In questo nuovo articolo per la rubrica Cinema & Fumetti, mi lascio trasportare dai sentimenti e scrivo su alcune sensazioni, piuttosto che su un fumetto o film (che non mancheranno di arrivare).
Il rapporto tra cinema e fumetti è diventato, negli anni, sempre più stretto e significativo, trasformando due forme d’arte in un binomio indissolubile che ha influenzato profondamente la cultura pop.
I fumetti, fin dalla loro nascita, hanno affascinato i lettori con la sapiente capacità di raccontare storie visive potenti, spesso caratterizzate da supereroi, mondi fantastici e tematiche che spaziano dall’intimo all’epico. Il loro linguaggio grafico, combinato con narrazioni concise, li rende una fonte ideale per l’adattamento cinematografico. Da un punto di vista visivo, i fumetti forniscono una base già strutturata: storyboard dettagliati, design dei personaggi e ambientazioni stilizzate che possono essere tradotte sul grande schermo con un alto grado di fedeltà.
Il cinema, a sua volta, ha ampliato l’influenza dei fumetti, portando personaggi e storie a un pubblico molto più ampio. Negli ultimi decenni, infatti, l’industria cinematografica ha riconosciuto il potenziale commerciale e narrativo dei fumetti, generando una serie di blockbuster che hanno ridefinito il cinema moderno.
Film come quelli del Marvel Cinematic Universe o il DC Comics Universe hanno dimostrato che le pellicole tratte da fumetti non solo possono avere un enorme successo al botteghino, ma possono anche essere apprezzate dalla critica per la loro profondità tematica e complessità narrativa.
Tuttavia, il rapporto tra cinema e fumetti non è privo di tensioni. Uno dei principali dibattiti riguarda la fedeltà agli originali: mentre alcuni registi e sceneggiatori cercano di rimanere il più fedeli possibili alla fonte, altri adottano un approccio più libero, reinterpretando e adattando le storie per meglio adattarsi al mezzo cinematografico o per rivolgersi a un pubblico più ampio. Questo meccanismo può facilmente portare a delle critiche, sia da parte dei fan dei fumetti (che vedono tradite le loro aspettative), sia da parte di coloro che presentano alcune trasposizioni cinematografiche come un appiattimento delle complessità presenti nei fumetti stessi.
Un altro aspetto interessante è come il successo del cinema abbia influenzato il mondo della nona arte. Alcuni fumetti moderni, infatti, sono scritti con l’intenzione di essere facilmente adattabili per il cinema, con storie e personaggi creati pensando già alla trasposizione sul grande schermo.
In sintesi, il rapporto tra cinema e fumetti è un dialogo continuo e in evoluzione. Entrambi i media si influenzano a vicenda, arricchendosi e, talvolta, scontrandosi. Questo interscambio non solo ha portato alla creazione di opere memorabili, ma ha anche contribuito a ridefinire ciò che significa narrare storie visive nel XXI secolo.
Il dilemma etico-estetico
Il vero dilemma nella trasposizione da fumetto a film sta proprio nel trovare un equilibrio tra etica ed estetica.
Spesso le scelte estetiche possono influenzare l’etica dell’adattamento e viceversa. Per esempio, un film che punta su un’estetica estremamente spettacolare potrebbe perdere il messaggio più profondo o critico del fumetto; au contraire, un adattamento che rispetta fedelmente il contenuto tematico potrebbe non riuscire a sfruttare appieno il potenziale visivo del cinema.
Un esempio emblematico è Watchmen (2009), il film diretto da Zack Snyder, basato sul fumetto di Alan Moore. Mentre Snyder è riuscito a ricreare esteticamente molte delle tavole del fumetto, alcune critiche sono state mosse per il suo approccio al messaggio tematico: il film è stato accusato di enfatizzare troppo l’aspetto visivo e l’azione a scapito della critica sociale e politica presente nell’opera originale.
Non di meno, per fare un paragone nostrano sul rapporto etico ed estetico tra cinema e fumetti, mi piace ricordare l’esperienza di Igort.
L’autore sardo, figura poliedrica, ha realizzato nel 2022 un fumetto dal titolo 5 è il numero perfetto, un graphic novel con forti tinte noir ambientato a Napoli, caratterizzato dal suo tratto distintivo nella parte grafica. Qualche tempo dopo Igort ha deciso di realizzare un film tratto dall’omonimo fumetto, cercando di ricreare in chiave filmica ciò che aveva disegnato su carta. L’esperimento che ne deriva è una forte connotazione artistica che racchiude in sé il binomio (quasi) perfetto tra le due arti e la sintesi di come l’estetica del fumetto possa essere trasposta al cinema con sapienza e fedeltà agli originali.
Da precisare, perché molto importante, che – in questo caso specifico – l’autore del film è lo stesso del fumetto (ce ne saranno altri in Italia: Gipi, AkaB, Recchioni ecc.) . Ciò decreta la finalità, oltre che la conoscenza, della lungimirante visione complessiva che Igort ha potuto instaurare con gli attori e lo staff coinvolto non solo nella produzione del film ma, e soprattutto, nella restituzione visiva dell’opera.
L’immagine che ho messo a comparazione tra una vignetta del fumetto e una scena del film è emblematica di come l’etica e l’estetica siano parte della stessa medaglia.
Mi sono limitato a citare un paio di esempi su questo aspetto proprio per non dilungarmi in qualcosa che poteva diventare tedioso verso i lettori.
Mi preme anche precisare, soprattutto quando si parla di cinema estetico e della filosofia dell’immagine, che questo mondo dei cinecomics appartiene ad un universo a sé: sarebbe inutile e pressoché ingiustificato fare un paragone tra un film degli Avengers e Sussurri e grida di Ingmar Bergman, per intenderci.
Ma, alle volte, una piccola precisazione è segno di grande raffinatezza culturale.