I testi sono di Shiro Tosaki e, per diversi aspetti narrativi, differiscono dalla scrittura di Jirō Taniguchi (che ben conosciamo per opere importanti come L’uomo che cammina e Ai tempi di Bocchan).
La storia segue K, un enigmatico e solitario alpinista che affronta sfide estreme in scenari naturali mozzafiato, principalmente montagne imponenti e deserti ghiacciati. Ogni capitolo presenta un’avventura autoconclusiva, legata da un filo conduttore: la ricerca di K della sua identità e del senso della sua esistenza attraverso prove fisiche e spirituali.
Gli ambienti naturali diventano quasi un personaggio a sé, e il lettore è immerso nella bellezza e nella durezza del paesaggio montano, che rappresenta il luogo in cui il maestro giapponese dà il suo contributo nell’apparato grafico. Ed è proprio qui che esce ed emerge il grande punto di forza di K: Taniguchi cattura con precisione e attenzione i dettagli della natura, rendendo i paesaggi montani quasi tangibili. La composizione delle tavole è equilibrata e pulita, trasmettendo una sensazione di vastità e isolamento.
In sintesi, K è un’opera che unisce bellezza visiva e profondità emotiva, offrendo un’esperienza di lettura unica per chi cerca un racconto che va oltre l’azione, esplorando temi esistenziali e filosofici.
Taniguchi non si limita a descrivere l’azione dell’arrampicata o della sopravvivenza, ma esplora anche la filosofia e la psicologia del protagonista.
K è un uomo di poche parole, spesso taciturno, ma il suo silenzio parla della sua profonda connessione con la natura e del suo desiderio di sfidare i propri limiti.
Piccolo fun fact: il nome dell’autore Shiro, in giapponese, significa “bianco”. Penso che la dicotomia tra ambientazione e definizione sia appropriata e forse, chissà, la sua idea era proprio quella di regalarci un viaggio sulla neve, come una riconquista della purezza che questo mondo sta vedendo, progressivamente, andar via…