In omaggio al n.774 della serie mensile di Tex, la casa editrice di Via Buonarroti ha fatto uscire il primo numero di una nuova ristampa molto prestigiosa, il n.1 dell’intera serie di Tex: Tex Collezione Book. È un evento in tutti i sensi: dopo Tex Tre Stelle, Tutto Tex, Tex Nuova Ristampa, Tex Collezione Storica A Colori, Classic Tex e la ristampa anastatica delle strisce, adesso siamo davanti ad una nuova ristampa mensile. Una veste prestigiosa, cartonata, lucida che ricorda la vecchia ristampa di Dylan Dog Collezione Book.
Sembra quasi impossibile, in un’era come quella attuale – con il mondo del fumetto italiano che deve e cerca di reinventarsi offrendo, sperimentando, progettando nuove soluzioni ai fini di consentire alla platea di lettori opzioni varie di fruizione (pensiamo agli abbonamenti e al digitale, due strade intraprese di recente proprio in casa Bonelli) – che si debba ricominciare da La mano rossa. E invece strano non è. Per il semplice fatto che Tex rappresenta un patrimonio che dobbiamo tutti (a prescindere dai gusti di lettura di ognuno) salvaguardare come elemento caratteristico della fantasia e della creatività italiana.
La banda della “Mano Rossa”, “John Coffey”, “Tesah”. Nomi che richiamano l’inizio di un’epopea che non ha nulla da invidiare alle leggende della narrativa popolare.
Era il 1958 quando usciva il primo numero della 2a serie Tex Gigante, che andava a ristampare le prime storie pubblicate dal 1948 in formato a striscia. Seconda serie perché già nel 1954 il giovane Sergio Bonelli, già responsabile della casa editrice Audace (futura Bonelli), decise di dare alle stampe le primissime storie di Tex in un formato che rivoluzionerà per sempre il mondo del fumetto sia italiano che europeo, il formato “bonellide” con la 1a serie Gigante. 16,3 X 21,7 cm: eccolo qui il formato principalmente diffuso che vediamo tutt’oggi nelle edicole quando ci apprestiamo ad acquistare un albo a fumetto. Fu una rivoluzione copernicana per l’epoca.
Il segreto di un fenomeno senza tempo
Nonostante che i fasti dei bei tempi che furono siano passati anche per una serie come quella di Tex, è innegabile come il personaggio in sé rappresenti ancora un culto e un prodotto quasi “misterioso” per la sua longevità e per un successo invidiabile dalla maggior parte delle testate a fumetti made in Italy.
Di fasi Tex ne ha avute tante: dall’epopea di Gian Luigi Bonelli a quella di suo figlio Sergio – in cui emerge una figura di Tex più umana e meno invincibile – passando per Claudio Nizzi che prende il timone della serie alla fine degli anni ’80, trascurando il suo Nick Raider e diventando un maestro di attualizzazione e rinnovamento (sempre fedele alla tradizione), fino ad arrivare alla gestione Boselli (che terminerà la sua curatela di fatto nel giugno 2025, così si vocifera nel momento in cui scrivo questo articolo).
In tutti questi decenni esistono diversità di opinioni tra i lettori, sia quelli fedeli che quelli meno fedeli ed è normale che in una serie che fra tre anni andrà a festeggiare gli 80 anni di presenza ininterrotta in edicola non tutte le ciambelle siano sempre uscite con il buco. Ci sta. Ma nonostante questo, Tex è ancora qui.
Tex è figlio della Costituzione repubblicana e, paradosso dei paradossi, nonostante questo è uno che vìola la maggior parte delle norme in essa indicate. Lui ha un suo codice etico, sempre a difesa dei più deboli; un codice inflessibile, che intraprende con coraggiosa linearità e credibilità: Tex risolve i problemi da solo (o con l’aiuto dei suoi pards), non ama tanto perdere tempo nell’affidarsi ai tempi biblici di chi amministra la giustizia. Con Tex si palesa forse la più plastica distinzione tra diritto e giustizia E forse è proprio qui – se trasliamo tutto alla società odierna- che notiamo un’attualità estrema del personaggio.
Un altro aspetto di questa sua longevità riguarda ciò che Aquila della Notte rappresenta per la tribù dei Navajo, di cui è il capo e il difensore. Una caratteristica in contraddizione rispetto all’immaginario collettivo della narrazione dell’epoca in cui la serie è nata – come i romanzi, i film – in cui si metteva in evidenza il contrasto, quasi fosse un fatto assodato, tra gli indiani (i cattivi) e l’esercito americano (i buoni). Gian Luigi Bonelli rese molto realistico il ribaltamento di questo rapporto. Ennesimo punto di forza e modernità del personaggio.
I pro e i contro dal punto di vista dei collezionisti
Oltre a quanto detto fin qui, occorre analizzare dal punto di vista del collezionista quali sono i pregi e i difetti della ristampa Tex Collezione Book.
Nulla da dire sul piano della veste estetica: cura attenta nella scelta della carta, dello stile cartonato di pregio, lucido. È sempre un piacere ripartire dalle origini di questo personaggio e una ristampa è un’occasione anche per i più giovani di tornare ad immergersi nella lettura di un fenomeno della cultura popolare. Pensiamo allo stile semplice e moderno dei disegni di Galep: una scelta azzeccata che poi ha fatto storia per tutte le generazioni successive di disegnatori che si sono cimentati con Aquila della Notte.
Ma il collezionista è pignolo, soprattutto se è un lettore appassionato di Tex. Infatti, dopo l’uscita della ristampa delle strisce di Tex in versione integrale, senza censure (sia sul piano del disegno che su quello dei testi), ci si poteva aspettare di avere finalmente la possibilità di rileggersi le prime storie di Willer in formato bonellide senza i veli del politically correct. E invece no. La versione riproposta di questa ristampa della Mano Rossa ricalca le scelte adottate dal giovane Sergio Bonelli, che per non andare incontro a probabili sequestri che violassero la Garanzia Morale della Legge adottò delle modifiche sia nei disegni che nel linguaggio. Gli appassionati ne conoscono a bizzeffe di queste censure. Vediamone alcune: Tesah che soccorre il padre morente con una scollatura alla spallina decisamente “moderna” per l’epoca (la foto di questo paragrafo è tratta dalla versione non censurata della ristampa anastatica a strisce), la frase “pelle sporca” all’indiano, Coffin che spara a Dente di Lupo chiamandolo “sporco pellerossa “ e “bastardo rosso”, Tex che promette di uccidere Coffin, ecc. ecc.
È un peccato che dopo quasi 80 anni un lettore non possa poter leggersi – nel formato classico Bonelli – la versione originale di questa avventura. Ovviamente il collezionista a questi dettagli ci sta attento e forse ci penserà due volte prima di intraprendere un’ennesima ristampa edulcorata dal politically correct. Tra l’altro – questo va detto – le espressioni, i disegni , gli inserimenti dei balloon in luoghi alquanto strani e messi lì “apposta” per nascondere chissà che cosa (oh mio dio! Non saranno per caso le gambe di Tesah?), oggi non scandalizzerebbero nessuno. Davvero non si poteva fare diversamente?
Infine, nei forum dedicati a Tex e quindi composti da contenuti di esperti texiani, non è piaciuta neanche l’idea di dover acquistare l’inedito con in omaggio il primo numero di questa nuova ristampa: il “dover” comprare, per forza di cose, il Tex n.774 non è andato giù a molti, tanto più che – in séguito – l’albo è stato anche messo in vendita “autonomamente” al prezzo di lancio di 3 €.
Concludendo, è un prodotto che fa comunque la sua figura nelle librerie degli amanti della qualità estetica: la costa bianca con il titolo e il numero azzurro, il logo “Tex” giallo con sfondo rosso in alto danno risalto al tutto. Diciamo che fa sempre bene dare la possibilità di ripercorrere dall’inizio l’epopea di Tex; forse serviva un po’ più di coraggio per ristampare le storie originali al 100%, come era stato appunto fatto nella riproposizione a strisce.