“Aveva gli occhi splendenti come stelle, e il suo cuore era freddo come il ghiaccio della tundra, il solo ghiaccio vivo che abbia mai visto!”
Queste parole, che sembrerebbero provenire dalla sensibilità di un poeta, sono in realtà pronunciate da un papero, anzi dal papero più ricco del mondo, suscitando lo stupore dei suoi nipoti: si tratta infatti dello stesso papero che, dopo una vita all’insegna delle conquiste e del successo negli affari, di fronte a una foresta rigogliosa non prova più l’emozione di un tempo per le bellezze della natura, ma scorge solo potenziale legname.
Con quelle parole Zio Paperone descrive Doretta Doremì, detta “La Stella del Polo”, sua fiamma ai tempi della ricerca dell’oro nel mitico Klondike, con la quale ha vissuto un amore intenso ma irrisolto e ricco di incomprensioni.
Una grande storia d’amore, che in questo articolo descriverò prendendo spunto da una delle più struggenti tavole mai comparse in una storia Disney, che la condensa mirabilmente.
È la notte di un nevoso inverno nel Klondike di fine ‘800 quando il giovane Paperone, incamminato verso la sua concessione aurifera, si vede recapitare una lettera proveniente da Doretta.
Il destino di entrambi si compie in quattro strisce, in cui le vignette mostrano, in parallelo, pensieri, espressioni e azioni di Doretta e Paperone, che sono in luoghi diversi.
Nella prima striscia entrambi mentono a sé stessi. I due sono “prigionieri” del ruolo di persone dal cuore di ghiaccio, come li vedono tutti quelli che hanno a che fare con loro. Del resto, per non soccombere al mondo, è inevitabile dotarsi di una corazza quando la vita ti porta ad avere a che fare con furbi e furfanti di ogni risma, sia che tu sia una ballerina da saloon, sia che tu abbia dovuto lasciare, in tenera età, la nativa Scozia in cerca di fortuna perché sulle tue spalle grava il mantenimento della famiglia.
Sono due caratteri forti, orgogliosi e similari, che al loro incontro hanno prodotto scintille: Doretta aveva truffato Paperone per derubarlo di una pepita di dimensioni mai viste, soprannominata “uovo d’anatra”, e lui, per darle una lezione e renderla consapevole della dura vita del cercatore, l’aveva sequestrata facendola lavorare un mese nella sua concessione. L’amore era infine arrivato in modo improvviso e passionale tra i due ma Paperone, spaventato dalle sue conseguenze e timoroso di perdere di vista i suoi obiettivi di ricchezza, aveva preferito lasciare andar via Doretta, per di più in modo scortese, pagandola per il lavoro svolto nella concessione. Per tutta risposta lei si era allontanata senza voltarsi, ma (non vista) in lacrime.
Nella seconda striscia la maschera viene strappata via e Doretta e Paperone rivelano i loro veri sentimenti. Doretta è convinta che Paperone, lette le sue parole, tornerà da lei. Paperone è invece indeciso se aprire o meno la lettera. Teme infatti di trovarvi solo veleno nei suoi confronti, perché in un crescendo di equivoci, fraintendimenti e comportamenti contradditori, lui e Doretta non erano più riusciti a parlarsi dopo che lei aveva lasciato la sua capanna.
Paperone teme di rovinare irrimediabilmente il ricordo dell’amore vissuto per un breve periodo, e pensa che forse è meglio conservarne l’illusione. Effettivamente, il ricordo di quell’amore gli sarà di conforto negli anni di solitudine quando, diventato il papero più ricco del mondo, perderà la fiducia dei suoi familiari e il suo nome diventerà per tutti sinonimo di “avidità”. Tutto questo fino a quando l’incontro con i nipoti Paperino e Qui Quo Qua riuscirà a scuoterlo dal torpore, facendogli capire che i ricordi sono senz’altro importanti (e Paperone continuerà a indulgere ogni tanto nel passato, fissando “la cosa per lui più preziosa”, vale a dire una ciocca di capelli di Doretta), ma che non devono impedire di vivere una vita piena, perché non è mai troppo tardi per nuove grandi avventure.
Le mani di Paperone tremano tenendo in mano la busta. Tremerà come un pulcino bagnato anche quando, mezzo secolo dopo, accompagnato dai nipoti, si ritroverà davanti Doretta per la prima volta da allora. Da pragmatico uomo d’affari, reso “il più duro dei duri” dalla sua scalata ai vertici, era tornato a cercarla solo per riscuotere un credito risalente ai tempi del Klondike. La tremarella durerà comunque pochissimo e Paperone recupererà subito la sua tempra: esigerà il pagamento di quanto dovuto, portando via a Doretta tutto quel poco che ha.
Nella terza striscia, priva di balloon, Doretta e Paperone sembrano guardarsi in lontananza (lei dalla finestra dalla sua stanza, lui dall’alto di una collina illuminata dalla luna), per una durata indeterminabile.
Le loro espressioni racchiudono tutte le emozioni e le titubanze che accompagnano una storia d’amore: l’attesa, il peso opprimente dell’incertezza sui sentimenti dell’altra persona, la speranza, il timore della delusione, la paura del rifiuto.
Nella quarta striscia Doretta ha ormai capito che Paperone non tornerà da lei e abbassa la tapparella della finestra per andare in scena, pensando che i suoi sentimenti non erano corrisposti. Dopo la fine della corsa all’oro, il suo locale da ballo fallirà e all’insaputa di tutti lei andrà a vivere per decenni, in solitudine e povertà, proprio nell’isolata capanna della concessione di Paperone. Quello che non saprà mai, però, è che Paperone ha abbandonato la busta nella neve, senza neppure aprirla, e che dunque lui non ha mai saputo la verità sui suoi sentimenti. Nella notte del Klondike i passi di Paperone, impressi nella neve, lo riconducono lungo il suo cammino all’inseguimento di quella gloria e ricchezza per cui sta girando il mondo da quando era ragazzino, e verso le quali è ormai sempre più proiettato. Forse in quel momento sta ripensando alla “profezia” di uno dei maestri di vita che ha incontrato nel suo percorso, un giovane Teddy Roosevelt: “Imparerai a tue spese che i grandi uomini fanno una vita solitaria”.
Chissà quante volte, nei decenni successivi, Paperone avrebbe risentito riecheggiare nella sua mente le ultime rabbiose parole che Doretta gli aveva rivolto, scagliandogli indietro il denaro con cui voleva pagarla per il suo mese di lavoro, prima di allontanarsi senza voltarsi, per sempre.
“Ecco quel che penso dei tuoi patetici princìpi da lavoratore modello! Inoltre… ho estratto più oro io di te, razza di taccagno!”
Cinquant’anni dopo Paperone e Doretta si ritroveranno nella stessa situazione e luogo. Il magnate osserverà Doretta che, perso tutto ciò che possiede per saldare il suo debito, si allontana senza voltarsi. Un turbinio di emozioni e ricordi esplodono però all’improvviso nel vecchio papero. Non può finire di nuovo tutto così, e anche se è troppo tardi per riavvolgere il nastro del tempo, Paperone questa volta, dopo qualche momento di commossa indecisione, non resterà inattivo. Deciderà di aiutare Doretta, senza tuttavia togliersi la maschera dell’affarista senza scrupoli. La raggiungerà e, tremante e imbarazzatissimo, le ricorderà le sue ultime parole di decenni prima.
“Una volta hai affermato di poter scavare più oro di me! Ebbene, ti propongo una sfida! Se in dieci minuti troverai più oro di quello che troverò io, riavrai il terreno e in più ti terrai l’oro trovato!”
Doretta non ha nulla da perdere, e accetterà. Paperone la farà piazzare dai nipoti nel punto dove cinquant’anni prima aveva nascosto delle pepite per le situazioni d’emergenza, ma reciterà la parte dello smemorato con Doretta e i nipoti quando lei le troverà. Paperone si allontanerà piangendo come un disperato per i soldi persi, ma i nipoti, sorpresi e compiaciuti, capiranno come sono andate veramente le cose e gli reggeranno il gioco.
Come sarebbe stata la vita di Paperone se avesse aperto la busta, o se semplicemente lui e Doretta fossero stati meno orgogliosi e si fossero confessati apertamente i reciproci sentimenti? Ovviamente, trattandosi di un’icona dell’immaginario collettivo con un destino già scritto, la domanda è paradossale poiché non potrebbe mai esistere una controprova.
La risposta, tuttavia, la fornirà indirettamente Doretta ai nipoti di Paperone quando, tempo dopo, si sarà rimessa in carreggiata grazie alla generosità del tycoon e, sebbene con mezzo secolo di ritardo, avrà avuto una prova tangibile che i suoi antichi sentimenti erano corrisposti.
“Anche se non fosse diventato ricco, vostro zio sarebbe stato un papero veramente speciale! Vedete, era già ricco quando arrivò nel Klondike! Si possiede una vera ricchezza se si ama il proprio lavoro e se si hanno amici leali e parenti affettuosi come voi! Paperone è veramente ricco di ricordi! “
La tormentata storia d’amore di Paperone con Doretta, suggerita tra le righe da Carl Barks nella stupenda e commovente “Zio Paperone e la Stella del Polo” (1953) e in seguito approfondita con ammirevole rispetto da Don Rosa, è quanto di più adulto ed emozionante potrete trovare nella produzione Disney, in storie che comunque non sacrificano mai le regole di leggerezza e divertimento del mondo dei paperi.
Nota: la tavola descritta in questo articolo è tratta da “Cuori nello Yukon” (1995), di Don Rosa. Oltre alla fondamentale storia di Barks già nominata, gli altri elementi citati sono contenuti nei racconti di Don Rosa “L’ultima slitta per Dawson” (1988), “Il cowboy delle terre maledette” (1992), “Il papero più ricco del mondo” (1994) e “La prigioniera del Fosso dell’Agonia Bianca” (2006).