Jordi Lafebre, dopo l’ottimo “Un estate fa” con Zidrou, si cimenta qui nella sua prima prova da autore unico. Non sorprendono – visti i precedenti lavori – né la svolta romantica ed intimista, né la particolare scelta di gestione dello spazio e del tempo.
Lafebre sceglie così di raccontare questa classica e rassicurante storia d’amore al contrario, partendo dalla fine, per ritornare al momento del primo incontro.
Il giochino, come anticipato, rassicura da subito il lettore sull’epilogo della vicenda ma, al contempo, non lo mette al riparo dai dolori della sua assenza. L’intera vicenda infatti è il racconto della distanza, del tempo e delle scelte che tengono lontani i due innamorati per quasi tutta la vita.
Il disagio e la malinconia traspaiono dalle loro epistole e, non da meno, dalle scelte e dalla vita che entrambi comunque si costruiscono e vivono appieno facendo a meno della presenza dell’altro. Il racconto colma questa distanza, altrimenti all’apparenza irrecuperabile, grazie appunto alla narrazione inversa e alle numerose metafore che caratterizzano la storia e le scelte dei due protagonisti.
A corredare il tutto l’ottimo e sublime tratto dell’artista che accompagna con grazia ed efficacia ogni espressione, ogni paesaggio e ogni emozione. Un tratto tanto attento da mitigare la prevedibilità di alcune svolte.