“Il déserte. Georges ou la vie sauvage” di de Caunes & Coste

L’isola deserta, i sogni infranti e la comprensione di un figlio verso le chimere paterne

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Il titolo è un gioco di parole tra « il déserte », lui diserta, e « île déserte », l’isola deserta.

Nel 1962 Georges de Caunes, noto presentatore televisivo, abbandona moglie e figli per realizzare un sogno giovanile: vivere in un’isola deserta, moderno Robinson Crusoe, specchio di una condizione sociale e occidentale alla deriva di cui darà conto ogni giorno via radio. Dell’anno preventivato resterà quattro mesi, falciato non dalla solitudine ma da 16 kg in meno e da tutto quello che i sogni non dicono: le mosche, l’arsura e l’aridità che privano il pensiero e rendono estenuante il quotidiano. A raccontarlo è il figlio Antoine, umorista, scrittore, attore e regista, inseguendo tre direzioni: il sentirsi abbandonato all’età di otto anni, le emissioni radiofoniche e il diario, dissonante rispetto alla narrazione pubblica, che il padre tenne nell’isola. Ai pennelli – e accreditato anche alla sceneggiatura – c’è Xavier Coste, conosciuto in Italia per il pluripremiato adattamento del 1984 di George Orwell (Ferrogallico, 2021).

Se i ricordi di Antoine-bambino sono resi con retini e sfumature di grigio (unica nota di colore, il rosso dell’immancabile gilet senza maniche), l’isola è un tripudio di colori – a dispetto dell’inferno che fu – dove palpabile è la gioia di giocare e sperimentare con matite, tempere, acquarelli. È questo doppio richiamo cromatico all’infanzia, triste nel vissuto, estatico nell’immaginario, a rivelare che il figlio non salda i conti col padre, ma gli offre qualcosa di più prezioso: la comprensione di un adulto verso l’adulto che fu il genitore. E il messaggio si fa allora universale.

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Vasco Zara

«Mi disseto un momento e cominciamo subito»

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