Vista la buona riuscita dell’intervista a Jacopo Rauch del mese scorso, avevo pensato di continuare la panoramica sugli autori zagoriani con Marco Verni, nato a Forlì nel 1966 e anche lui arruolato dalla Bonelli una ventina di anni fa. Ben presto, però, le domande che riprendevano quelle rivolte a Rauch hanno spesso lasciato il posto a un’amabile chiacchierata senza peli sulla lingua…
Marco, innanzitutto grazie della disponibilità. Come ti descriveresti, in breve?
Grazie a tutti voi di uBC del riguardo che mi riservate. Ho un carattere un po’ difficile, sono schietto ed esprimo sempre quello che penso anche se questo non è sempre un bene, perché a volte si può urtare la sensibilità di chi abbiamo di fronte. Moreno (Burattini) mi considera lo Zagoriano “tipo”, nel senso che se una cosa non piace a me sicuramente non piacerà alla gran parte dei lettori… Il guaio è che ha ragione!
Zagor era il tuo fumetto preferito fin da bambino? E qual è il primo albo che hai letto?
A parte qualche albo di Topolino che non ricordo come fosse finito in casa mia, il primo fumetto che acquistai in edicola con la complicità di mia nonna fu un albo della Storia del West (“La grande sfida”, Collana Rodeo n° 76) e la molla che mi spinse a quella scelta furono gli indiani in copertina. In quel periodo ero affascinato dai pellerossa che avevo imparato a conoscere nei film western molto in voga sia al cinema che in TV agli inizi degli anni 70, e quelli nelle copertine della Storia del West di Gino D’Antonio erano veramente spettacolari: infatti mi feci comperare anche l’albo successivo (“Luna Comanche”) che considero tutt’ora il più bel fumetto che abbia mai letto.
E come sei arrivato a Zagor?
La Storia del West aveva uscite irregolari all’interno della Collana Rodeo e quindi non era presente tutti i mesi in edicola. Quando fu il momento di acquistare un altro fumetto, non trovando la SDW fui colpito da uno strano personaggio con un costume rosso che colpiva col calcio del fucile un paio di indiani: si trattava dell’albo n° 105 di Zagor (Zenith 156) “Le montagne selvagge”… Fu amore a prima vista e da allora non ho più smesso.
Come sei approdato al mondo del fumetto?
In maniera casuale e fortunosa. Come tantissimi lettori e appassionati di fumetto, sin da bambino ero affascinato dalle storie a fumetti che leggevo, provavo il desiderio di realizzarne delle mie…
Questa l’ho già sentita da Rauch – e da molti altri fumettisti, a dire il vero.
Purtroppo appassionarsi a qualcosa non vuol dire che hai le capacità o il talento per poterlo realizzare. Con alcuni amici della mia città, oltre a disegnare, realizzavamo svariate fanzine, alcune di un solo numero o poco più. Solamente nel 1995, all’età di 29 anni, provai incoscientemente e senza alcun senso critico a fare alcune tavole di prova per Kriminal.
Però!
Mi presentai a Lucca allo stand della Max Bunker Press e non trovai Luciano Secchi, bensì suo figlio Riccardo che – con molta gentilezza e competenza – mi fece capire che se a 29 anni disegnavo ancora così, forse quella non era la mia strada. Credetemi, fu molto gentile perché quelle tavole – che conservo nascoste per pudore – erano veramente dilettantesche e piene di errori che uno di quell’età (e che ambisce a fare il disegnatore di professione) non può permettersi.
A quel punto cos’è successo?
Per un paio d’anni riposi speranze e pennelli senza farne un dramma, finché una domenica pomeriggio del 1997, spinto da non so quale molla (probabilmente perché pioveva ed ero costretto in casa), provai a realizzare una breve storia di otto pagine con protagonisti Zagor e Cico. Quando la terminai, decisi di sottoporla a Moreno Burattini nell’ambito di una mostra di fumetti, ma i risultati furono gli stessi di due anni prima, con una differenza…
Cioè?
Moreno non fu lapidario, ma mi disse che tutti possono migliorare: ovviamente non bisogna continuare a fare quello che (non) si sa fare, ma bisogna evolversi, progredire e per farlo bisogna impegnarsi. Mi consigliò, se volevo cimentarmi con Zagor, di studiare il maestro Gallieno Ferri, di capire – magari col supporto di qualche professionista – le tecniche del disegno, l’anatomia, la prospettiva ecc. ecc.
E c’è stato subito un miglioramento?
No, le tavole che realizzai in seguito erano ancora molto scadenti, ma qualcosina si muoveva, qualche microscopico miglioramento si intravedeva e così – con l’aiuto di Moreno e i consigli dell’amico (e concittadino) Davide Fabbri, disegnatore di livello internazionale – riuscii ad apprendere qualche rudimento. A quel punto chiesi a Moreno se poteva passarmi qualche tavola di sceneggiatura, per poter vedere se ero in grado di tradurre in immagini i testi di qualcun altro.
Qual è stato il tuo battesimo del fuoco?
Moreno volle mettermi alla prova consegnandomi addirittura una storia breve di otto pagine (“La strega”), inedita in quanto non ritenuta idonea ad essere pubblicata – e quindi disegnata – e rimasta nel cassetto da diversi anni. Il fatto di trovarmi alle prese con una storia “vera” di Zagor centuplicò i miei sforzi e misi tutto me stesso nella realizzazione di quelle otto tavole… Ricordo che alcune vignette le ho ridisegnate 7/8 volte per cercare di farle sempre un po’ meglio.
Risultato?
Moreno fu soddisfatto dei miei sforzi e, nonostante fossimo entrambi consapevoli che la strada era ancora lunga e impervia, mi consigliò di fare altre tavole di prova e di sottoporre il tutto al giudizio della redazione della Sergio Bonelli Editore.
Quando ci siamo conosciuti a un raduno zagoriano, un paio d’anni fa, hai parlato del tuo “ingresso” in Bonelli davanti a numerosi testimoni… Ciò mi fa pensare che l’aneddoto sia quindi divulgabile anche ai naviganti di uBC. Vuoi raccontarcelo?
Quando mandai le otto tavole della ministoria “La strega” più altre tre tavole libere con ambientazioni zagoriane varie, Burattini non lavorava ancora in redazione e all’epoca non aveva alcun potere decisionale: si decideva se un autore poteva essere messo alla prova oppure assunto nelle periodiche riunioni che venivano fatte in redazione, a cui partecipavano i curatori di testata e i vertici della casa editrice. Quando Mauro Boselli, allora curatore di Zagor, mi telefonò il 2 agosto del 2000 mi disse che nella riunione in cui era stata discussa la mia assunzione nello staff di Zagor, tutti votarono NO, tranne lui che si astenne (per gentilezza nei miei confronti) e uno soltanto che votò SÌ.
Non esattamente un plebiscito…
Però quello che aveva votato “Sì” era Sergio Bonelli e quindi – anche se la cosa poteva sembrare poco democratica – fui messo alla prova e mi fu affidata la sceneggiatura de “Lo sciamano bianco”, che poi sarebbe divenuto l’Almanacco dell’Avventura 2003. In seguito venni a sapere che Decio Canzio (all’epoca braccio destro di Bonelli e direttore generale della casa editrice), perplesso della scelta, chiese a Sergio: “Ma sei proprio sicuro? Guarda che questo non è capace di disegnare!”
E quale fu la risposta di Bonelli?
Disse semplicemente: “Vedrai che impara!” Questo dimostrava che i collaboratori di Bonelli non avevano tutti i torti ad opporsi alla mia assunzione, ma lui era convinto che grazie alla mia passione (e al suo sostegno) ce l’avrei potuta fare. Non fu facile e all’inizio andai in crisi, perché effettivamente mi mancavano sia i rudimenti che l’esperienza per fare il professionista, ma Sergio mi rincuorò con abbondanti iniezioni di fiducia e pacche sulle spalle e io per non deluderlo ce la mettevo tutta. Controllò personalmente la mia prima storia, mi diede consigli però non mi fece rifare neanche una vignetta…
Neanche una?
Neanche una. Ricordo che Boselli (notoriamente e giustamente molto pignolo) insistette con Bonelli per farmi ridisegnare una donnina che a suo avviso era troppo brutta, ma la risposta fu: “Si sa che le donne del West erano brutte! Non ti preoccupare Marco, va benissimo così”. Spero di aver ripagato la sua fiducia.
È stato in quell’occasione che hai incontrato per la prima volta Sergio Bonelli o c’erano state altre occasioni?
Sergio Bonelli lo incontrai di persona per la prima volta nel 1986 a Lucca, ma in passato lo avevo già contattato per lettera e, come sua abitudine, mi aveva sempre risposto. Ricordo che, in una mia missiva del 1983, gli scrissi dicendogli che Guido Nolitta era il più bravo di tutti gli sceneggiatori (cosa che penso tutt’ora), molto di più di Berardi, G.L. Bonelli, Castelli e tanti altri e che mi accorgevo, quando nelle storie di Zagor veniva omesso il nome dello sceneggiatore, che non erano opera sua.
Tutti ci chiedevamo chi fosse questo Nolitta…
Esatto. All’epoca (tranne gli addetti ai lavori) nessuno sapeva che Guido e Sergio erano la stessa persona, e in quel lontano 1983 non capii perché assieme alla risposta di Sergio Bonelli (che disse di aver girato i miei complimenti a Nolitta) ricevetti in regalo anche un pacco di disegni originali di Ferri, Bignotti, Donatelli ecc. ecc. Probabilmente erano da parte di Guido Nolitta 🙂 In ogni modo, Sergio Bonelli ha sempre tenuto in gran considerazione i suoi lettori, soprattutto quelli più appassionati: e quando doveva scegliere qualche nuovo collaboratore gli capitava spesso di scegliere proprio tra questi, magari qualcuno ancora un po’ inesperto ma appassionato e innamorato dei fumetto come lo era lui.
E qui mi torna in mente che eri stato citato nella Posta di Zagor 300…
Sì, nella risposta al sottoscritto Bonelli diceva che avrebbe tenuto conto dei miei interessanti consigli (venivo definito lo Zagoriano “tipo”, appunto) per il futuro di Zagor e nell’albo successivo rispondeva a un certo Michele Masiero. Non ricordo gli albi in cui ha risposto a Moreno Burattini, ma sono stati sicuramente più di uno. Sono grato a Sergio Bonelli per l’aiuto che mi ha dato, per i sogni che ha saputo regalarmi da bambino e quelli che mi ha permesso di realizzare da grande.
Descrivi la tua giornata-tipo: in particolare, quanto tempo dedichi alla tua attività di disegnatore?
Alla mattina mi alzo abbastanza presto, preparo i figli per la scuola, accendo il computer curiosando e leggendo qualcosa ma evitando social network e forum per non arrabbiarmi e perdere troppo tempo. Verso le 9 comincio a lavorare, con tante pause, fino alle 13 poi ricomincio verso le 15.30 fino alle 19.30. Purtroppo (o per fortuna) il lavoro di disegnatore ti tiene lontano dal mondo e dalla gente e ogni tanto sento un po’ la stanchezza di stare sempre in studio da solo a lavorare, invidio quelli che oltre a disegnare riescono a trovare il tempo per fare mille cose…
Quali sono i tuoi “strumenti del mestiere” preferiti?
Sono iper-tradizionalista: disegno su strisce di cartoncino liscio Shoeller Durex 200 grammi, poi una volta finite tre strisce le unisco tra loro formando una tavola. Quando lavoro da solo, disegno a matita una striscia per volta e subito la ripasso a china con un pennello Winsor & Newton n° 2. Purtroppo oggi tutti utilizzano – nella migliore delle ipotesi – pennarelli a punta flessibile, ma non danno lo stesso risultato del pennello e il segno risulta inevitabilmente più freddo. Vuoi sapere una curiosità?
Certo!
Alla fine degli anni 80, Luigi Corteggi – a quel tempo art director della SBE – chiedeva ai nuovi autori di utilizzare pennello (o pennino) e china e sovente “bocciava” i disegnatori che presentavano tavole ripassate a pennarello…
La solita domanda obbligata che, immagino, ti sia già stata rivolta centinaia di volte… Il tuo tratto ricorda inequivocabilmente quello del Maestro, Gallieno Ferri. È stata una scelta voluta fin dall’inizio, derivata dai consigli che ti erano stati dati da Moreno?
Sì, fu Moreno a dirmi che se volevo fare Zagor l’ideale era “studiarmi” Ferri… Io l’ho preso alla lettera e l’ho assimilato più che potevo. All’inizio l’ho copiato davvero tanto, ma era anche l’unica maniera per poter imparare; poi, col tempo, si è iniziato a intravedere qualcosa di mio. Purtroppo certe etichette non te le levi più di dosso e ormai, anche di fronte a un disegno che di Ferri non ha nulla, mi sento dire “Mi ricorda Ferri”. A quelli che invece mi dicono che sono la brutta copia del maestro, rispondo che è meglio essere la brutta copia di qualcosa di grande che la bella copia di niente!
In effetti questa caratteristica dei tuoi lavori (anche quando collabori con Gianni Sedioli) suscita talvolta reazioni contrastanti nei forum zagoriani, tra i sostenitori del “classico” tratto Ferriano e chi invece preferisce interpretazioni più “moderne”. Quanto ti pesa – se ti pesa?
Non mi pesa, ognuno può pensarla come crede. Una volta Sergio Bonelli mi disse: “Vedi, tu non sarai mai nella Top Ten dei disegnatori della casa editrice, ma con le tue tavole io Zagor lo vendo bene e i lettori sono contenti, mentre con quelle di altri (non faccio nomi, ma lui li fece) i lettori mi scrivono arrabbiati e smettono di comperarlo”. Sinceramente non capisco perché ci si meravigli se un autore di un fumetto seriale cerchi di farlo il più possibile simile all’originale e non ci si meravigli invece del contrario.
Con questi presupposti, capisco la tua ritrosia nei confronti dei social media…
Come ti dicevo non li frequento, sia per mancanza di tempo, sia perché non ho voglia di stare a litigare con gente che cerca il suo quarto d’ora di celebrità tentando di far uscire dai gangheri un autore. Se qualcuno si vuole confrontare con me mi può scrivere, telefonare o incontrare a una mostra o a un evento fumettistico. In questi incontri dal vivo, stranamente anche i famosi “leoni da tastiera” (che in rete offendono e dileggiano autori ed editori) sono più mansueti degli agnellini.
Torniamo ai fumetti. Si diceva della tua collaborazione con Sedioli, una rarità nella SBE (a memoria mi vengono in mente Montanari & Grassani, Barbati & Ramella e pochi altri): com’è nata?
La prima volta che io e Gianni Sedioli facemmo una tavola insieme, lui matite e io chine, fu nel 2007 a Paganine (MO) dove realizzammo una tavola autoconclusiva in diretta davanti al pubblico. Ne realizzammo in seguito altre due sempre autoconclusive, una nel 2009 per Godega fumetto e una nel 2011 per Riminicomix. In quel periodo mi trovai a dover realizzare una storia ambientata in Cile (quella del terremoto) e non era assolutamente nelle mie corde, a dire il vero non mi piaceva nemmeno l’ambientazione. Fu allora che Gianni (a cui la storia invece piaceva) mi propose di farla assieme e da lì iniziammo a collaborare in maniera assidua.
Come vi suddividete il lavoro, in particolare?
Gianni è molto bravo a visualizzare le scene e realizza delle tavole molto dinamiche, io in seguito apporto qualche aggiustamento e ripasso a china. La cosa divertente è che lui disegna a tavole, io gliele taglio in strisce e una volta finite le rimonto: una deformazione professionale, ma non è un vezzo solo perché lo faceva anche Ferri, ma perché con la striscia si lavora molto meglio, è più comoda e maneggevole da gestire – e questo invece me lo ha insegnato proprio Ferri. Ovviamente io e Gianni continuiamo a realizzare storie anche separatamente, ognuno per conto proprio.
Con Gianni hai anche collaborato, l’anno scorso, disegnando le strisce della “Collana Darkwood”. Visto quello che mi hai spiegato, immagino che non vi siano stati grandi cambiamenti nel vostro modus operandi…
Esatto, visto che disegnavamo già a strisce. Il cambiamento è toccato allo sceneggiatore che, avendo solo 60 strisce (20 tavole) ad albo, ha dovuto scrivere in maniera più sintetica senza dilungarsi troppo. Secondo me farebbe bene a molti sceneggiatori cimentarsi con le strisce.
Ormai la storia con il ritorno di Hellingen è in edicola. Sei già al lavoro con una nuova storia? Se sì, puoi parlarcene?
L’ultima tavola della storia di Hellingen l’ho terminata (col fiatone) l’11 luglio scorso. Subito dopo ho iniziato a lavorare da solo, su testi di Moreno, al ritorno di Supermike e nelle intenzioni dovevo terminare questa storia per il 2021, ma ho dovuto interromperla quasi subito per mettermi al lavoro sull’albo a colori che uscirà nella serie regolare a giugno 2021, in occasione del sessantennale, disegni miei e testi ovviamente di Burattini, su contenuti TOP SECRET… almeno da parte mia. Magari Moreno è più corruttibile 🙂
Recuperando (e “rovesciando”) una domanda che avevo fatto a Rauch, in una scala che va da “Tre pagine di inseguimento tra auto, fai tu” (indicazione attribuita ad Alfredo Castelli) agli storyboard abbozzati personalmente da Bonelli/Nolitta, quanto sono dettagliate le sceneggiature che ricevi? E c’è uno sceneggiatore con il quale ti trovi particolarmente a tuo agio?
Quando lavoro da solo realizzo esclusivamente sceneggiature di Moreno Burattini, che sono abbastanza dettagliate, ma non maniacali (e infatti ogni tanto devo chiedere lumi in quanto sono un po’ tonto). Moreno è l’unico che riesce a nascondere i miei limiti e valorizzare i miei pregi e quindi “pretendo” di lavorare soltanto con lui, che pazientemente accetta questo mio capriccio (Moreno avrà tanti difetti, ma è una persona veramente buona e se possibile cerca sempre di accontentare tutti).
Hai qualche aneddoto sulle tue “interpretazioni” delle sceneggiature? Che so, un’occasione in cui ti sei preso qualche libertà e lo sceneggiatore si è infuriato oppure ti ha elogiato?
Uno dei motivi per cui mi piace lavorare con Moreno è che non è presuntuoso e accetta il confronto o il consiglio anche di un sottoposto. Io non cambio mai nulla di mia iniziativa, ma se un passaggio (o una sequenza, o un dialogo) non mi convince lo chiamo e ne parliamo, alla fine molto spesso facciamo correzioni. Come dicevo poco sopra, Moreno ha imparato a fidarsi della mia Zagorianità e quando una cosa non piace a me difficilmente piace ai lettori.
Esiste un personaggio che hai creato graficamente da zero, cioè per il quale non avevi ricevuto indicazioni dettagliate da parte di Burattini?
A meno che non si tratti di personaggi marginali, una minima descrizione Moreno la fa sempre, poi ogni disegnatore ci mette quello che ha nella sua testa.
E per i personaggi che hai definito “marginali”, a cosa ti ispiri? Immagini trovate su Internet, qualche inside joke dedicato ad amici o conoscenti oppure creazioni ex novo? In particolare, per curiosità: la tavola 13 dell’albo “Mistero sul Monte Naatani” mostra nove nuovi personaggi, ognuno con uno spazio dedicato: tu e/o Gianni avevate ricevuto indicazioni precise dallo sceneggiatore (anche in questo caso, Burattini)?
Ogni disegnatore ha un po’ nel suo repertorio delle “facce” caratteristiche, che a volte tendono un po’ a ripetersi (magari con l’aggiunta di barba o baffi): penso faccia parte di quello che abbiamo immagazzinato nel corso degli anni. Raramente guardo su Internet o mi ispiro a persone reali: quando sono in difficoltà sfoglio qualche albo alla ricerca di qualcosa che non mi viene o alla ricerca di un’illuminazione. Per la tavola 13 dell’albo “Mistero sul monte Naatani”, Moreno ha chiesto di dividere la tavola in nove vignette e raffigurare tutti i “discepoli” di Hellingen, poi Gianni li ha immaginati a suo piacimento.
A quale personaggio da te disegnato sei più affezionato?
Penso Mortimer, anche se Supermike mi emoziona parecchio.
Parliamo più in generale dei tuoi impegni futuri. A parte nuovi albi di Zagor, ti vedremo all’opera su altre serie Bonelli (magari una miniserie) o anche come autore completo?
Assolutamente no! Quando non disegnerò più Zagor, i casi saranno due: o sarò in pensione, oppure avrò cambiato lavoro. Penso che tutti i miei colleghi, se messi di fronte alla scelta se disegnare Zagor o Tex, sceglierebbero il secondo, più per il prestigio che per motivi economici… Io sono l’unico, almeno penso, che sceglierebbe Zagor senza nemmeno discuterne. Un lettore croato una volta disse che io non sono un disegnatore di fumetti, sono un disegnatore di Zagor.
E veniamo ora al “recupero” di alcune delle domande che avevo posto a Moreno Burattini sulle preferenze fumettistiche, iniziando dalle storie che hai disegnato per Zagor: quali sono quelle che preferisci e qual è, invece, quella che preferiresti NON aver disegnato o che disegneresti cambiando alcune vignette o soluzioni grafiche?
La mia preferita è “L’uomo che sconfisse la morte”, seguita da “Mortimer ultimo atto”. Come già accennato non mi piaceva “La profezia/Il giorno del giudizio”, che infatti realizzai assieme a Sedioli. Vorrei ridisegnare i miei primi albi perché, rivisti ora, mi sembrano osceni ma una scena in particolare che avrei ridisegnato è quella in cui la fidanzata di Mortimer viene uccisa da uno squalo… In seguito ho ridisegnato la scena in un flashback in “Mortimer ultimo atto” e mi è venuta molto meglio. Posso permettermi uno sfogo?
Naturalmente!
Non mi piacciono le soluzioni grafiche insensate e fini a se stesse: a cosa serve incasinare le vignette, sovrapporle, farle di formati irregolari solo per il gusto di pavoneggiarsi e dimostrare di essere degli “artisti” – quando poi le scene risultano illeggibili e a divertirsi sono solo i nerd brufolosi?!?
La tua vis polemica non si smentisce… Passiamo invece alle storie di Zagor che non hai disegnato tu: quali sono le tue preferite?
Tutte quelle di Nolitta, compreso “Il cavaliere misterioso” che non piace a nessuno tranne a me.
E ampliando l’orizzonte ad altri fumetti, quali sono quelli italiani o stranieri che preferisci?
Non leggo manga e provo ribrezzo per i supereroi che escono adesso, provo disgusto per il modo in cui sono scritti e disegnati mentre rileggo volentieri i capolavori del passato a opera di Jack Kirby (un genio, chiamarlo RE è riduttivo), John Romita sr., John Buscema, Gil Kane, Gene Colan. Tra gli autori italiani adoro i grandi classici, su tutti Pratt, ma vorrei ricordare i grandi artigiani che ci hanno fatto amare il fumetto: Magnus & Bunker, EsseGesse, Ferri, Galep, Letteri, Donatelli, Bignotti, Nicolò e tanti altri. Purtroppo oggi ci sono tanti autori, tecnicamente molto bravi, che però non sanno appassionare o raccontare bene una storia e molto spesso mi annoiano.
C’è uno sceneggiatore (anche non zagoriano, naturalmente) che ammiri in modo particolare e con cui ti piacerebbe lavorare?
L’unico con cui avrei tradito Burattini era Guido Nolitta, ma come tutti sanno non ne voleva sapere di tornare a scrivere fumetti, tantomeno Zagor che aveva abbandonato nel 1980. A suo dire non se la sentiva di esporsi al giudizio del pubblico e dei colleghi e magari affrontare critiche o bocciature dopo tanti anni di inattività. Una volta gli proposi di scrivere soltanto un soggetto per Zagor e di farlo sceneggiare da Burattini (per poi disegnarlo io): qualora la storia avesse avuto successo, il merito andava al soggetto di Nolitta, mentre se fosse andata male avremmo dato la colpa alla sceneggiatura di Moreno 🙂 Rise divertito, ma secondo me l’idea non gli sembrava del tutto malvagia! Degli sceneggiatori attuali, non ne ammiro nessuno in modo particolare e non andrei a lavorare con qualcuno che pretende di fare Zagor senza nemmeno conoscerlo (oppure credendo di saperlo fare).
Anche stavolta, per concludere l’intervista, mi calo nei panni di Marzullo: “Verni, si faccia una domanda e si dia una risposta!”
Credo di aver detto tutto, ma se vi viene in mente qualche altra domanda vi risponderò volentieri. Un caro saluto a tutti!
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