In barba al Covid ed alle regole contro gli assembramenti anche quest’anno la Redazione si è riunita per celebrare i “meglio fumetti dell’anno appena finito” con la solita modalità: ognuno a casa sua al calduccio.
Quello che segue è quanto ne è venuto fuori.
Massimo Cappelli: Bedelia
Dopo la pubblicazione di Cinzia nel 2018, Leonardo Ortolani, con la complicità di Bao Publishing, ridefinisce nuovamente in una graphic novel un comprimario di una sua serie storica. Questa volta la protagonista è la crudele Bedelia, la terribile seduttrice di cui si innamora Aldo, il protagonista di Venerdì 12, forse la serie più comica e grottesca dell’autore emiliano. Ortolani accompagna il lettore nella vita solitaria della top model, troppo abituata a spezzare cuori per potersi far distrarre dai propri sentimenti, proprio nel momento in cui una nuova giovane modella si affaccia sulle scene e sembra pronta a rubarle le prime pagine.
Come è ormai consueto nelle opere di Ortolani la comicità rappresenta solo una parte del tono narrativo, con Bedelia si scivola ben presto nella malinconia, soprattutto quando ritrova un Aldo ormai maturato, calato nel ruolo realistico di padre di famiglia, cui la top model regalerà un’inaspettata ultima notte assieme prima del colpo di scena finale.
Una storia lieve e amara, corredata da una splendida copertina, con cui Ortolani continua a stupire i suoi non pochi lettori; grazie al suo stile narrativo inimitabile Ortolani si impone sempre di più come una voce di rilievo all’interno della scena fumettistica italiana.
Oscar Tamburis: La taverna di mezzanotte / Tokyo stories
“Nei vicoletti di Shinjuku si nasconde un piccolo ristorante…”. È così che si legge in quarta di copertina nell’edizione Bao di quest’opera che ha conquistato cuori e classifiche un po’ dappertutto, tanto da essere anche stata trasposta in una fortunata serie tv prodotta da Netflix.
Yaro Abe accompagna il lettore di piatto in piatto, in una sorta di mille e una notte in cui la varietà delle portate richieste dai vari clienti che si avvicendano al bancone del “Master”, è solo la manifestazione esteriore di un’ampia antologia di relazioni umane, semplici e complesse al tempo stesso, dolci e amare, sapide e piccanti, dal sapore inconfondibilmente nipponico.
Ciò finisce col donare uno spessore particolare anche al tratto grafico, che si presenta semplice e garbato, ma in grado di caratterizzare in maniera efficace tutti gli avventori della cosiddetta “taverna di mezzanotte”. E leggendo si ha ben più di un’impressione che la realtà narrativa faccia riferimento ad una qualche realtà “vera”, lì tra i vicoli della grande Tokyo, scrigni di tesori, tempietti e spiriti– volpe circondati da grattacieli.
Un viaggio culinario ma soprattutto sentimentale, in grado di unire sapientemente l’infinitamente piccolo (il vicoletto di Shinjuku) con l’infinitamente grande (la tentacolare metropoli capitale del paese Sol Levante). E il piacevole dubbio rimane che siano, alla fin fine, la stessa cosa…
Daniele Jacob Farah: È la Nebbia che va – Storie Milanesi
Giancarlo Ascari, illustratore e autore di fumetti con alle spalle una carriera di oltre 40 anni, e noto con lo pseudonimo di Elfo, ha collaborato agli albori della sua professione, quando rinunciò a far uso della sua laurea in architettura, con Alteralter, Linus, Corriere dei Piccoli, Diario, Il Manifesto, Smemoranda, Repubblica, Corriere della Sera, ed ha pubblicato con Cocorino, Garzanti e Rizzoli, le sue graphic novel.
A novembre del 2020, edito da Milieu Edizioni esce con il volume di 300 pagine al costo di 19,90€ dal titolo “E’ la Nebbia che va – Storie Milanesi”: vi si possono trovare tutte le storie brevi del barbuto detective eternamente squattrinato Paolo Valera (una sorta di alter ego dell’autore stesso dato che lo stesso detective conserva in un cassetto una laurea in architettura) che si muove in un panorama milanese che si sposta tra le viuzze sui Navigli e porte sul retro di negozi di ombrelli che conducono su pianeti alieni presso Alfa Centauri. Vi è anche “Tutta colpa del ’68” opera autobiografica, celebre romanzo a fumetti uscito per Garzanti nel 2008.
Ci si affeziona presto ai personaggi alieni che popolano le storie grottesche del detective che per scremare la propria clientela, fa in modo di prestare i suoi servizi solo a clienti con pochi soldi e che più che un detective, avrebbero bisogno di un buon analista. Così fra viaggi interplanetari e viaggi nel tempo, quotidiani del giorno di “dopodomani” ispirati ad avventure ai confini della realtà prodotte da Rod Serling che furono amate durante la gioventù di Elfo, ne vediamo un tratto grafico denso di nebbia a ogni ruga del volto del personaggi che lui ritrae. Quella nebbia tipica della Milano di quei tempi che si può vedere ancora oggi in certi periodi dell’anno ed in certi orari serali, presso i campi e i parchi. Nelle storie, oltre che vedere ambientazioni come i Navigli, la Darsena e il tram modello “Carrelli” e i ricordi personali di avvenimenti storici come l’attentato di Piazza Fontana, vi si trovano citazioni alle illustrazioni di George Grosz, che pubblicò sul Magazine “Esquire” fra il 1936 e il 1939 illustrazioni e disegni che accompagnavano articoli e storie brevi che gli furono commissionate dal Magazine.
Questo corposo volume che vi consiglio caldamente, che doveva essere pubblicato in estate 2020, è stato rimandato per l’autunno 2020, probabilmente per dei ritardi dovuti anche in questo caso alle vicende che hanno riguardato tutto il globo in questo anno cruciale. Il volume è da non perdere perché è la summa di un autore italiano che ha partecipato alla storia del fumetto nella nostra penisola a forma di stivale, ma che ha vissuto sempre, non nel tacco e non nella punta, ma all’altezza del gambale, molto vicino al ginocchio, dove la nebbia, si taglia col coltello.
Cristian Di Clemente: Andrà tutto bene
Nel 2020 la mia esperienza preferita a fumetti è avvenuta on line, passando solo in seguito alla versione cartacea, ed è strettamente legata ai motivi per cui non dimenticheremo mai l’anno appena terminato. Parlo dell’appuntamento giornaliero con le strisce di Leo Ortolani sul suo profilo social, tra lo scorso 8 marzo e 4 maggio, durante la prima “zona rossa” nazionale legata all’emergenza da Covid-19. Come scrive l’autore nella prefazione del volume che ha raccolto quelle strisce (“Andrà tutto bene”, pubblicato da Feltrinelli Comics):
“A tutto avrei potuto credere, tranne che a 53 anni avrei dovuto affrontare una pandemia. Un asteroide. Una guerra tra youtubers. Ero pronto a tutto. Ma a una pandemia, non ero mica pronto. E quando non sono pronto, l’unico modo che ho per affrontare le cose è disegnarle. Raccontarle a fumetti. Ho iniziato per gioco, è diventato un appuntamento quotidiano. Ogni giorno ho realizzato una striscia sull’emergenza da Covid-19. Ogni giorno ho cercato di far sorridere i lettori, come se la striscia fosse una pillola di zucchero per togliersi dalla bocca il sapore di tragedia. Pochi minuti di tregua, in una guerra che si è combattuta 24 ore su 24. Ma mi piace pensare che abbiano aiutato.”
L’appuntamento giornaliero con il papà di Rat-Man, per quasi due mesi, è stato un momento di ironia intelligente, graffiante ed emozionante sul periodo che stavamo vivendo, in cui ho ritrovato quel genio di autore che prima ti fa sorridere e poi ti fa commuovere, sferrandoti un cazzotto allo stomaco quando meno te lo aspetti. Una straordinaria varietà di spunti e trovate, sviluppate praticamente di continuo.
Il volume pubblicato da Feltrinelli è un notevole e prestigioso “mattone” che ha il merito di avere riproposto le 57 strisce giornaliere in un formato compatto, una vignetta per pagina (oltre cinquecento), ricreando così la sensazione di “scorrerle” una alla volta come su Internet, ideale per apprezzare i tempi comici e l’uso delle pause in cui Ortolani è maestro. Rispetto a quella prima fruizione, con la versione cartacea leggibile tutta di fila sono andate perdute, naturalmente, le sensazioni di attesa della nuova puntata che caratterizzava la consultazione dei social in quelle settimane e quel senso di “comunità” dato da commenti e reazioni alle singole vignette. Data la differenza tra i due media di comunicazione è una perdita inevitabile, ma tutt’altro che un problema. Quello non è certo un periodo al quale qualcuno di noi vorrebbe mai tornare. Ed è per questo che l’appuntamento quotidiano con Leo Ortolani fu così prezioso.
Pasquale Laricchia: Y – L’ultimo uomo sulla Terra
In pochi minuti sull’intero pianeta non ci sono più esseri viventi di sesso maschile. Sono tutti morti, a parte due: Yorick e Ampersand, un ragazzo ed una scimmia.
Questo è l’incipit di “Y – L’ultimo uomo sulla Terra” di Brian Vaughan e Pia Guerra che la Panini Comics ha cominciato a (ri)pubblicare dalla scorsa estate.
Brian Vaughan (Ex Machina, Saga) racconta così del viaggio di Yorick e Ampersand attraverso un’America post apocalittica popolata da sole donne.
Quella che però nasce come odissea di un moderno Gulliver si rivela ben presto pretesto e cornice di una più profonda scoperta del mondo che ci circonda. Ricca di colpi di scena e cliffhanger, la storia è sempre avvincente e ritmata. La narrazione di Vaughan è infatti tanto pulita ed essenziale quanto sprezzante e grottesca. I personaggi narrati sono quasi sempre un pelo sopra le righe, a cominciare dal protagonista: un ragazzo ostinato, ingenuo, irresponsabile, ridicolmente romantico ed immaturo.
Proseguendo la storia Vaughan, col suo umorismo cinico e grottesco, ci mostra il mondo che ci circonda in maniera tanto disincantata quanto spietata. Le relazioni sociali e le strutture umane che incontriamo sono volutamente esasperate e politically incorrect tanto da lasciare sempre il lettore spiazzato o imbarazzato dalle situazioni che spesso, solo l’innocenza bonaria del protagonista riescono a riequilibrare.
La pulizia delicata e realistica dei disegni di Pia Guerra è perfettamente allineata allo stile ed alla narrazione e tratteggiano in maniera impeccabile sia i profili più aspri che quelli più delicati dando risalto al fascino dei personaggi perfettamente stereotipati da Vaughan che, come tipico della sua scrittura, riescono poi all’improvviso a sorprendere, conquistando e spiazzando piacevolmente il lettore.
Un’appassionante avventura a metà tra romanzo di formazione ed epopea post apocalittica, che ci regala personaggi immortali ed emozioni inaspettate che diventa fondamento del genere.
Martina Galea: Aldobrando
Aldobrando di Gipi e Luigi Critone è una fiaba di una volta, di quelle che fanno paura e allo stesso tempo insegnano, e che potrebbero perfettamente essere raccontate ne Il Cunto de li Cunti o nel Decameron.
Diversamente dal solito, Gipi non si occupa dell’intero albo, ma scrive una storia che viene letteralmente dipinta da Luigi Critone, fumettista italiano da tempo attivo in Francia, accompagnato dai coloristi Francesco Daniele e Claudia Palescandolo. Il risultato è un volume corposo, di circa 200 pagine con grandi tavole dalle tinte intense, in cui si muove il giovane e ingenuo Aldobrando, apprendista di uno “strego” che parte alla ricerca di un’erba introvabile.
La storia è ricca di personaggi che in parte ricalcano, anche visivamente, i classici topoi narrativi (il bruto grosso e violento, il re piccolo e circondato da untuosi lacchè, la bella principessa, l’astuto consigliere) ma che pagina dopo pagina si rivelano diversi quel tanto che basta per sorprendere e far sorridere per le interessanti scelte di Gipi. Senza entrare nel dettaglio della trama, le avventure di Aldobrando si rivelano un vero e proprio romanzo di formazione, un percorso di crescita, di scoperta e di amore.
Lo stesso Gipi ha descritto così i suoi personaggi:
«I miei personaggi sono sempre doppi, lacerati da un conflitto interiore; come accade agli esseri umani, anche il più malvagio può avere un lato di tenerezza. Il solo e unico alfiere di innocenza è il protagonista, Aldobrando, che vince grazie alla sua fragilità, alla sua paura, alla debolezza di cuore e di membra. Un eroe senza i tratti dominanti dell’eroe. Un personaggio che oppone alla forza bruta quella dell’innocenza. Un ragazzo che non sa niente del mondo o dell’amore, ma il percorso che farà lo porterà anche a scoprire questo sentimento, che è l’unico premio che immagino per una persona». (fonte: https://www.coconinopress.it/prodotto/aldobrando/)
Per certi versi, Aldobrando è un fumetto d’altri tempi: una narrazione pura, fresca e intensa, un ritorno a quella dimensione di racconto formativo che sa insegnare tramite lo stupore. Il lettore non è certo ingenuo come Aldobrando, ma è con i suoi occhi che segue ogni vicenda, è col suo candore che gira ogni pagina per scoprire cosa accadrà.
I disegni di Critone sono perfetti per dare forma alla storia immaginata da Gipi, e i colori scelti da Daniele e Palescandolo riescono a restituire le tinte tipicamente “gipiane”, le tante gradazioni di beige, i nasi rossi, i toni caldi che i lettori di Gipi ben conoscono.
È proprio Critone a dire che “Aldobrando è l’avventura, questo per me è stato lampante da quando ho letto la prima sceneggiatura di Gianni. Abbiamo giocato con una struttura che è predefinita, è una di quelle storie che sai dove va a finire (anche se c’è chi è rimasto sorpreso dal finale), e dal punto di vista di chi la scrive e di chi la disegna è divertentissimo giocare con i codici dell’avventura classica. È qualcosa che non invecchierà mai, una storia che stiamo raccontando da migliaia di anni, è sempre divertente averci a che fare.” (fonte: https://www.doppiozero.com/materiali/gipi-e-critone-aldobrando-il-mio-lato-piu-luminoso)
In Francia l’albo è uscito a gennaio, ed è stato immediatamente un successo, conquistandosi la candidatura come miglior fumetto ad Angoulême 2021.
In Italia è uscito ai primi di novembre del 2020 e siamo certi che l’accoglienza che riceverà sarà altrettanto calorosa.
Luca Cerutti: The Goon – Omnibus
Proprio all’inizio del 2020, Panini Comics ha dimostrato che SAPEVANOTUTTOENONCIELODICONO!!111!! buttando in libreria il primo “The Goon – Omnibus“, un volumone rilegato con copertina rigida, fatto apposta per passare lunghe giornate chiusi in casa e, all’occorrenza, più che adeguato come arma contundente o scudo antiproiettile nell’eventualità di una apocalisse zombie.
Il fatto che io non sia riuscito a scriverne nel corso dell’intero anno è sintomatico: The Goon di Eric Powell si può riassumere in una frase “Quello che sarebbe stato The Spirit se Will Eisner ci avesse dato dentro di peyote” ma è tanto “denso” e sfuggente che articolare un pensiero più compesso è difficilissimo.
A prima vista si presenta come poco più di una goliardica collezione di storielle con protagonista “The Goon” (letteralmente “Lo scagnozzo”) un bruto evidentemente ispirato al Marv di Sin City ed il nanetto smilzo e acido Franky suo compare i quali “regolano le cose” nei bassifondi per conto dello sfuggente capomafia Labrazo e ne garantiscono la tranquillità assicurandosi che un ragno gigante non spenni troppi polli a poker, i licantropi non si facciano prendere la mano al bar e, sopratutto, l’armata di zombie al soldo del malefico Prete resti confinata in Lonely Street.
Eppure dietro a questo soggetto delirante che frulla insieme tutti gli archetipi della “serie B” della narrativa in episodi dallo sviluppo semplificato e scemotto c’è qualcosa che avvince il lettore e lo affascina: una perizia grafica di primo livello che pur riconoscendo il padre nobile non si spinge a scimiottarlo, un senso del ritmo, dello sviluppo e della battuta che è pura provocazione punk: è l’intelligente che fa lo scemo sapendo che ci cascherai, ed è irritante e divertente allo stesso tempo e ti scopri a non poterne fare a meno.
Ripetendomi in parte, è la poetica grafica e narrativa di The Spirit riscritta guardando ai periodi migliori di “Mad magazine” e, quindi, devo spiegare ulteriormente perchè sia stato il mio fumetto preferito del 2020?