Les arts dessinés, bimestrale d’arte ma anche casa editrice, ripropone a distanza di vent’anni L’œil de la forêt, opera fuori catalogo che confermò il talento e la singolarità (dell’approccio cromatico più che del tratto, comunque personale) di Tom Tirabosco, autore svizzero inedito in Italia.
Una casa di campagna che si dice infestata, un paese che sa ma che tace, una bambina solitaria la cui amica più fedele è un uccellino, un padre esperto d’arte che studia quadri morbosi e si annega nell’alcol mentre la madre è lusingata dalle occhiate di un uomo di passaggio.
Su tutto pesa l’ombra antropomorfa di un demone-cervo il cui occhio fa capolino fin dalle prime pagine, in realtà una gioiosa scena d’erotismo bucolico. Senonché al gioco di sguardi fa sempre séguito un cambiamento di prospettiva che, alzandosi verso l’alto, pone il lettore al centro della vicenda, trasformandolo nell’osservatore di cui non si conoscono né fattezze né intenzioni. Ed è questo scambio di ruoli, del quale il lettore è vittima, a rendere l’atmosfera angosciante.
La lezione di sceneggiatura è altissima, così come la tecnica: le tavole sono realizzate con inchiostro calcografico, stampate su torchio, a cui Tirabosco applica poi densi pastelli a cera (il compimento si vedrà nei successivi Kongo e Wonderland, dai toni grigi sopraffini).
Peccato che la conclusione arrivi presto, a causa forse di un formato – le 64 pagine della bédé – vent’anni fa più vincolante di oggi. E infatti le tavole schizzate a matita presenti in appendice lasciano intravedere approfondimenti psicologici che avrebbero ulteriormente impreziosito la narrazione.