Riproponiamo l’articolo originariamente pubblicato nell’agosto 2004 sul portale storico di uBC. Nell’articolo sono presenti un paio di riferimenti agli Europei di calcio di quell’estate, in cui la nazionale italiana rimediò una ben magra figura (fu l’edizione dello sputo di Totti al danese Poulsen e del plateale “biscotto” tra Danimarca e Svezia).
Nella seconda metà degli anni ottanta, il cartone animato calcistico “Holly e Benji” spopolò in Italia conquistando una generazione di ragazzi, nonostante le (o, forse, a causa delle) improbabili evoluzioni aeree dei protagonisti, ben oltre la legge di gravità o le possibilità umane, ed una narrazione dall’incredibile lentezza, con decine di episodi (!) per narrare la finale di un torneo delle scuole medie.
Il manga originale di quella storica serie, realizzato da Yoichi Takahashi tra il 1981 e il 1988, è già stato pubblicato in Italia dalla Star Comics in 37 volumi. Quella che si è conclusa questo mese è, invece, una seconda serie del manga, autonoma da quella precedente, in cui sono narrate le vicende della nazionale giapponese al World Youth, campionato mondiale giovanile under 19. Uscita in Giappone tra il 1994 e il 1997, è costituita di 18 volumi (corrispondenti ai numeri 38-55 dell’edizione italiana curata da Star Comics), da cui negli anni ’90 sono tratti episodi per la televisione (ben più dinamici e moderni della vecchia serie) soltanto per gli eventi dei primi 7 numeri, fermandosi dopo la prima fase delle eliminatorie asiatiche.
A chi piacque il cartone animato e fosse curioso di scoprire come è proseguita la storia, questo manga è caldamente consigliato. La narrazione è avvincente (dimenticate la lentezza degli episodi classici!) e con una gestione molto efficace dei colpi di scena, spesso appena accennati numeri prima per poi essere ripresi in seguito. Purtroppo i dialoghi e le didascalie sono a volte imprecisi (alcune frasi hanno un significato errato).
Il titolo del manga rende merito al vero protagonista (a differenza della fuorviante sigla televisiva): Capitan Tsubasa, quello che si allenava tirando i rigori, non quello che si allenava parando i rigori ;-). Sono riproposti tutti i personaggi conosciuti sul piccolo schermo, naturalmente con il loro nome originale (per aiutare chi non ha letto il manga, tra parentesi riportiamo il nome nel cartone animato).
Riecco, quindi, il fuoriclasse Tsubasa Ozora (Oliver Hutton), il paratutto Genzo Wakabayashi (Benji Price), il fiero Kojiro Hiyuga (Mark Lenders), il fedele Taro Misaki (Tom Becker), l’ex malato di cuore Jun Misugi (Julian Ross), il carismatico Hikaru Matsuyama (Philiph Callaghan), il portiere del karate Ken Wakashimazu (Ed Worner), il simpatico Ryo Ishizaki (Bruce Harper) e tanti altri. L’autore, nel corso della serie riesce a dare spazio a tutti, curando molto bene le relazioni interpersonali dei cardini della squadra.
Tra questi ultimi, ne spicca uno inedito, creato per questa serie: Shingo Aoi, che unisce il talento di Misaki all’ironia e simpatia di Ishizaki. Nato con l’obiettivo di avvicinare il pubblico alla riscoperta dei grandi campioni apprezzati nella prima, classica serie del manga, Shingo cresce tecnicamente e spiritualmente, coronando il suo sogno di giocare al fianco di Tsubasa in nazionale e diventando fondamentale per la squadra. Aoi gioca in Italia e nelle sue peripezie nel Bel Paese emergono buffi ritocchi redazionali (vi dicono niente squadre come Interland dove gioca Aoi, Juvenile, Milano? O giocatori come Fullit, Varesi, Gaggio?) che però sono appena la punta dell’iceberg di tutti quelli che andrebbero fatti per la terza serie di Capitan Tsubasa, “Road to 2002” (attualmente in pubblicazione in Giappone), che si svolge tra i principali club europei, con stadi e calciatori reali. La serie sta incontrando, infatti, parecchi problemi di esportazione in Europa, a causa dei diritti di sfruttamento dei copyright dei marchi delle società calcistiche, dei nomi degli sponsor e dei calciatori, e l’eventuale pubblicazione in Italia non avverrà in tempi brevi.
Due prologhi aprono la serie “World Youth”. Il primo è dedicato al nuovo personaggio, Shingo Aoi, mentre il secondo è per Tsubasa, che da tre anni ha coronato il sogno di giocare in Brasile sotto la guida di colui che gli ha insegnato il calcio: Roberto Hongo (Roberto Sediño). La partita del suo San Paolo contro il Flamengo consegna a Tsubasa il titolo di campione brasiliano e un nuovo grande avversario, Carlos Santana, con il quale si dà appuntamento per la finale del World Youth.
La serie prosegue con le difficoltose fasi eliminatorie asiatiche (due), sotto la guida di un nuovo allenatore dai metodi di ferro, Gamo, e tanti colpi di scena e sorprese che mantengono sempre vivo l’interesse. Tanti i nuovi avversari lanciati dalla serie (molti dei quali ripresi anche in “Road to 2002”) spiccano, oltre al già citato brasiliano Santana, il cinese Shunko Sho, il portiere messicano Ricardo Espadas, l’uruguagio Ryoma Hino, lo svedese Stephan Levin e (in teoria, come diremo poi) l’olandese Bryan Kraifort. E gli italiani? Rappresentati dall’arrogante Salvatore Gentile, non fanno una grande figura: gran catenacciari, neppure superano il primo turno della fase finale del World Youth (vi ricorda i recenti Europei di Portogallo 2004? E’ solo un caso…), ma escono ugualmente tra gli applausi pur perdendo 4-0 col tanto denigrato Giappone… mah!
La narrazione diventa eccessivamente concitata, purtroppo, proprio quando si giunge alla fase finale del World Youth: l’occhio è concentrato soltanto sul Giappone, mentre le squadre avversarie (tra cui la Germania, Francia e Argentina, i cui elementi di spicco erano già stati conosciuti dai lettori e dagli spettatori televisivi qualche anno prima degli avvenimenti del World Youth) escono di scena senza che sia mostrato uno scampolo di partita. Anche i nuovi avversari introdotti nelle eliminatorie asiatiche (Arabia Saudita e Sud Corea) non sono più ripresi. La semifinale tra Giappone e Olanda (i giocatori del paese dei tulipani erano stati presentati più volte nella serie) è addirittura saltata di netto, rimpiazzata da un articolo di giornale.
Dopo tante peripezie, la serie si conclude con la vittoria del Giappone nell’annunciata finale del World Youth contro il Brasile guidato dal maestro di Tsubasa, Roberto Hongo. Una partita pirotecnica, in cui si raggiunge l’apice delle azioni improbabili (alcuni duelli, tiri e contrasti non avrebbero sfigurato in Saint Seiya o Dragon Ball). La prodigiosa guarigione di Misaki da un grave infortunio che lo aveva tenuto fuori dal World Youth è la svolta della partita (in postfazione l’autore dichiara di aver tratto ispirazione anche dalla finale dei mondiali americani del 1994: torna in mente il recupero miracoloso di Franco Baresi).
Yoichi Takahashi gioca fino alla fine per stupire il lettore: soltanto nell’ultimo numero entra in scena il brasiliano Natureza, il più forte avversario mai incontrato, la cui esistenza era stata accennata prima del World Youth e capace di oscurare, in pochi secondi dal suo ingresso nei minuti di recupero, quel Santana che sembrava l’avversario naturale di Tsubasa e di segnare a Genzo da fuori area (!), prima di perdere lo scontro decisivo e cedere il titolo di “re del calcio” al fuoriclasse giapponese.
Nell’epilogo, la serie si congeda con il matrimonio tra Tsubasa e Sanae Nakazawa (Patty), una storia d’amore ignorata dalla serie animata e che, nel manga, è condita di tanti buoni sentimenti e poco più, restando a margine, sullo sfondo, quasi un qualcosa in più, di superfluo. Tsubasa si ricorda di Sanae non tra una partita e l’altra, ma tra un campionato e l’altro. Questo fumetto è, del resto, prettamente sportivo, non un equilibrio di sport, scuola e sentimenti come le opere di Mitsuri Adachi. Gli atleti del manga vivono soltanto per giocare a calcio lealmente, sforzandosi al massimo, incuranti di spezzarsi le gambe (come Shunko Sho), i polsi (quelli di Genzo sono spesso rotti e sanguinanti) o di giocare con ferite fresche (contro il Messico, Tsubasa ha i punti di sutura all’addome!), tutto il resto di quello che è una vita normale non ci viene mostrato. Anche se persino un duro come Hiyuga comincia a intuire che esistono le ragazze…
Certo in questo manga la visione del calcio è spesso retorica o semplificata (con la sua frase preferita, “il pallone è un amico“, Tsubasa riesce a cambiare le scelte di vita dei suoi avversari), a tratti fantascientifica (il tiro mortale di Hiyuga raggiunge i 255 km orari di velocità!) o poco legata alla realtà, non solo per le azioni impossibili, ma anche per l’indotto calcistico, qui ignorato, fatto di diritti televisivi, doping, sputi, ingaggi stratosferici e crisi di bilancio, veline e letterine, presidenti megalomani, gomitate, processi… ma siamo sicuri che questo sia un difetto?
PS: cosa è successo dopo
Il manga di “Road to 2002” è terminato nel 2004 e resta tuttora inedito in Europa per i motivi riportati nell’articolo. In televisione qualche scampolo si è potuto vedere in “Holly e Benji Forever” (2001-2002), nuova versione della serie animata che ha ri-raccontato con una certa libertà (e scarsa spettacolarità visiva) la storia originale, aggiungendo alcuni sviluppi di “Road to 2002”. In seguito è stata rilasciata anche la serie animata “Captain Tsubasa” (2018-2019), nuova versione della storia classica, ambientata ai giorni nostri in termini tecnologici ma fedele all’originale. Come si capisce già dal titolo, per la prima volta sono utilizzati i nomi giapponesi di giocatori e squadre: una versione brillante quanto a ritmo narrativo, spettacolarità e trovate visive, ma che non arriva a raccontare le partite della nazionale giapponese. Il solo modo completo per scoprire le vicende del World Youth resta pertanto la versione manga.
Tutte le immagini sono (c) Yoichi Takahashi, Shueisha ed Edizioni Star Comics