Appleseed, Masamune Shirow, il carro, i buoi…

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L’Incompleto è quella rubrica in cui noi lettori tiriamo le noccioline agli autori che amiamo ma che ci fanno penare promettendo e poi non mantenendo.

Se vogliamo potremmo dire che “alla fine trionfa l’amore”.

Masamune Shirow è stato forse l’autore di maggiore profondità della “New Wave” del manga che, tra la fine degli anni ’80 e il 2000, ha rivoluzionato l’industria editoriale a fumetti giapponese e l’ha imposta a tutto il resto del mondo. Laddove Katsushiro Otomo ne era il volto con la distopia curatissima di Akira, lui ne era l’ideologo con le “utopie in corso di realizzazione” descritte da Appleseed e Ghost in The Shell. Laddove Masaomi Kanzaki (Xenon), Kenichi Sonoda (Bubblegum crisis), Kia Asamiya (Silent Mobius), Yoshihisa Tagami (Grey) ne declinavano l’estetica in diverse maniere, lui ne proponeva il sunto con fisici semplificati e dinamici ma contemporaneamente scultorei e accurati e re-ingegnerizzando armi, veicoli, architetture con una visione coerente ed estremamente pignola.

La sua opera maggiormente conosciuta, anche grazie al film capolavoro diretto da Mamoru Oshii e musicato da Kenji Kawai, è ovviamente Ghost in The Shell, ma se chiedete a me (chiedetemelo!) la mia opera preferita resta Appleseed.

Appleseed che è la sua prima opera “matura” ad arrivare in occidente e sotto i miei occhi (e, si sa, “il primo amore…”).
Appleseed che rispetto a Ghost in The Shell non articola riflessioni di grande profondità (e verbosità) che vanno a disturbare shintoismo e taoismo per descrivere tramite metafore ciò che è indescrivibile: l’evoluzione di lunghissimo periodo dell’uomo come “nucleo di informazioni”; ma mette al centro le tensioni geopolitiche e le strategie di prevenzione e mitigazione dei contraccolpi di cui è causa un singolo passo evolutivo, limitato e apparentemente inevitabile.
Appleseed che alla amazzone bruna Motoko Kusanagi contrappone la minuta, ma altrettanto “cazzuta”, biondina Deunan Knut e ne descrive in termini anche comedici e quotidiani, la relazione con il gigantesco Cyborg da operazioni speciali Briareos. Laddove la vita privata e sentimentale del “Maggiore” era meramente il “plot device” di un singolo episodio.

Appleseed che inizialmente avrebbe dovuto essere di otto volumi, ma Shirow ha poi deciso che quattro bastavano e si è dato principalmente a rappresentare le sue bellissime e futuribili donzelle in situazioni tecnologicamente avanzate e indubitabilmente dirette ad appagare in maniera anche pesantemente esplicita vari feticismi.

Il carro, i buoi, la forza tricotraente…

E, intendiamoci, ognuno è libero di seguire le sue passioni inoltre, come direbbe Elio (di Elio e Le Storie Tese) e come avevo premesso, “Alla fine trionfa l’amore”.
Ma un pochettino rode.

Luca Cerutti

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