla sua amicizia e il suo assenso a realizzare un intero album dedicato al celebre eroe da lui creato. Sergio era un grande cultore della musica, adorava principalmente il jazz… e comunque tutta la buona musica. Quindi anche le sonorità folk, vicine a quelle irlandesi, quelle che caratterizzano Zagor King of Darkwood… ma il disco ha anche un sound rock-blues, a volte tiratissimo e ironico come nel brano dedicato a tutti i “cattivi” della saga zagoriana, intitolato Bring on the bad guys…
L’album dedicato a Zagor non è stato un episodio isolato, visto che in seguito – e sempre in inglese – ne hai pubblicati altri tre dedicati a personaggi dei fumetti: My name is Tex di cui parlavamo in precedenza, Yes I’m Mister No e (esulando, per una volta, dall’ambito bonelliano) Diabolik, Genius of Crime: come li descriveresti, in breve?
Sulla scia dei lusinghieri consensi ottenuti con l’album su Zagor, pensai di crearne uno sul celebre ranger… un’impresa difficile: Tex è Tex. Ma dopo aver ascoltato i provini, Sergio Bonelli mi diede l’ok, aiutandomi pure a scegliere alcuni dei brani “traditional western” che ho poi interpretato esclusivamente per quell’opera. E ricordo che gradì molto anche tutte le canzoni originali da me composte, brani come El Muerto, So long, Lilith o la stessa My name is Tex…
Poi fu la volta di Yes I’m Mister No, che volli realizzare proprio in ricordo e in omaggio al grande Sergio. Il “suo” caro Mister No. E ho incluso i suoi brani preferiti di Frank Sinatra, classici jazz come I’ve got you under my skin o Body and Soul. E per quell’album ho scritto una ballata dedicata all’indimenticabile Bonelli, intitolata Soul traveler (to Sergio). È stato per me un grandissimo onore.
Successivamente, dopo i tre eroi bonelliani “buoni”, non ho resistito alla tentazione e ho voluto realizzare un disco dedicato al “cattivo” e inarrestabile Diabolik, un’opera dal sound più rock, più moderno, più dark, più noir… che mi ha dato anche la possibilità di reinterpretare alcuni brani del maestro Ennio Morricone, tratti dalla soundtrack del film Danger Diabolik. Tanta roba…
Il tuo tributo al fumetto bonelliano non si esaurisce con la musica, visto che sei stato anche autore di numerosi saggi, dedicati a Gallieno Ferri, Giovanni Ticci, Guido Nolitta/Sergio Bonelli, Galep…
Sì, negli anni ho scritto e curato vari libri e saggi, alcuni di essi a quattro mani con Moreno Burattini. Altri sono degli “artbooks”, ovvero non soltanto delle biografie ma anche dei veri e propri libri d’arte dedicati ai grandi maestri del fumetto, volumi riccamente illustrati anche con riproduzioni di tavole originali e inedite. L’ultimo in ordine di tempo è L’arte di Giovanni Ticci pubblicato dalla Bonelli a fine 2017.
Per la serie “non se ne impara mai abbastanza”, ho scoperto che sei anche un mio collega, visto che hai curato la traduzione di diciotto albi di Prince Valiant. Quali difficoltà hai trovato in questa impresa?
Amo tanto la lingua inglese, al punto che più del 50% delle canzoni che ho scritto nella mia carriera di cantautore sono proprio in quella lingua. E mi è risultato naturale occuparmi anche di traduzioni, specialmente nel campo dell’editoria del fumetto. Tutto è partito con l’inizio della collaborazione con l’editrice Nona Arte, a cui proposi di curare e tradurre la prestigiosa collana del Prince Valiant di Hal Foster. Valiant è un personaggio molto amato dai lettori italiani, è stato pubblicato e ristampato in varie edizioni, negli anni. Ma l’edizione della Nona Arte è davvero superlativa, sia dal punto di vista della qualità delle immagini che da quello della traduzione dall’inglese… e su quella garantisco io! Inoltre, la collana sarà “integrale” e pubblicherà tutto – ma proprio tutto – il materiale che va dal 1937 ai giorni nostri. Ne vedremo delle belle!
Sempre restando in tema, in questi anni ho tradotto opere di artisti del calibro di Alex Toth, Jack Kirby, Wally Wood, Gil Kane, John Buscema… Sì, è evidente, adoro anche i comic-books americani!
Tornando alle tue canzoni su Zagor, molte di esse fungono da colonna sonora del film Noi, Zagor, di cui ho parlato a suo tempo in un’apposita recensione. Come sei stato contattato e cosa ricordi della lavorazione del film?
È stata un’esperienza bellissima. Il regista, Riccardo Iacopino, è un vero appassionato ed è riuscito a raccontare Zagor con grande maestria ed efficacia. Mi chiese di poter utilizzare i brani del mio album Zagor King of Darkwood, e io accettai con grande piacere. Ah, appaio pure io nel film, in alcuni frammenti di intervista e anche con brani acustici che ho eseguito appositamente per l’occasione… è stato un vero onore partecipare al film dedicato allo Spirito con la Scure.
Come di consueto per le mie interviste a chi gravita nell’ambito dei fumetti Bonelli, l’ultima domanda è “marzullesca”: Graziano, fatti una domanda e dacci una risposta 🙂
Ok, ecco la domanda: “Meglio la musica o il fumetto?”
La mia risposta si rivela in queste due parole, ovvero “rock&comics”. Quasi una sigla. Sì, perché ritengo che musica e fumetto siano due arti che vanno a braccetto, anzi che insieme riescano a costituire una formula invincibile. Il mondo dei comics e quello della musica e del rock sono sempre stati vicini, molto vicini. A volte addirittura sovrapponendosi, fondendosi. E io, con i miei album dedicati agli eroi che ho sempre amato, credo nel mio piccolo di averlo dimostrato. A modo mio, con assoluta sincerità. Poi l’ultima parola spetta agli appassionati, ai lettori, agli ascoltatori… sì, perché sono loro che decretano quanto sia valida o meno una cosa. Per me è sempre stato così, la cosa più importante è il pubblico… e le emozioni che talvolta si riesce a suscitare e condividere. Pensa, nel quarto album della mia band Rocking Chairs c’è una canzone, intitolata Listen to your heart, la cui seconda strofa parla di Silver Surfer, il celebre eroe della Marvel… la scrissi nel 1990. Forse fu proprio quello il momento in cui iniziai a “unire” le mie due grandi passioni, ovvero la musica e il fumetto.
E con questo abbiamo terminato: grazie ancora per la disponibilità e per il tempo che ci hai dedicato!
Grazie a voi di uBC per l’ospitalità su queste pagine! E a tutti i lettori lancio questa mia frase: state accesi, viva rock&comics!!!
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