Ricordando Skotos, pt. II

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Analisi del ciclo “Oscura rinascita”, Nathan Never 373/375

Il passaggio dalla tenera età all’adolescenza traghetta il giovane Aris dai dintorni di Oliver Twist a quelli di Edipo, in un crescendo che esita nella compiuta realizzazione e accettazione di sé, o meglio, di quella tenebra dentro di sé che finalmente trova la sua strada verso l’esterno: messa in questi termini, σκότος – ben lungi dall’essere solo un opportuno nome su un’insegna – prefigura “provvidenzialmente” l’alveo entro cui un rivum nigrum scorrerà impetuoso, pronto ad esondare.

 ““[Skotos] non era solo un c-criminale…era una p-persona che aveva bisogno di cure. […] Lui non ha scelto di essere malvagio…non p-poteva essere altro! […] È necessario r-rivedere il nostro g-giudizio morale”.
“Ti fidi di me, Legs?”.
“Sei cambiato, Nathan… sei diventato più freddo…”.
“Ho sempre percepito che tu sei come me, Yoko… c’è qualcosa di perverso che ci lega”.
“[…] avendo visto da vicino il male, so come trarre da esso tutta l’energia di cui ho bisogno”.

È proprio quest’ultima citazione a suggerire come anche Aristotele Skotos, così come Nathan Never a suo tempo, si sia specchiato nel suo personale “abisso delle memorie”, ma solo per uscirne sopraffacente e non già sopraffatto, abbracciando il proprio lato oscuro a coronamento di una perversa idea di compassione…o forse le cose non stanno così, dato che Vigna abbraccia (anche lui!) l’allettante deriva del “revisionismo storico”, inserendo ad arte alcuni indizi secondo cui l’esposizione prolungata ad una certa sostanza tossica – un bagnetto che ricorda da vicino quello di un certo Jack Napier – avrebbe in ultima analisi originato una progressiva e crescente condizione di squilibrio mentale.
E l’esondazione di cui sopra si manifesta così da un’epoca all’altra, contrapponendo Sigmund a Nathan su questioni di giudizio morale che rimandano all’ancestrale dilemma della predestinazione – l’uomo possiede davvero il libero arbitrio, o le sue azioni sono predeterminate sin dal momento della sua nascita? – e, pur senza scomodare un certo Giuda Iscariota, tentano di minare il sistema di valori fino a quel momento propinati al lettore. A questo proposito, è coerente che sia il polacco a difendere in qualche modo tale tesi, lui che più di tutti gli agenti Alfa si è dimostrato nel tempo più volte a un passo dall’impossibilità di redenzione. D’altro canto, però, anche i pensieri e le azioni di Nathan sono ben lontani dalla (pur relativa) limpidezza che ancora si percepiva nel precedente ciclo e, come si diceva, il seme dell’ombra trova ormai anche in lui un’inaspettata accoglienza.
Sullo sfondo, nel passato il giovane Aris è ancora al centro di complesse macchinazioni legali, che si intrecciano con questioni irrisolte e personaggi che ancora tramano nell’ombra. Il suo brillante percorso accademico, che rimanda nemmeno troppo velatamente a quello di Moriarty, ne mette in luce le straordinarie potenzialità che fino all’altroieri erano sempre state taciute… o meglio mai considerate, data l’assenza del fattore revisionistico di cui sopra.
L’autore gioca inoltre con facilità con l’escamotage dei destini simili, così da appaiare convenientemente Aris e la sua tutrice Yoko, i quali sforano in alcuni momenti anche in cliché a là Bonnie & Clyde. In appendice, viene anche fornita una convincente spiegazione alla decisione di Aris di farsi crescere la barba!
Nel presente, si nota una certa forzatura nella coincidenza temporale tra l’affaire Skotos riesumato dalla procuratrice Terango, e la necessità da parte della Yakuza di entrare in possesso di preziosi documenti contabili appartenuti al predicatore, così da giustificare la compresenza di buoni e cattivi sulla sua (da anni disabitata) base orbitante.
Accanto a questo, May e Branko si preparano a vivere un nuovo twist nella loro vita di coppia, tra la nascita ufficiale della nuova sede dell’Agenza Alfa a Tropical City (sull’effettiva utilità della quale sono già alcuni personaggi della vicenda a porsi delle domande) e l’inspiegabile attrazione da parte di May verso i fini e le opere della Divina Presenza, o meglio verso quella Prophetissa la cui identità, proprio in virtù di tali premesse narrative, era già blandamente telefonabile.
Il teatrino tra Nathan ed Elania prosegue assolutamente in linea con quanto originato in quel di Tergeste, sebbene nuove nuvole appaiano all’orizzonte, mentre nulla lascia presagire cosa le capiterà di lì a poco.

L’apporto grafico continua ad essere opera dei “soliti noti” visti all’opera nel primo ciclo, con la sola assenza di Max Bertolini. Da notare che anche in questo caso il numero centrale è stato interamente disegnato da un unico autore – stavolta Toffanetti.
Da notare inoltre che in tutti e tre i numeri la title page viene sempre strutturata come una doppia splash-page; la cover del n.373, infine, è un chiaro omaggio allo storico n.7 della serie regolare.

Sullo stesso argomento:
Aristotele Skotos: i prodromi del villain
Ricordando Skotos, pt. I
Ricordando Skotos, pt. III

Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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