Dopo un quaderno di viaggio (Onibi) e un’immersione non scontata, a tratti quasi metafisica, nel folklore nipponico (La fête des ombres, entrambi inediti in Italia), Atelier Sentô – pseudonimo del francesissimo duo, nella vita e nel lavoro, Cécile Brun et Olivier Pichard – narra nuovamente il nostro e il loro mondo scegliendo questa volta come sfondo Tokyo e uno dei suoi quartieri emblematici, l’elettrico Akihabara.
Nahel, giovane francese arrivato in Giappone col sogno di diventare mangaka (è la premessa, giusto un pretesto per raccontare con gli occhi d’uno straniero), appena posate le valigie si ritrova preso in un turbine di avvenimenti non previsti: il vecchio affittacamere gli muore tra le braccia, una ragazza in sedia a rotelle appare e scompare nella notte, killer e maniaci lo inseguono, suo solo appoggio sono un’adolescente e un bambino otaku, mentre una salary-woman chiede aiuto al cuoco del Mystery Café, da cui il titolo.
Se l’avventura ricorda la qualità delle storie che si leggevano nel Giornalino e nel Messaggero dei Ragazzi degli anni Ottanta (e infatti è stata prepubblicata nella rivista Spirou), questa come quelle affronta in maniera indiretta ma non meno efficace temi vertiginosi e attualissimi, quali l’intelligenza artificiale e l’adolescenza negata degli idols, giovanissime stars della J-Pop di cui non si contano le vite spezzate dallo stesso star system che le crea.
Il segno, pur di ispirazione orientale, se ne distacca per tavole e inquadrature europee e un gusto cromatico dall’approccio originale, come il verderame d’una notta piovosa degna di Blade Runner.