Stacy, l’ultima graphic novel di Gipi (pubblicata nello scorso autunno da Coconino Press/Fandango), racconta una storia decisamente inquietante, tra racconto biografico e thriller, partendo da un’esperienza personale dello stesso autore toscano, al centro delle polemiche nel 2021 per un breve racconto a fumetti pubblicato su Instagram e riguardante la violenza sulle donne.
Gianni è uno sceneggiatore televisivo che, dopo essere stato sulla cresta dell’onda, è incorso in un intoppo durante un’intervista rivelando che ha sognato di rapire una ragazza, Stacy, definita “burrosa”. Lo scandalo che ne consegue lo sprofonda in un’apparente schizofrenia: tra l’illusione di aver veramente rapito una ragazza e i dialoghi con la sua parte cattiva, un vero e proprio demone, riuscirà a riconquistare un’apparente normalità.
Gipi, adottando uno stile minimale e una gabbia fissa, inserendo pagine di sceneggiature scritte da Gianni o dialoghi ripetuti in maniera ossessiva (com’è il caso di Stacy, la protagonista assente), descrive un certo mondo televisivo e della grande comunicazione, divisi tra la Cancel Culture e il voyeurismo da Reality Show. Imperdibili ad esempio, per il loro vuoto esistenziale, le riunioni tra i creativi per delineare i programmi televisivi.
Un Gipi estremamente efficace che ritrae la nostra società senza fare sconti a nessuno, soprattutto a se stesso.