Molto spesso i viaggi non programmati sono quelli che ti lasciano un senso di appagamento non indifferente. È il caso del mio ultimo, fatto nella città eterna, Roma.
Spesso e volentieri, quando esco fuori casa per più di un giorno, cerco di programmare il più possibile gli eventi o semplicemente le cose da fare, per godermi il momento e sfruttare il tempo a mia disposizione. Non è questo il caso, solamente perché il mio viaggio è stato deciso pochi giorni prima di partire. Mi ricordavo, per via di alcune segnalazioni di eventi che pubblico sul mio blog, di una mostra su Hugo Pratt, ma non ricordavo il periodo né tanto meno dove fosse il luogo dell’esposizione. Rammentavo solo la città e il fatto che fosse gratuita.
Così mi trovo a spulciare le informazioni sullo smartphone durante il viaggio in macchina (non guidavo io!) e, per mia fortuna, la mostra era aperta nel giorno in cui avrei sostato nella capitale.
Presto detto! Il giorno seguente al mio arrivo mi dirigo verso Largo di Torre Argentina dove, al civico n.11 doveva trovarsi il luogo in questione ma, cosa molto strana, non vedo nulla che rimandi alla mostra su Pratt. Un manifesto, una grafica, un qualcosa che mi indicasse che il palazzo fosse quello giusto. Niente di niente. Così do un’altra controllata alle mie informazioni in possesso e mi risulta che il numero civico è corretto. Chiedo ad un signore all’interno del portone d’ingresso riguardo la mostra… ma nulla.
Mi inoltro su per le scale – tra l’altro molto belle – e al secondo piano vedo due grafiche che indicano l’esposizione, finalmente!
Da un punto di vista comunicativo e pubblicitario (e non capisco se è stata una scelta precisa) mi tocca criticare la poca attenzione che hanno dato, soprattutto a chi la mostra la vorrebbe vedere: altrimenti, mi pare abbastanza razionale il pensiero, perché farla?
Un viaggio nella letteratura reale e immaginaria
Mi addentro all’interno del palazzo che dà casa alla Fondazione Besso, un luogo molto curato e ameno, ricco di storia e un profumo che ti trasporta indietro nel tempo di cinquant’anni.
La storia di questo palazzo è antica: l’edificio sorge sui resti delle Terme di Agrippa, in una zona di Roma di particolare rilievo storico e monumentale. Le sue origini risalgono (per come lo conosciamo oggi, nella sua forma unitaria) al 1600.
La mostra di Hugo Pratt è stata allestita gestendo gli spazi già presenti e condividendo non solo la storia e le tradizioni, ma anche la necessità di armonizzare le opere del fumettista veneziano con gli oggetti presenti all’interno, libri in primis.
L’esposizione si suddivide in tre sale (non troppo grandi) e segue tre linee temporali su Pratt e la sua fumettografia.
Già il titolo ci dà una chiara idea. Si sfrutta la bellissima biblioteca del palazzo per imperniare il discorso partendo proprio dalla narrazione filologica e da lì farsi strada. Biblioteca, tra l’altro, che ad oggi conta oltre 70.000 volumi.
Hugo Pratt si inserisce in quello che per lui è stato sempre un binomio imprescindibile per il suo percorso professionale, la parola e il disegno, nella loro svariate declinazioni.
Prima sala
Si accede in questo primo spazio che ci mostra fin da subito il suo personaggio principale: Corto Maltese. Il marinaio sarà presente, oltre che nelle belle e grandi stampe a parete (che a volte fanno da sfondo alle tavole originali), anche in alcuni passaggi testuali – ma anche acquarelli e illustrazioni che Pratt fece durante i suoi lunghi viaggi per il mondo, soprattutto nell’esplorazione di luoghi misteriosi e affascinanti, dalla Polinesia all’Etiopia. Sarà proprio in queste migrazioni che l’autore scoprirà il fascino della cartina geografica: un semplice oggetto che aprirà un mondo visuale dove l’idea dello spostamento non sarà più e solamente fisico, ma ne diverrà un concetto più ampio, dove poter esplorare il mondo attraverso la carta, il disegno, tutto quello che fino a prima dei viaggi era spesso piatto, senza una profondità tale da entrare nell’esperienza della vita.
Viaggi, conoscenza delle tradizioni locali, uomini e donne che incontra, daranno una linfa che lo porterà ad essere un eterno esploratore, un marinaio senza divisa.
Le tavole sono presentate nella loro forma più grezza: linea sporca, scotch visibile, cancellature, vignette incollate e altri dettagli che rendono l’oggetto vivo e sempre presente nel luogo in cui viene esposto. Queste ultime, come anche gli acquerelli, sono delicatamente incorniciate, senza “disturbare” lo sguardo del visitatore che si può immergere nella bellezza del tutto.
Seconda sala
Qui ci troviamo letteralmente catapultati in un mondo dove l’esterno non esiste più! La biblioteca è adibita come seconda sala espositiva. Non troviamo opere originali ma esclusivamente dei “teli” stampati che rappresentano la simbologia e l’iconografia dei personaggi prattiani. Immagini che sono diventate icone, frasi celebri, vignette giganti – e stampate in modo tale da creare una trasparenza, cosicché il visitatore (nell’osservare i “teli”) possa anche scorgere gli scaffali pieni di libri dietro di esse.
L’unicità deriva dal contesto con cui questi “teli” dialogano, gli oltre 70.000 volumi che vivono in quello spazio da decenni. Luogo, questo, che diventa centrale per ciò che ha rappresentato la letteratura per Hugo Pratt, amante delle parole, tanto che i suoi racconti sono cosparsi di riferimenti, citazioni e omaggi. Come nella sala precedente, dove si trovano due tavole stampate su pannelli de L’ultimo colpo (Corto Maltese, Le Etiopiche) che iniziano proprio con una poesia di Arthur Rimbaud, Il battello ebbro.
Poetica e narratologia, quindi, sono le basi con cui è stata costruita e curata questa esposizione.
Terza sala
Quest’ultimo spazio, che nel quotidiano del palazzo è un auditorium, ospita 25 tavole ben incorniciate de L’Odissea di Pratt. Un percorso affascinante per ricercare il tratto del maestro veneziano e provare ad individuare segni grafici e intensità delle espressioni che ritroveremo solo nel 1967 in Una Ballata del Mare Salato.
Anche qui, come nelle altre opere originali, si scorgono tutte le imperfezioni del lavoro manuale del fumettaro (come lui stesso amava definirsi), con revisioni grezze, colla visibile, pagine ingiallite…
Tutto ciò che rappresenta un passato, diventa memoria oggettuale nel momento stesso in cui lo spectator vive l’esperienza dal vivo.
In ultimo, una proiezione su grande schermo ci accompagna con un documentario di circa 50 minuti di Pratt e delle sue esperienze in Sud America.
Una critica che muovo a chi ha curato l’allestimento è dovuta alla posizione scelta per queste 25 tavole: per potersi avvicinare e osservare, infatti, bisogna barcamenarsi in mezzo alle sedute in legno (fissate al pavimento) dell’auditorium, rendendo difficoltosa la fruizione.
La biblioteca geografica di Hugo Pratt – Un viaggio nella letteratura reale e immaginaria è stata una mostra interessante, anche se con i suoi piccoli difetti, che rende bene l’idea del macromondo filologico di Pratt. Nel nostro piccolo, questa avventura, rappresenta un viaggio immaginifico nella personalità e nell’arte di un grande conoscitore del fumetto.