Come annunciato nel suo editoriale, in questo Dylan Dog n. 450 intitolato Shock Barbara Baraldi esplora ed affronta il tema della fiaba, nello specifico quella di Barbablù trascritta da Charles Perrault, sfruttando questa tipologia di racconto per quello per cui è stato concepito e declinato per secoli: utilizzare l’elemento fantastico e magico per intrattenere ed educare.
A tale scopo, l’autrice fa quello che da sempre si è fatto, a ogni latitudine, con il materiale fiabesco: lo piega e plasma per raccontare il tempo ed il mondo che ci circonda attualizzandone tematiche e dinamiche. Con buona pace della chiosa del suo editoriale, quindi, in cui ci invita a recuperare queste fiabe nella loro “versione originale”, ignorando a piè pari non solo anni di ricerca filologica (le versioni di Perrault e dei fratelli Grimm sono adattamenti, non sono quindi per nulla più “originali” delle successive versioni), ma anche solo la recentissima e notevole opera di Lou Lubie “E alla fine muoiono” che esplora con intelligenza e fascino l’argomento.
Con un Nicola Mari sorprendentemente pulito nel tratto, che limita al minimo l’intensità cupa della sua matita, ci ritroviamo in una vicenda falsamente contorta che annuncia quasi da subito sia la probabile soluzione dell’enigma, sia il conseguente e inevitabile twist finale. Se quindi il dipanarsi dell’avventura è altamente prevedibile, la narrazione – lenta e senza grandi balzi – vive e sopravvive grazie ai brevi scossoni splatter (e qui Nicola Mari torna a divertirsi) e, in particolare, grazie alla tematica sociale che, come da premesse, si palesa nell’ultima parte del racconto.
Come da programma di “ristrutturazione” del suo Dylan più classico, Barbara Baraldi continua e insiste – giustamente – nel far affrontare a questo Dylan Dog anche tematiche sociali fortemente attuali. Il progetto è ambizioso e (come visto), nonostante alcuni ottimi risultati, il rischio di scivolare su forzature è più che concreto. In questa occasione, a dir la verità, non è semplice definire se la mancata sufficienza di questa storia sia dovuta alla base giallistica /sovrannaturale non troppo convincente, oppure alla necessità dell’autrice di inserire per forza nei meccanismi di una “classica storia di Dylan Dog” la tematica della violenza sulle donne (sacrificando quindi la narrazione dell’avventura). Di base, quello che il lettore si ritrova tra le mani è un ibrido che non rende giustizia a nessuna delle due “anime” della storia. La prima parte, quella dedicata alla ricerca dell’assassino, è più raccontata attraverso i personaggi che mostrata nei suoi eventi, con dialoghi fin troppo esplicativi e spiegazioni al limite del superfluo; anche gli elementi sovrannaturali risultano decisamente forzati. Se si completa il tutto con delle svolte narrative, come detto, abbastanza telefonate, ne rimane un’avventura che convince davvero poco. Di contro, la tematica sociale, argomento di enorme importanza tout court (inserita a tre quarti di albo), preme d’un tratto sull’acceleratore – sia narrativo che emotivo – mancando del tempo utile per svilupparne approfonditamente sfumature e emozioni: ne è riprova la scarsa empatia mostrata da Dylan. Ci si sarebbe aspettati infatti, proprio per quell’idea di “recupero del personaggio originale”, una più viscerale reazione dell’Indagatore dell’Incubo alle tematiche di violenza e orrore di cui l’ultima parte della vicenda è colma.
Eppure se, a conti fatti, quello che alla fine rimane di questo albo è la tematica della violenza sulle donne, forse il valore aggiunto che avrebbe meritato più cura è proprio questa componente. Anche perché Barbara Baraldi dimostra, a sprazzi, la capacità di affrontare la delicata tematica senza eccessivi manierismi o ostentazioni, con una costruzione dell’orrore in una escalation che culmina rapidamente nell’esplosione di rabbia e violenza della parte finale. Proprio il finale, nonostante la svolta “sovrannaturale” e il protrarsi in lunghe didascalie e spiegazioni di cui sopra, si riscatta nella dolcezza e nel dolore dell’ultima pagina. Ma ancora, insistiamo, sarebbe stato più efficace e meno “travisabile” una più attenta e misurata gestione della tematica, sopratutto delle sue derive e conseguenze.
Il premio al miglior cortocircuito contorsionista va al titolo dell’albo che, forse involontariamente, cita il film citato nella copertina del Dylan Dog n. 447 “Hazel la morta”.
Il premio all’orrore quotidiano invece lo trovate qui: Lista dei femminicidi in Italia negli ultimi 12 mesi
Sinossi
In un labirinto di misteri e terrore, un uomo privo di nome e una donna senza identità sono trascinati in un vortice di morte e distruzione. L’uomo, convinto di essere un’anima perduta, si sente già condannato alla non-esistenza. Nel frattempo, la donna, avvolta nell’ombra del suo vuoto personale, si trasforma in una macchina di morte, seminando il caos in un ospedale. Qual è il macabro legame che li unisce? Mentre cercano di svelare questa oscura verità, Dylan Dog e l’ispettore Bloch si immergono in un’indagine rischiosa, affrontando gli abissi più bui dell’animo umano. Nel frattempo, Londra è presa nella stretta di un assassino seriale, il cui modus operandi efferato lascia dietro di sé solo morte e sofferenza.
Dylan Dog n. 450 “Shock”
di Barbara Baraldi e Nicola Mari
16x21cm, 96 pagine, b/n, 4,90€
Sergio Bonelli editore, febbraio 2024
Se te lo sei perso: metti alla prova la tua conoscenza sull’Indagatore dell’Incubo rispondendo a queste dieci domande sul personaggio creato da Tiziano Sclavi: Il Quiz su Dylan Dog