Come da ormai consolidata tradizione bonelliana, anche la collana Le Storie si arricchisce di numeri speciali annuali con relativa colorazione.
A luglio 2014 fa capolino nelle edicole il primo numero, uscita che si ripeterà nei successivi sette anni per un totale di otto albi speciali.
La foliazione (128 pagine) è maggiore rispetto ai canonici numeri della serie regolare, mentre le copertine sono sempre opera di Aldo Di Gennaro che conferma di essere un reale valore aggiunto per la qualità che riesce ad imprimere in ogni suo lavoro.
L’andamento qualitativo degli albi invece seguirà quello della collana regolare: partenza a razzo con due storie davvero pregevoli, seguita da albi piuttosto deludenti e qualche altra prova più che valida.
Una felice costante è la qualità dei disegni, sempre altissima, con alcune prove davvero sorprendenti. Il colore – in questi casi – arricchisce in modo notevole lavori già eccellenti in partenza.
Con la chiusura della serie regolare si interromperà anche quella dei numeri speciali, terminando in modo definitivo la proposta di storie inedite della collana curata da Gianmaria Contro.

Speciale Le Storie n. 1
“Uccidete Caravaggio!”
Ad inaugurare la collana degli speciali è una storia sotto il segno di uno dei più celebri rappresentanti dell’arte occidentale di tutti i tempi, ovvero Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio.
Giuseppe De Nardo si conferma a suo agio in episodi dal notevole coinvolgimento storico, con un’accurata descrizione dei fatti realmente accaduti senza per questo sclerotizzare il racconto.
In questo volume vengono riproposte le avventure dell’ultimo periodo della tribolata vita dell’artista, condannato a morte per omicidio e insidiato dai suoi potenti nemici che ingaggiano feroci sicari con l’ordine di Uccidere Caravaggio!
Costretto a fughe precipitose per terra e per mare, sempre minato nello spirito dalla sua irrequietudine e nel fisico dalla malaria, Merisi non rinuncia mai alla sua potente arte, capace di affascinare ma anche di sconvolgere, fino a portare lo stesso artista ad una compiaciuta ossessione.
Ottenuta la protezione dai Cavalieri di Malta, decisi a custodire il suo prezioso talento, viene costretto ad una cattività che presto diventerà insopportabile: sopraffatto dalla fame di libertà e dall’indomito spirito ribelle, deciderà di allontanarsi da quell’esilio dorato.
L’ultima disperata fuga avrà un finale tragico, epilogo quasi scontato delle sue rocambolesche vicende, che non permetterà al protagonista di ottenere quella redenzione terrena a lungo inseguita. Sarà proprio uno dei suoi sicari ad impedire che la sua morte sia stata vana, curandosi del suo corpo mortale e di parte della sua eredità artistica.
Il vero protagonista di questa avvincente storia è proprio uno dei suoi “cani da caccia”, Pablo Domingo Serrano, uomo di ventura ingaggiato da un alto prelato, il cardinale Villanova, incapace di concepire come quell’arte così eversiva possa essere apprezzata.
Nei lunghi inseguimenti compiuti per catturare e uccidere Caravaggio, Serrano entrerà in contatto con la sua arte, rimanendone affascinato fino a disubbidire ai suoi compiti di sicario. Scoprirà quanto dietro quei dipinti ci sia la stessa anima del pittore, il suo spirito inquieto e impulsivo, stretto parente di quello più nascosto dello stesso Serrano.
Ammirando una sua opera, ammaliato da quella luce tenebrosa che il dipinto sprigiona, non riesce più a trattenere la sua profonda ammirazione: “Caravaggio ci dice che il bene, il male, le passioni, i sentimenti, la violenza e la pietà sono di questo mondo. Ci ricorda che siamo uomini e peccatori”.
Giampiero Casertano, così come già fatto per la serie regolare, ha il compito di inaugurare questi speciali e lo fa con una prova senza la minima sbavatura, in cui il suo tratto risulta credibile in ogni sfumatura, riuscendo a rappresentare brillantemente ogni particolare dell’epoca.
La colorazione a cura di Arianna Florean è realizzata con attenzione senza mai essere invadente.

Speciale Le Storie n.2
“Mohawk River”
Lontano dai paletti imposti dalla serialità del suo personaggio principe (Tex), Mauro Boselli sforna una storia maiuscola, dove pulsa il cuore dell’avventura, quella che vive di combattimenti all’ultimo sangue, eroismi, intrighi, vendette e cospirazioni. Il tutto con sullo sfondo una delicata storia d’amore che unisce un uomo e una donna apparentemente incompatibili per la loro appartenenza a raggruppamenti contrapposti.
Siamo nel pieno della Guerra dei Sette Anni, quella che nella seconda metà del Settecento oppose in territorio americano due schieramenti cui facevano capo Regno Unito e Francia.
Una guerra che coinvolse in pieno anche le popolazioni native dell’America settentrionale, alleate di una o dell’altra fazione, ma principalmente interessate ad espandere in modo del tutto opportunistico i propri territori.
Attento e rigoroso nella ricostruzione storica degli eventi, Boselli dona vita a personaggi del tutto credibili, non risparmiando al lettore nulla delle terribili atrocità di cui i due schieramenti si macchiano.
Quindi un approccio meno romanzesco e più vicino alla realtà di un mondo dove la crudeltà è quasi un codice d’onore, come mangiare il cuore del nemico ucciso quando ritenuto degno di rispetto e valore.
Siamo vicini a territori già esplorati da opere come “L’ultimo dei Mohicani”, omaggiato a più riprese nell’albo, da cui viene ripreso il registro espressivo pragmatico e poco dedito all’approfondimento psicologico; un mondo selvaggio, in cui la violenza divide facilmente il mondo in morti e vivi, vincitori e vinti.
Sui tanti personaggi che popolano la storia emerge Riley Black, il grande cacciatore bianco del Mohawk River, cui gli Irochesi hanno donato il nome di Corvo Nero e che, non a caso, presenta le fattezze di Daniel Day Lewis.
Il suo carisma – unito alla sua spietatezza – ne fanno una figura ieratica per i suoi amici e alleati ma, paradossalmente, anche per i nemici che ne cercheranno ossessivamente la morte. Il suo fantasma aleggerà fino al termine del racconto, terminando con un colpo di scena finale per la verità non del tutto inaspettato.
Angelo Stano, lontano dai canonici mondi dell’universo dylaniano, preferisce un approccio diretto, secco, limitando al minimo il suo caratteristico “espressionismo”.
Restano di grande effetto le tavole ambientate in paesaggi innevati, dove l’inchiostrazione curata dallo stesso Stano assume un valore importante.

Speciale Le Storie n.3
“Klon”
Corrado Mastantuono è disegnatore di grande esperienza, con opere che spaziano su generi completamente diversi tra loro.
Oltre a lavori sulle principali serie Bonelli, al suo attivo ci sono tante uscite disneyane in cui ha l’opportunità di curare talvolta anche i testi.
In questo Klon l’artista romano assume il compito di soggettista, sceneggiatore, disegnatore e colorista, confermando la sua innegabile ecletticità.
Abbandonando il classico registro umoristico delle storie Disney, Mastantuono si immedesima totalmente in un episodio che ha le connotazioni del thriller fantascientifico.
Il protagonista, Rocco Basile, si muove in una Roma di un futuro prossimo, popolata da un’umanità fredda e distaccata, in cui la solitudine sembra essere il denominatore comune di tanti personaggi come lo stesso Rocco. Suo malgrado finirà invischiato in una cospirazione politica ordita da una potente casa farmaceutica, rischiando più volte la vita davanti a spietati sicari e l’equilibrio psichico di fronte a fatti inspiegabili.
Se sull’impeccabile comparto grafico non si può obiettare nulla, il resto desta numerose perplessità.
Da un soggetto che ha poco di originale, ne deriva una storia piuttosto ingessata, in cui si procede davvero a fatica nella lettura. Troppe situazioni prevedibili, passaggi che potrebbero essere sintetizzati vengono allungati oltre modo.
Inoltre la storia risulta troppo verbosa, con un esagerato uso delle didascalie che riempiono le numerose tavole in cui vivono i pensieri del protagonista.
Il finale presenta diversi punti che non tornano e, in generale, è troppo sbilanciato verso una soluzione di comodo.
Oltretutto l’ambientazione romana è del tutto ininfluente ai fini della storia: al di là di alcuni scorci da cartolina, non resta molto altro.
Rispetto ai precedenti due speciali che sfiorano il capolavoro, una prova che si dimentica in fretta.

Speciale Le Storie n.4
“Lavennder”
Difficile scrivere di questo Lavennder senza il rischio di cadere nella trappola dello spoiler, perché il senso della storia è tutto (almeno nelle intenzioni dell’autore) nel colpo di scena finale.
Per 120 pagine il canone cui si rifà Giacomo “Keison” Bevilacqua, nome che non ha certo bisogno di presentazioni, è quello del survival movie, con una spruzzatina di horror e una protagonista adeguatamente discinta.
Una giovane coppia, per sfuggire allo stress della vita cittadina, decide di trascorrere una vacanza su un’isola deserta, scenario paradisiaco che fa tanto “isola dei famosi”.
Ben presto il clima idilliaco verrà turbato da una serie di misteriosi avvenimenti e da sgradevoli incontri che deflagreranno in feroci violenze, fino al sorprendente epilogo.
La dinamica del racconto, partendo da un incipit quanto mai piacevole e spensierato, vorrebbe costruire un progressivo clima di inquietudine che, tuttavia, si rivela del tutto artificioso: troppe situazioni già viste e quindi prevedibili, manca il guizzo che coinvolga il lettore.
I personaggi hanno una profondità appena accennata e gli stessi dialoghi sono conditi da una serie di banalità grossolane. Non a caso alcune delle scene più riuscite sono quelle mute, in cui la coppia si diletta nella pesca subacquea.
Rappresentazione in linea con quella di tanti film di genere, thriller / horror estivi di serie B, con la sensuale e procace eroina che – insieme al suo compagno – compie scelte ampiamente discutibili che vanno dallo scellerato all’insensato.
Su tutto aleggia una palpabile tensione erotica sprigionata dalla bella protagonista: va dato merito a Bevilacqua di averla rappresentata con indubbia maestria.
Il finale, come si è già scritto, tenta di sconvolgere i fatti presentati fino a quel momento ma, in realtà, sembra messo forzatamente, proponendo l’ennesima variazione sul tema del racconto per ragazzi da destrutturare a proprio piacimento.
Quale racconto si può intuire anagrammando il titolo dell’albo oppure sforzandosi di decifrare a quali personaggi facciano riferimento nomi di comodo come Gwen (la protagonista) o Piotr (l’agente di viaggio Lavennder).
Il livello dei disegni è eccellente, con un buon gioco tra luci ed ombre, aiutato da una colorazione azzeccata che sfuma le rassicuranti tonalità pastello della prima parte con i toni accesi del drammatico finale.

Speciale Le Storie n.5
“L’inquisitore”
Per un albo come L’inquisitore è d’obbligo per una volta partire dai disegni realizzati da Antonio Lucchi, artista già all’opera per Bonelli su Adam Wild.
Un lavoro che colpisce immediatamente per il suo stile pittorico, ispirato da artisti del calibro di Goya e Caravaggio. Tavole di grande effetto, con un uso sapiente dello strumento digitale. La mancanza dei contorni delle figure – affidando al solo colore la demarcazione dei vari elementi – enfatizza lo stile impresso da Lucchi, donando armonia a tutto l’insieme.
Un lavoro minuzioso, con giochi di luce che ben realizzano il contrasto tra determinate parti della vignetta.
Il disegnatore non si fa scrupolo, in diverse tavole, di rompere la tradizionale gabbia bonelliana con inserti e riquadri nelle singole vignette e alcune splash pages di grande effetto.
Peccato che la storia imbastita da Gianfranco Manfredi non risulti particolarmente riuscita. L’inizio è promettente, con una bella presentazione della Spagna del XVII secolo (in cui si muove l’inquisitore del titolo, Luis de Santiago), avvolta da fanatismo religioso, terrore dello spietato mezzo inquisitorio, superstizioni e folklore locale.
A metà tra il Nicolas Eymerich di Valerio Evangelisti e il Solomon Kane di Robert Howard, Santiago prova a denunciare l’iniquo strumento dell’inquisizione, con i suoi processi farsa cui seguono i roghi di persone scomode o mal viste. Lui stesso è combattuto tra il suo dovere di inquisitore e il senso di giustizia e fede.
Tuttavia lo sceneggiatore ad un certo punto decide di dare un taglio diverso al racconto, inserendo elementi più misteriosi, in bilico tra fantasy e horror. Scelta che si rivela decisamente inconcludente, con uno svolgersi che procede a strappi tra scene d’azione risolte molto frettolosamente (il duello decisivo è riassunto in sole tre vignette), demoni che spuntano fuori all’improvviso tra lo sconcerto generale e addirittura zombie à la Romero.
Il finale con l’ascensione al cielo, per quanto di grande effetto, sembra messo con l’intento di giustificarne un futuro secondo capitolo.
Troppa confusione quindi, troppi elementi compressi in un solo albo e pure qualche dettaglio fuori fuoco come, ad esempio, i cavalieri templari, riesumati fuori tempo massimo.

Speciale Le Storie n.6
“Kentucky River”
Dare un seguito ad un’opera particolarmente riuscita, qualunque sia la sua forma artistica, è sempre compito arduo.
Nel caso di questo Kentucky River le aspettative dei lettori erano altissime, per via di un primo capitolo (il secondo speciale de Le Storie, di cui sopra) apprezzatissimo e ritenuto in modo unanime una delle vette della produzione bonelliana recente.
Invece occorre complimentarsi con Mauro Boselli per la capacità di donare nuova linfa alle vicissitudini della famiglia Chapman raccontate nel precedente albo.
Siamo all’inizio della guerra d’indipendenza americana, primi sviluppi di un conflitto che condurrà allo scontro le tredici colonie nordamericane e il regno britannico.
Lo sceneggiatore milanese, anche questa volta, innesta una storia di pura avventura dentro una vicenda dal rigore storico preciso e attento, donandole però sfumature diverse.
Se la violenza permea ancora tanti sviluppi della trama, c’è più spazio per le figure femminili che risultano protagoniste al pari di quelle maschili. Uno spirito indomito il loro, una voglia di dare la loro impronta fuori dai rigidi schemi imposti da un mondo che inevitabilmente le confina ai margini.
Il racconto si mantiene su un registro neutro rispetto alle due fazioni in lotta: non ci sono i cattivi inglesi e i buoni patrioti americani ma c’è una guerra civile cruenta e sanguinosa, combattuta con la guerriglia, gli eccidi, le vendette personali.
In questo senso Boselli si tiene lontano da una visione manichea del conflitto: tutto è funzionale agli ideali e agli interessi dell’una o dell’altra parte, comprese le sempre sfuggenti popolazioni indigene, guidate più che altro da antichi rancori e nuove possibilità di espansione.
Volendo trovare un difetto l’epilogo risulta alquanto telefonato, con l’arrivo salvifico nel momento di massima disperazione, soluzione che era facilmente preventivabile. Finale apertissimo ad un terzo capitolo, peraltro annunciato sia dall’autore che dalla stessa casa editrice.
Ai pennelli ancora una volta Angelo Stano con un tratto che risulta più grezzo rispetto al precedente lavoro, sublimato però da un’ottima colorazione con magnifiche soluzioni acquerellate.

Speciale Le Storie n.7
“Leonardo. L’ombra della congiura”
Dopo Caravaggio, Giuseppe De Nardo costruisce un’altra appassionante vicenda inserendovi un altro grande personaggio storico.
In questo Leonardo. L’ombra della congiura, uscito l’anno prima in formato cartonato da libreria, vengono seguite le tappe fondamentali dell’esistenza di uno dei più grandi geni dell’umanità, partendo dalla Firenze degli anni della Congiura dei Pazzi, attraversando il lungo periodo milanese, per finire in Francia, ad Amboise, dove Da Vinci morì.
Oltre che nelle sue opere, viene esaltato il suo talento soprattutto nello sbrogliare l’intricata trama di un vero e proprio giallo: Leonardo dovrà scoprire non solo l’esecutore materiale del crimine, ma soprattutto chi è il traditore che ha permesso di compiere l’omicidio.
Un moderno investigatore si direbbe, sempre attento al percorso logico dei fatti e attento a ricostruire ogni minima traccia sul luogo del crimine. Non manca anche una breve autopsia del corpo dell’amico assassinato, in cui Leonardo farà sfoggio del suo notevole potere deduttivo unito ad una solida base scientifica.
De Nardo è bravo a dare grande credibilità a tutta la vicenda, senza far scadere il tutto in una parodia à la Sherlock Holmes, creando una storia di fantasia ma del tutto verosimile.
Perfetta la ricostruzione della società del tempo: dai nobili palazzi fiorentini dove i potenti dell’epoca coltivano loschi intrighi e feroci vendette, fino alle più misere osterie milanesi, con il variegato e pittoresco popolo che le frequenta.
Non può mancare un importante riferimento al Cenacolo Vinciano, in cui verità e leggenda forniscono una delle chiavi per risolvere il mistero alla base della storia.
Protagoniste al pari dello sceneggiatore le affascinanti tavole di Antonio Lucchi, che ripresenta il suo evocativo stile pittorico.
Nonostante a volte l’eccessiva saturazione del colore renda difficoltoso capire quali personaggi siano in scena e cosa si stiano dicendo, Lucchi è bravissimo nel dare un peso specifico diverso alle numerose scene in flashback, realizzate come fossero bozzetti a sanguigna su pergamena.
Un’altra prova maiuscola che impreziosisce l’impeccabile lavoro di De Nardo.

Speciale Le Storie n.8
“L’inquisitore. Doppio incubo”
L’ultimo appuntamento con gli speciali de Le Storie è affidato nuovamente al duo Gianfranco Manfredi / Antonio Lucchi che presentano il sequel de L’Inquisitore, accompagnato questa volta dal sottotitolo Doppio incubo.
La vicenda si ricollega senza soluzione di continuità alla conclusione del precedente capitolo, esasperando l’accento sull’aspetto soprannaturale della storia.
La sceneggiatura si inserisce negli effetti a lungo termine della Reconquista spagnola, con i nefasti editti che costrinsero alla conversione i musulmani e gli ebrei locali, fino all’espulsione dei “moriscos” del XVII secolo.
Tanti i riferimenti storici e culturali che Manfredi inserisce nella vicenda: gli va dato atto di averlo fatto con un’ottima padronanza della materia. L’autore dimostra inoltre di destreggiarsi egregiamente anche nelle leggende e nei miti della cultura gitana, che il piccolo Barbàn illustra con dovizia di particolari agli altri protagonisti della storia.
Purtroppo l’eccessiva verbosità dei dialoghi appesantisce notevolmente la lettura, provocando frequenti cadute di ritmo. La pecca maggiore è quella di una caratterizzazione carente dei personaggi, in particolare quella del supposto protagonista Luis de Santiago, qui relegato a poche azioni del tutto meccaniche senza un adeguato approfondimento psicologico.
La stessa Amanda, la “morisca” legata sentimentalmente a Luis, resta molto sullo sfondo, lasciando un’impressione sfuggente sulla sua reale identità.
Nonostante le molteplici scene d’azione e i feroci combattimenti tra umani, demoni e mostri simil-Alien, il pathos è praticamente assente.
Lucchi per questo lavoro sembra aver avuto completa carta bianca, dimostrando ancora una volta e in modo totalmente convincente la sua totale padronanza della tavolozza digitale.
Il colore spadroneggia in tutte le pagine, con una costante variazione delle gradazioni, per dare un peso diverso agli snodi della trama. La libertà con cui Lucchi compone e scompone la classica gabbia bonelliana è davvero ammirevole e riesce ad esaltare anche i passaggi meno riusciti della sceneggiatura.
Peccato che il formato di questa collana non renda pieno merito all’arte di Lucchi, la cui impostazione grafica si gioverebbe del maggiore formato di un volume da libreria.