Asterix n.40 “L’iris bianco”

E se l’attitudine zen fosse l’arma con la quale venire a capo degli irriducibili Galli?

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8/10

La prima vignetta della prima pagina di questo 40° albo di Asterix sorprende, nel suo porsi in medias res e nella contrapposizione comica con la successiva, ed è una promessa mantenuta.

Fabcaro (al secolo Fabrice Caro) è un autore proveniente dall’area indipendente – ma il suo Zaï zaï zaï zaï del 2015, inedito in Italia, è stato un enorme successo di pubblico e di critica, cui sono seguiti pure un adattamento teatrale e uno cinematografico. Chiamato alla ribalta dopo che lo sceneggiatore titolare della serie, Jean-Yves Ferri, aveva espresso il desiderio di una pausa per dedicarsi a progetti personali, Fabcaro dimostra di aver appreso la lezione di René Goscinny: nei richiami tematici (lo zen al posto della zizzania – Asterix n. 15, 1970, ma non solo), nelle strizzate d’occhio alla modernità (gli ingestibili monopattini), nell’umorismo che nasce dal ribaltare repentinamente – da una vignetta all’altra – scene, dialoghi e posture (formula classica ma sempre efficace, di cui Asterix e Obelix sono la personificazione) e nella stratificazione semantica capace di rivolgersi a grandi e piccini al di là dei confini transalpini (anche in Gallia i “treni” arrivano in ritardo…).

La storia procede lineare, ma non la struttura narrativa: le gag arrivano al momento opportuno, senza stabilirsi pedissequamente a pié di pagina (come invece in Asterix e il papiro di Cesare, 2015). Sorprendono allora, meno positivamente, alcune scelte grafiche di Didier Conrad – successore designato dallo stesso Uderzo – che se da un lato ha ormai fagocitato il tratto morbido della tradizione, innovandola in rare ed efficaci tavole notturne, eccede invece nello staticismo proprio quando la scena-madre richiederebbe il contrario: l’attesa rissa con i Romani.

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Vasco Zara

«Mi disseto un momento e cominciamo subito»

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