Quello di Gianmaria Contro è un nome legato ormai da oltre vent’anni a doppio filo con la Sergio Bonelli Editore: basti pensare a lui come il curatore della collana Le Storie. Contro ha anche coadiuvato Alfredo Castelli per la parte redazionale di Martin Mystère e, a seguito della dipartita del BVZA, è ora lui a occuparsi degli approfondimenti che impreziosiscono gli albi della serie mensile.
Più limitata è l’attività di Contro come soggettista e sceneggiatore – al contrario di quella come giornalista e saggista – tant’è vero che questa è la sua prima storia come autore completo per il Detective dell’Impossibile. Per l’occasione, Contro affonda a piene mani nel fertile humus dello spiritismo, inserendo da un lato numerosi riferimenti a opere legate a vario titolo a tale àmbito, e dall’altro lato contaminandolo con ulteriori spunti che vanno dal giallo all’horror al fantastico.
Ecco quindi che un enigma del tipo “whodunit” ha luogo nel famoso Stanley Hotel di shining-iana memoria, con gente dal quantomai casuale nome di Dana Barrett, o dalle fattezze di Shelley Duvall, che interagisce con esperti dell’occulto dalla fisionomia (vagamente?) riferibile a quella di Gustavo Rol – tra l’altro, già omaggiato anche sulle pagine di Dylan Dog – che brandiscono rilevatori di fluttuazioni nell’aura bioelettromagnetica (what else?) di spengleriana memoria. Nel mentre, nel classico sotterraneo segreto una altrettanto classica “macchina impossibile” opera per creare qualcosa che sembra un fantasma ma non è, e di certo non induce nemmeno allegria – ma un po’ di tristezza sì, alla fine.
La storia gioca con estrema nonchalance con registri ai limiti del “sopra le righe”, quando i vari personaggi (Martin e il parapsicologo Ombrellieri su tutti) sembrano agire come se fossero consapevoli di trovarsi in una storia fittizia che aggiunge e mischia tra loro toni e livelli narrativi differenti. Questo influisce non poco sulla capacità dell’intreccio di incedere con naturalezza, nonostante gli spunti si susseguano con un ritmo agevole e la gestione della tensione sia ben calibrata – frutto anche della capacità di elaborare in maniera efficace gli spunti di partenza. In aggiunta, il comportamento di alcuni dei soggetti coinvolti lascia presagire abbastanza facilmente il twist che li riguarderà da vicino, mentre in altri casi le reazioni che i vari personaggi registrano di fronte ad eventi inspiegabili – reazioni giocate più su un approccio per sottrazione – risultano alquanto verosimili, aumentando così l’empatia da parte del lettore.
Rimane invece un po’ convoluto l’aspetto relativo alla citata “macchina”, dove l’autore omette più di quanto non dica, per cui le pur fascinose suggestioni riguardanti il tema del doppio, i tachioni e Adolfo Bioy Casares rimangono sospese forse leggermente più del dovuto.
Da notare a tale proposito come il racconto con protagonista Morel sia alla base anche di un recente DYD bis, mentre la tematica del doppelgänger è stata trattata a queste stesse coordinate – con un approccio non esaustivo, ma di certo più essoterico – non più di qualche mese fa.
L’operato di Alfredo Orlandi è in generale solido: non ci sono eccessive sbavature e, sebbene non indulga nell’uso di mezze tinte, rimane buona la resa “in soggettiva” degli ambienti dello Stanley Hotel, così da accentuarne la deriva liminale. La stessa solidità di cui sopra conferisce d’altra parte alle tavole un marcato senso di staticità, che pure le sequenze di azione concitata non riescono a smorzare; ne giovano però i momenti di suspence, che a volte danno l’impressione quasi come di singoli fotogrammi fuori posto all’interno di una pellicola: durante la proiezione l’occhio non li nota, ma il cervello registra inconsciamente una sensazione di sottile inquietudine.
In definitiva, sebbene sia forte la sensazione di prodursi ancora una volta nel classico giudizio “l’autore esordisce con una storia che non si discosta di molto dal classico canone del personaggio”, il fatto che Contro faccia parte da tempo della redazione di Martin Mystère fa quasi pensare che la peculiare impostazione della storia sia una scelta voluta.
Il fatto di giocare con i vari registri narrativi (a volte su terreni alquanto scivolosi), la completa assenza di Java, il tentativo di assommare più suggestioni riconducibili bene o male ad una radice comune, rimandano all’idea di chi sappia bene come funziona il gioco, ma fondamentalmente solo dal punto di vista teorico, e che abbia voluto declinare il tutto secondo un gusto personale che però manca ancora del cosiddetto “mestiere”: un’opera d’esordio la quale, più che di “già visto”, testimonia piuttosto dell’impegno di uno studente preparato, ma che ancora non si è davvero sporcato le mani sul campo.
Martin Mystère n.419 “La stanza 217”
Martin Mystère n.420 “Il ballo dei morti”
di Gianmaria Contro e Alfredo Orlandi
16x21cm, 96 pagine, b/n, 4,90€ cad.
Sergio Bonelli Editore, Gennaio – Febbraio 2025