
Dieci giorni fa siamo andati a Torino Comics.
Siamo entrati, siamo usciti.
L’articolo potrebbe finire qua.
Il parere di Luca Cerutti
Tutti gli anni sono in imbarazzo. Ha senso chiedere l’accredito stampa quale recensore di fumetti per una fiera che da anni ha “Comics” solo nel nome?
Ha senso chiedergli di farmi entrare “aggratis” per poi criticarli?
Dove sta la sottile linea tra dovere di informare, diritto di sbattersene, voglia di entrare senza scucire il quattrino?
Non lo so: tutti gli anni sono in imbarazzo.
Sarò sincero, quest’anno ci speravo un po’ di più. O, meglio, ho cominciato a sperarci quando hanno cominciato ad essere annunciati incontri con autori di un certo prestigio: Giorgio Cavazzano, Silvia Ziche, Leonardo Ortolani, Corrado Mastantuono, Marco Gervasio e via dicendo.
Rispetto al deserto degli altri anni ero pure arrivato ad aneliti di ottimismo: “Magari ci saranno editori” e “Magari avremo anteprime”.
Ahahahahahahah. No.

Niente, il solito Torino (non) Comics che da anni attira una folla di giovani interessati a vedere – o esibirsi come – cosplayer, nonché dimostrare la loro passione per gadgets, videogames e Pop Culture.
Un’identità ormai chiara e scolpita e di cui non trovo motivo per vergognarsi, visto che i numeri ogni anno li fa, ma che ci si affanna a truccare.
Facendolo, diciamolo, non benissimo. Quest’anno c’erano sì gli autori di fumetti, c’era sì un palco dedicato con tanto di moderatori, fonici e ufficio stampa interno.
Ed era esattamente a fianco della-mini arena del wrestling. Così, ad ogni domanda dei moderatori, non sempre all’altezza del ruolo, seguiva la risposta degli intervistati sottolineata dal fragoroso tonfo di un wrestler e dalle urla del pubblico di appassionati. Una mirabile sincronia che ha, se vale il linguaggio del corpo, infastidito più di un invitato.
Insomma, Torino (non proprio) Comics avrebbe ancora molta strada da fare prima di tornare a qualificarsi come tale e, onestamente, mi chiedo se ne valga la pena.
Mi chiedo se non sarebbe meglio essere sinceri con sé stessi (io per primo) e chiamarla Torino Pop Market.

Il parere di Massimo Cappelli
Avrebbe potuto essere un nostro articolo da Primo Aprile, oppure una pagina non troppo riuscita dell’ottimo Lercio: un Salone del Fumetto che non preveda la presenza di un solo fumetto…
Avrebbe potuto trattarsi di un ardito esperimento post-moderno, oppure dell’opera di qualche geniale burlone: certo è che quest’anno Torino Comics ha veramente toccato le vette dell’assurdo.
Le avvisaglie c’erano già state nelle precedenti edizioni, e più volte si erano ripresentate, ma quest’anno ad illuderci sono state le presenze annunciate di grandi artisti come Cavazzano, Ortolani, Mastantuono, Frezzato, Alberti, Ziche, tutti impegnati in incontri con il pubblico e disponibili per la realizzazione di sketch e dediche…. Solo che letteralmente non si trovavano i loro fumetti da acquistare per farseli dedicare.
Un paradosso evidente.
Che le case editrici preferiscano altri momenti per la vendita diretta al pubblico possiamo anche capirlo, e difatti erano presenti in massa al Salone del Libro tenutosi sempre al Lingotto di Torino qualche settimana prima… Che per le fumetterie non sia conveniente affittare uno stand per trovarsi circondati da games e paccottiglia è intuibile, ma che a Torino Comics non si trovi neanche un fumetto ci pare veramente incredibile…. E non si tratta della solita invasione dei manga: questa volta non c’erano loro, come erano assenti fumetti, comics, bandes dessinées ecc. ecc. ecc.
La manifestazione – per continuare nell’assurdo – è pure stata un successo: folle di visitatori, senza particolari problemi di circolazione all’interno dei padiglioni, atmosfera serena e rilassata… Ma con un’unica avvilente assenza…
Di fronte ad un vuoto così deflagrante non ci resta che suggerire agli organizzatori un nuovo nome: Tori(no) Comics… Ci vediamo in Piazza Madama Cristina a novembre, che è meglio…

Il parere di Marco Gremignai
Cosa aggiungere alle dotte argomentazioni dei miei due colleghi? Assolutamente niente.
Anzi, no: essendo partito appositamente in treno da PISA all’ALBA, posso garantirvi che il giramento di pale eoliche per la mancanza di fumetti era ancora più accentuato… Va beh, quanto meno – grazie all’accredito stampa – mi sono risparmiato i 18 (DICIOTTO) euro da sborsare per i normali visitatori, ma che qualcosa non andasse per il verso giusto me ne sono accorto dopo pochi minuti dall’ingresso al Lingotto: e cioè quando ho visto il Maestro Cavazzano tutto solo al suo stand. Possibile che non ci fosse la fila a farsi firmare albi, disegni, schizzi, la qualunque? Possibile, certo: mancava la materia prima… Inoltre, ho avuto la sensazione (sgradevolissima) che la fiumana di gente che continuava a passare di lì non sapesse – letteralmente – chi fosse Cavazzano: i più giovani perché non leggono Topolino, i meno giovani perché non hanno mai saputo chi fosse a scriverlo e/o a disegnarlo (pensando magari che fosse tutta opera di Walt Disney… D’altronde, non c’era il suo nome all’inizio di ogni storia?).
E niente, la prossima volta ci penserò due volte a farmi dieci ore di viaggio tra andata e ritorno e mi limiterò a spostarmi di 25 km per visitare Lucca Comics & Games: dove, almeno, da qualche anno al nome della fiera è stato appunto aggiunto “Games”; dove se volessi vedere i cosplayer, posso farlo gratis per strada; dove se fossi un appassionato del lontano Oriente, posso visitare l’Area Japan…
(PS: un applauso a Ortolani che è riuscito a fare cabaret prendendo a pretesto le urla dei fan del wrestling, che continuavano a rendere incomprensibile ciò che veniva detto dagli intervistati in sala stampa)