“Zorro. D’entre les morts”
di Sean Murphy

Qual è il senso di Zorro nel Messico odierno in preda ai narcotrafficanti?

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6/10

Nonostante il potenziale, a dispetto del suo alter-ego cinematografico Zorro non mai avuto vita facile nei fumetti: non se ne ricordano versioni memorabili (ad eccezione di quella di Alex Toth).

Sean Murphy, che in tempi recenti ha dato nuova linfa al mito di Batman, ha suscitato aspettative purtroppo disattese (a detta di chi scrive). Non si discute la padronanza grafica dell’autore, né l’idea di partenza, che non si riassume – come confessato dallo stesso Murphy – nell’immagine di uno Zorro spadaccino sul retro di una macchina lanciata a tutta velocità.

Nel dias de los muertos, due fanciulli vedono morire il padre, mascherato da Zorro, sgozzato sulla piazza pubblica dai narcotrafficanti locali per placare tutte le velleità di rivolta di un paese terrorizzato: la figlia finirà autista dell’assissino paterno, mentre il fratello si chiuderà in un mutismo dal quale uscirà, dopo l’ennesimo omicidio degli stessi killer, in sella ad un cavallo con un eloquio ottocentesco ed una maschera sul viso. Murphy crea materia, ma non la sostanzia.

La psicosi infantile si perde nell’ennesimo vano susseguirsi di scazzottate, la spada come unica variante, mentre l’omosessualità della sorella sembra messa lì apposta per accontentare tutti (e infatti si rivela presto un aneddoto ininfluente).

Tutto scorre lungo binari noti. Non si può certo incolpare il formato: Frank Miller ha dimostrato a più riprese come anche la ventina di pagine di un comics possono dare adito ad approfondimenti psicologici non scontati o, se si vuole, semplicemente a una storia avvincente.

Quel che qui non accade, nonostante tutta la buona volontà sia dell’autore che del lettore.

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Vasco Zara

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