Prendete Adam Kadmon, Voyager, X-Files, MIB, The Blair Witch Project, Vostro Cuggino, un panetto di marijuana, due litri di sakè, due o tre volumi a casaccio di “E quasi magia Johnny” (mi rifiuto di chiamarlo con il suo titolo originale), e mescolate con abbondante colla vvvvvvvvinilica tirando occasionali sniffate.
Ecco, quello che avrete ottenuto sarà un pastone appiccicaticcio, tossico e potenzialmente letale e non certo Dandadan che è invece uno dei manga più meravigliosamente fuori di testa io abbia letto dai tempi di… boh, probabilmente sempre.
Andiamo con ordine: Momo Ayase è una vincente, bella, atletica, anticonformista, leader di una posse di “gals”; Ken Takakura è uno sfigato, occhialuto, magrolino, socialmente inetto. Secondo le regole del manga come da sempre codificate, i due sono destinati ad incontrarsi ed allacciare una imbarazzata relazione sotto lo sguardo attonito dei compagni.
Poi succede che una parola tira l’altra, si dicono cose che non si vorrebbero dire, gli alieni rapiscono Momo e vogliono sezionarla E farne una cavia sessuale, Momo sviluppa poteri extrasensoriali e li mena, un potente fantasma chiamato TurboNonna si impossessa di Ken e gli fornisce superpoteri ma nel contempo gli ha rubato “i gioielli di famiglia” e vuole ammazzare lui e Momo ma per fortuna la nonna di Momo è una potentissima esorcista con il corpo di una segretaria-modella quasi trentenne e insegna ai due imbranati ragazzini come combattere spiriti e alieni a suon di mazzate in faccia ed insulti grossolani.
Ve lo avevo detto che sarei andato con ordine, no?
Potrei scrivere per paragrafi e paragrafi di frasi sconclusionate e non riuscirei a rendere le assurdità di questo manga, ad opera della mente vulcanica (ed un po’ deviata) di Yukinobu Tatsu, che attinge ad ogni voce circolata nei circoli di ufologi e avvistatori vari e la incrocia con qualsivoglia leggenda metropolitana circoli nelle metropoli giapponesi tra studenti e casalinghe annoiate senza mai per un momento perdere il brio di una commedia adolescenziale con risvolti romantici in cui vengono però infilate alcune delle scene d’azione più potenti e leggibili degli ultimi anni.
La maestria di questo autore si dispiega nel prendere le cose più mondane e futili e svilupparle lungo la traiettoria più banale ma cominciando a premere sempre di più sull’acceleratore fino a che il treno deraglia e finisce su un’autostrada diretta verso l’assurdo.
Ma si dispiega anche nel dipingere personaggi che si rivelano più di semplici macchiette situazionali, a partire dai due protagonisti e dalla relazione che allacciano. Come ha notato per primo Andrea Peduzzi: anche in Dandadan si ritrova quella “nuova narrazione” dei rapporti sentimentali tra adolescenti che già si è vista in Non Tormentarmi, miss Nagatoro, in cui il rapporto tra adolescenti apparentemente diversissimi si sviluppa per il semplice motivo che entrambi sono, appunto, adolescenti diversi.
Personalità che stanno formandosi e che si sondano con curiosità attratte semplicemente dal fatto che “l’altro” provi interesse per “sé”. Attratte ancora, per fortuna, non da status o prestanza ma dalla persona.
Tutto questo, Yukinobu Tatsu, lo narra con una ottima capacità registica ed un tratto che, pur avendo qualche deriva un po’ troppo asettica nel delineare i personaggi, dà il meglio di sé quando si tratta di rappresentare l’occulto: variando da inquietanti alieni con volti da umano stereotipo fino ai mostri del moderno folklore che possono tranquillamente essere stati presi pari pari da quell’incubo che ricordavate nei minimi dettagli fino a dieci secondi dopo esservi svegliati.
Quindi ancora una volta tocca fare i complimenti a J-Pop che azzecca un manga che con la pura forza del suo entusiasmo e del suo gusto per l’assurdo ha fatto discreti sfracelli in patria e promette di bissare in Italia.