Post Knockout Ergo Propter Knockout

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Vanya Hargreeves, detta Numero 7, suona il violino in copertina.

Di Umbrella Academy, ho visto prima le due stagioni televisive e poi ho letto il fumetto.
Feci la stessa cosa qualche decennio fa con “Il Miglio Verde” di Stephen King: vidi il bel film con Tom Hanks e poi lessi il romanzo pubblicato in 6 volumi che uscì all’epoca. Si, lo so! Molti erano quelli che dicevano che non andasse bene questa cosa. Che fosse una forma di mancanza di rispetto per il lavoro artistico dell’autore. Che se si vedeva prima il film, ci si rovinava la lettura del romanzo perché dal momento in cui si era visto il film ci si negava la possibilità di visualizzare i personaggi in un modo personale e non contaminati dal ricordo di chi siano gli attori scelti dalla produzione del film o del serial televisivo.
Ma d’altra parte a me francamente non è mai importato molto avere una mia immagine personale di che volto avessero i personaggi di una qualsiasi storia io abbia letto. O meglio. Quando leggo un romanzo,  non solo non mi importa che aspetto abbiano: se c’è una cosa di cui non mi è mai stato possibile fare è visualizzare l’aspetto fisico dei personaggi. Non ne sono proprio capace perché solitamente sono parti della narrazione che scorro velocemente perché mi sembrano solo uno stratagemma semplicistico dell’autore per riempire pagine di parole scritte, quando non ha nulla di rilevante di cui veramente parlarci.
Tutte quelle pagine e pagine usate per descrivere le fattezze fisiche o architettoniche di una figura narrativa appena introdotta. Che tale figura sia una persona o un ambiente geografico, una location in un ambientazione di interni o un oggetto. Ma ha veramente importanza tutto questo?
Nel mezzo del cammin di nostra vita“. Ecco. Questo è un incipit interessante. Poi nelle spiegazioni della antologie di scuola viene detto che Dante Alighieri volesse dire che tutto accadeva quando lui aveva 35 anni, cioè la metà dell’età media che si riteneva si potesse raggiungere a quel tempo.
Ma se fosse 35 anni quello che lui voleva dire, non avrebbe scritto “nel mezzo del cammin di nostra vita”, ma avrebbe scritto “quando avevo 35 anni“. Mica lo ha scritto a quel modo solo per ottenere il giusto conteggio degli endecasillabi, no? Se lo ha scritto in quella forma è soprattutto perché voleva dichiarare che stava facendo anche un consuntivo di quello che aveva fatto fino a quel momento nel corso di tutta la sua vita e stava cercando di immaginare cosa fare nella parte rimanente, pensando che gli rimaneva più o meno lo stesso tempo che aveva trascorso fino a quel momento. Una constatazione del genere su se stessi è una botta mica da poco. Che poi indossasse una toga purpurea e una corona di alloro o un paio di jeans con T-shirt e degli occhiali a specchio, ha importanza?

Luther Hargreeves, detto Numero 1 e Spaceboy, non si da pace per la morte del padre

Ecco, spesso se un film o serial è fatto bene, fa apparire il nocciolo della narrazione fin dall’inizio senza disperdersi troppo in espedienti futili.
Quasi quasi direi che è sempre meglio vedersi prima il film e poi leggersi il romanzo o fumetto che sia. Mi consente di focalizzare meglio se, scremando e scremando, l’autore ha fatto qualcosa di buono.
Gerard Way e Gabriel Ba hanno fatto veramente qualcosa di ottimo. La lettura del fumetto e la visione del serial pubblicato sulla piattaforma di Netflix sono entrambe godibili separatamente come prodotti distinti che hanno si una trama di fondo in comune, ma traspare un lavoro di impostazione della psicologia dei personaggi che ha dell’ammirevole.
Prendiamo la prima delle sei avventure nel fumetto: “Il giorno in cui La Torre Eiffel andò in Berserk“. Ebbene nella prima stagione del serial, di lei (la Torre Eiffel) e di Gustav Eiffel robozombizzato non se ne parla minimamente. E i robot killer del Dottor Terminal della terza delle sei storie contenuta sempre in questo primo volume dal titolo “La Suite Dell’Apocalisse?“.
Manco accennati labilmente nel serial televisivo. D’altra parte nel serial la scena del bar in cui Numero 5 va a prendersi un caffè (di cui è caffeino-dipendente) al Griddy’s Doughnuts (specializzato nelle ciambelle di Agnes) mostra che viene attaccato da un commando di militari dopo che ha avuto un colloquio con un camionista qualunque, mentre nel fumetto il Bar si chiama Costello’s Dinner e viene aggredito da delle creature antropomorfe (esseri umani? alieni? robot? E chi lo sa?) che indossano delle maschere rosse e nere, antigas con la scritta TEMPS sulla pettorina e accanto a Numero 5 non c’è un anonimo camionista, ma nientemeno che Pogo, l’assistente di Sir Reginald Hargreeves, della famiglia dei Pongidi.

Numero 5, ne ha di segreti da raccontarci e Pogo non è da meno.

Mentre quello che è l’assistente Abhjat che compare nel fumetto?
Non se ne è trovato traccia nel serial!! Come mai? Molte ragioni, ma in sintesi, perché non dava evidentemente un valore aggiunto per quelle che erano le cose da raccontare nei primi eventi della famiglia di supereroi con problemi disfunzionali, quali sono quelli sorti nella famiglia dei 7 figli adottivi di Sir Reginald Hargreeves.
Non vorrei ora lasciare intendere che il serial sia una sorta di reboot del fumetto. Non è così. E’ solo che fumetto e serial sono due media differenti e ciò che può funzionare sulla pagina disegnata può diventare estremamente noioso in un telefilm e viceversa. Tutte quelle descrizioni di contorno possono del tutto cambiare se alla fine il cuore del racconto rimane lo stesso. E a quanto pare Gerard Way ha fatto girare nella sua mente le sue storie così bene, che non ha assolutamente importanza se poi certi dettagli sembrino incongruenti fra fumetto e serial, perché il cuore della storia c’è tutto. E il cuore sono certi stati d’animo dei personaggi, certe loro reazioni psicologiche, quel qualcosa da dire che non ha bisogno di pagine descrittive infinite per far lievitare il numero delle pagine di un romanzo così da fargli raggiungere un numero di pagine preciso predefinito e corposo.
Visto che è appena trascorsa da una settimana circa la Pasqua e da un paio di settimane pure Pesah, il riferimento corretto è quello delle azzime. Le azzime sono pane non lievitato. Sono insomma tutta sostanza. Il pane lievitato è invece la stessa sostanza delle azzime, però rigonfiata di aria. Certo, ci si può fare la scarpetta molto più comodamente perchè c’è la mollica e pure il panino imbottito che trattiene  il companatico (mangiarsi un hamburger con foglie di insalata, pomodori e salsina abbondante, il tutto contenuto dentro due croccanti azzime sarebbe un casino immane); inoltre alla vista appare più bello e variegato: hai il pane arabo, la tartaruga, il francesino, la michetta, la treccia, ma stringi stringi, la sostanza di cui sono fatte tutte queste varianti, l’apporto nutritivo, stringi stringi, è sempre uguale alla croccante e appiattita azzima.
Ecco, la storia di Gerard Way, stringi stringi, sia nel fumetto che nel serial è una corposa azzima, priva di fronzoli inutili. Perché se non si hanno le capacità di scrittura di Gerard Way, il rischio opposto è di avere una bella michetta ben lievitata, senza alcun companatico. Credetemi: non è meglio! Come ha fatto Gerard Way a fare un lavoro di tal bravura?

Nelle ultime pagine del volume ci sono schizzi e studi di molti personaggi, molti dei quali realizzati dallo stesso Gerard Way

A mio avviso ha giocato a suo favore il fatto che lui vivesse in un cittadina di Belleville, dove, durante la sua infanzia, intorno a lui c’era un quartiere particolarmente pericoloso, centro nevralgico di eventi criminosi di mafia che rendevano lo spaccio di droga uno scenario di assoluta consuetudine. Per questa ragione lui fu un bambino obbligato dai genitori, molto amorevoli e protettivi, a stare chiuso in casa a giocare senza poter uscire, con qualche decennio di anticipo rispetto al lockdown odierno a cui sono sottoposti oggi le nostre giovani generazioni.
Ne è così venuto fuori un giovane che con lezioni di musica, strumenti musicali, pennarelli, carta e quindi molto divertimento nel disegnare e far lavorare la fantasia, si è ritrovato da adulto con in mano ben due differenti professioni che porta avanti con gran professionalità: quella del musicista, cantautore e cantante, co-fondatore di un gruppo musicale noto come “My Chemical Romance” e allo stesso tempo quella dello scrittore di fumetti e disegnatore (alla fine del volume si vedono infatti degli schizzi per progettare i personaggi, che sono stati realizzati non solo da Gabriel Ba, ma appunto anche da Gerard Way che se la cava anche lui egregiamente con le matite e le chine). Decisamente una buona notizia per chi oggi come genitore si preoccupa di come possano crescere e diventare nella loro vita futura i propri figli relegati a stare troppo chiusi in casa e avendo poche relazioni con i coetanei.

Il Dottor Terminal ha una malattia terminale e non ha alcuna voglia di andarsene senza averla fatta pagare a coloro che non condividono il suo stesso destino.

Vorrei aggiungere una mia considerazione sull’incipit e sul finale di questo volume cartonato della BAO Publishing (un bel volume elegante cartonato da libreria, con pagine interne di grossa grammatura, lucide che ne valorizza la colorazione delle tavole). Nel raccontare questo non vi sto facendo alcuno spoiler, perché lo stesso Grant Morrison, fumettista britannico appartenente alla New Wave degli scrittori di fumetti, lo dichiara nel suo editoriale introduttivo del volume.
Tutto inizia con una gomitata atomica volante e tutto termina con una fetta di pane imburrato (certo, lo so, anche questo scomodo da fare con le azzime). Ora vorrei che si capisca che secondo me Gerard Way non inserisce questi due elementi quali dei semplici riempitivi come lo erano i salami nelle vignette di Jacovitti.
Qui per Gerard Way, c’è un vero rapporto di causa ed effetto. Post hoc ergo propter hoc, come insegna la locuzione latina: “siccome avviene dopo di ciò, vuol dire che viene a causa di ciò“. Se ne può dedurre che quindi la nascita, sparsi in tutto il mondo, di 43 bambini con poteri o doti speciali, sia dovuta a quella gomitata atomica volante con cui Tom “Zuffa” Gurney mise knockout il calamaro spaziale di Rigel X-9, evento che capitò alle ore 9:38 di sera … e in quel momento … senza preavviso … nacquero quei bambini, di cui sette dei quali, Sir Reginald Hargreeves si è garantito la patria potestà con delle regolari adozioni ottenute con l’avvallo delle madri single che il mecenate ha adeguatamente retribuito per far loro accettare la separazione dai loro piccini di cui loro stesse però non capiscono da chi li abbiamo avuti, dato che le gravidanze sono durante non 9 mesi, ma il tempo di pochi minuti.

L’ispettore Lupo è un altro grande assente nel serial prodotto da Netflix. Sostituito nel serial dalla figura del detective Eudora Patch, ex fidanzata di Diego “Numero 2” (Kraken) Hargreeves

Come se quelle donne fossero state usate non come madri, ma come dei semplici portali di accesso per queste creature straordinarie. E che poi il senso delle loro vite, dopo essere stati generati da una madre single, ed essere poi educati e cresciuti da un padre misantropo, per diventare dei supereroi con l’annuncio che senza di loro il mondo non si sarebbe potuto salvare, avesse infine l’obiettivo finale di consentire che del morbido burro potesse essere spalmato abbondantemente su una fetta di soffice pancarrè (ben lievitato), è indubbiamente la sintesi più intrigante del mirabile lavoro di questi due artisti della nona arte che poi si è reso fruibile ad un pubblico più vasto accedendo all’ottava arte: quella che secondo Claude Beylie è la radio-televisione, che oggi inevitabilmente non può che includere anche le reti on-demand.

Il famoso schema che mostrerebbe l’evoluzione da scimma ad essere umano ipotizzato da Charles Darwin, su un murales.

Cavolo che panegirico intricato di parole per concludere questa recensione. Faccio pure fatica io a rileggerlo. Speriamo che il nostro direttore del magazine me lo avvalli, anche se, sappiatelo, è molto meno intricato e arzigogolato della trama di questo “La Suite dell’Apocalisse” (non ci credete? vedrete, vedrete: il Teatro Icarus, gli spettatori mascherati dell’orchestra Verdammten e molto altro che nel serial di Netflix non ha trovato posto alcuno da quanto il lavoro fumettistico di Way e Ba, in circa 150 tavole, sia denso di contenuti) primo volume di Umbrella Academy, pubblicato da BAO Publishing: 20€ ben spesi.

Un volume croccante e per nulla inutilmente lievitato: Hag Sameach a tutti. Come? Passover è già passato? Appunto per questo: passiamo oltre.

Dopo il primo ci sono altri volumi da leggere.

Dall’adolescenza dietro l’imponente figura di un padre alieno ai sentimenti umani, molti anni dopo la processione funeraria dei figli di Sir Reginald Hargreeves, e affiancata ad essi la famosa immagine dei Beatles di Abbey Road. Umbrella Academy, il fumetto a metà fra evoluzionismo di Darwin e Pop Rock.
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