Analisi del ciclo “Il potere e la vendetta”, Nathan Never 384/386
Quasi come la fiamma che si sprigiona dalla mano impregnata di potassio del prestigiatore, e che divampa subitanea per poi altrettanto velocemente spegnersi, così l’eco di Skotos nella vita e nei ricordi di Nathan Never apparentemente viene e va. Anche questa parabola discendente è delineata da Angelina Terango le cui reali motivazioni, fino a quel momento nascoste in fondo ad un segreto, una volta perso di mordente trascinano con sé un’indagine che prometteva scintille.
“L’Alfa deve rinnovarsi completamente.”
“L’indagine su Aristotele Skotos è archiviata per sempre.”
“Guardati…e guarda anche me. Abbiamo un’età che un tempo sarebbe stata giudicata avanzata, eppure non abbiamo perso il nostro vigore. Abbiamo sconfitto anche il tempo.”
“[…] figlio nato dallo stupro di Aristotele Skotos.”
“Dobbiamo guardare avanti, Janine…e stare uniti.”
In realtà, anche rimestare sul fondo di acque limacciose può condurre a portare a galla qualcosa di (relativamente) interessante: se infatti da un lato c’è la base orbitante di Skotos, che finalmente apre al mondo le porte delle sue ricchezze, dall’altro ci sono May – il cui richiamo del sangue prende il sopravvento sulle promesse matrimoniali -, Sada e Kal – che how conveniently si ritrovano in mano tutte le carte in regola per “riprendersi tutto quello che è il loro” (semi-cit.) – e c’è infine Nathan – che inizia a fare i conti con il destino di Elania e contemporaneamente a prendere più di petto il ruolo di Direttore dell’Agenzia Alfa, impostando una linea d’azione che si pone in sostanziale contrapposizione rispetto a quella “continuità nel rinnovamento”, sbandierata all’epoca da Solomon Darver.
Lo scenario è ovviamente ben più ampio e articolato, e come ogni opera che si rispetti arpiona pezzi di passato e getta in pasto al lettore brandelli di futuro: ecco quindi da un lato Jean-Pierre Bisiach, che può in qualche modo trovare la sua closure con Sada Anakris/Skotos e il loro passato assieme; dall’altro, il detective Spade degli Affari Interni, la cui somiglianza con Robert Mitchum nasconde ben più di un’insidia per il futuro di Nathan.
Seguendo il filo dei titoli degli albi, oltre che lo strillo di questo terzo e ultimo ciclo centrato sulla figura del predicatore, il character di Sada acquista finalmente una tridimensionalità che finora le era stata negata, dimostrando che – nonostante tutto – anche nel caso di Skotos si può per certi versi applicare il famoso adagio secondo cui “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”. C’è a questo proposito da chiedersi se sia stato più il cuore di Sada a battere per quello di Skotos, o viceversa. Quel che è certo è che Sada ha saputo indossare con estrema eleganza le sue più intime e profonde cicatrici, arrivando anche lei a nascondersi in fondo ad un segreto per accettare la crescente schizofrenia del consorte. Quello di Sada è però un segreto impostole dallo stesso Aristotele, e chiuso persino a lei stessa fino ad un attimo dopo il punto di non-ritorno.
Per il resto, la figura di Skotos la fa da padrone su entrambi i versanti temporali dell’intreccio, e non potrebbe essere altrimenti, data la necessità di sciogliere i nodi, fugare dubbi e ipotesi, e giungere infine ad una sorta di punto di contatto tra queste due facce della stessa moneta. Dal rogo della sua casa natale, a quello della magione della famiglia Anakris, passando per le metaforiche fiamme dell’acido da cui è fortunosamente scampato, sono non pochi i ricorsi storici che ne hanno caratterizzato l’esistenza. Il risultato è quel connubio di sete di potere e vendetta, direttrici lungo le quali l’ascesa di Skotos si sviluppa in tutta la sua violenza e arroganza, restituendoci anche qui un villain dallo spessore più definito, e la cui amoralità promana priva di vincoli di sorta – è verosimile pensare che gli stessi autori avrebbero avuto anche solo pochi anni fa qualche scrupolo in più a lasciarsi andare ad una caratterizzazione così estrema.
A conti fatti la complessa macrotrama che Vigna sta portando avanti – una sorta di Vignaverse, tanto per scimmiottare un modo di dire alquanto in voga negli ultimi tempi – non sembra entrare più di tanto in contatto con questi tre cicli di storie. In realtà la contaminazione si fa sottile, gioca di sponda mentre l’inattesa fiamma di Skotos esplode tra le mani di Nathan & Co., apparentemente destabilizzando l’incedere della trama orizzontale; i semi gettati nel corso degli ultimi anni maturano ai margini del campo visivo – come la presenza di Steven Ross nel board dell’Alfa – mentre, alla guisa appunto di un prestigiatore, l’attenzione viene sapientemente sviata… e la non perfetta gestione di Kal Skotos fa paradossalmente l’effetto della bella assistente che attira su di sé gli sguardi del pubblico.
Max Bertolini ci accompagna lungo tutte e le tre le parti del ciclo ambientate nel presente dei personaggi, con la sua usuale commistione di stili che privilegiano ora un tratto pulito, ora delle inquadrature appesantite da fondali deformati e retinati. Dante Bastianoni ha il compito di chiudere il cerchio, o meglio far incontrare le estreme propaggini delle due narrazioni nell’ultima parte del terzo albo. Romeo Toffanetti prende invece su di sé l’incarico di introdurre Sada Anakris (da notare come, leggendo quel cognome al contrario, venga voglia di chiedere informazioni) nella vita di Aristotele: l’autore riesce a rendere in maniera eccellente l’esplosione di contraddizioni che solo l’adolescenza può esprimere, adagiando l’una accanto all’altra sensualità, l’innocente gingillarsi delle cotte inconcludenti, voglia di indipendenza, rabbia lucida, e amore al di sopra e al di fuori di ogni preconcetto morale. A latere, Giardo ci elargisce in ciascuna delle cover una panoramica del lavoro del dentista di Skotos.
Riprendendo a grandi linee i punti trattati nei prodromi, Vigna compie un atto di coraggio – o forse semplicemente non se ne cura come ci si aspetterebbe – applicando alla cronologia neveriana il normale scorrere del tempo senza cercare giustificazioni di sorta. La battuta di Sada sul finale, unitamente alle dichiarazioni dell’ex-capitano Shepard sui progressi della scienza che permettono di ritardare l’invecchiamento, appaiono infatti elementi troppo posticci, nonchè scarsamente coerenti con il rimanente processo di world building che da sempre caratterizza la dimensione narrativa ed editoriale dell’agente speciale Alfa. La stessa Agenzia, dal canto suo, continua ad essere presentata al lettore come un’azienda che si regge su un gruppo sparuto di dipendenti, nonostante Vigna si preoccupi di parlare a più riprese di ranking delle agenzie di sicurezza e vigilanza, piani governativi di finanziamento e incarichi importanti non presi per dare la caccia al fantasma di Skotos; in questo senso, la sequenza dell’assemblea del personale (di cui Nathan non era stato messo al corrente?) ci mette del suo per continuare a suggerire questa ormai atavica incongruenza – senza ovviamente contare il fatto che la presenza di Link è sempre più un orpello, quasi un contraltare al massiccio impiego dell’androide sui testi di Vietti fino a poco più di una decina di anni fa. In aggiunta, la presenza di un triumvirato a capo dell’agenzia è ancora di là dal mostrare i suoi frutti, sebbene la Storia insegni come questa forma di governo non abbia mai saputo trarre vantaggio dalla sua intrinseca dinamica di equilibrio – il buon vecchio Giulio Cesare ne sa qualcosa, senza contare una certa dimensione inferica dalle parti della DC.
Tutto per dire che ogni cosa sembra indicare come Nathan Never sia sull’orlo di un cambiamento forte, nella sua figura come nelle sue azioni: forse una sua versione più dark è quello che servirà per ergersi di fronte al ripresentarsi di un’antica minaccia sotto nuove forme? Non il Nathan che volevamo, ma quello che ci meritiamo?
L’ultima, prevedibile domanda che ci si pone è: “perché?”
Sullo stesso argomento:
Aristotele Skotos: i prodromi del villain
Ricordando Skotos, pt. I
Ricordando Skotos, pt. II