Il ritorno del capitano Nemo rappresenta innanzitutto il ritorno al fumetto di François Schuiten, che – dopo aver terminato lo splendido one-shot dedicato a Blake e Mortimer (Le dernier pharaon, testi di Jaco van Dormael e Thomas Gunzig, 2019) – aveva dichiarato di smettere perché il gioco non valeva più la candela: tre anni passati su un libro, un ritorno economico relativo e un sistema editoriale che chiede al disegnatore di essere ovunque (e chissà come reagirebbero gli autori nostrani, a giudicare dal numero di espatriati Oltralpe che si nota anche in questo settore).
L’inclusione dell’albo nella saga de Le città oscure (testi di Benoît Peeters) è fittizio: la storia nasce per accompagnare il progetto scultoreo chiesto all’autore e a Pierre Matter dalla città di Amiens, dove Jules Verne trascorse gran parte della vita. Il racconto si dipana in doppie pagine, omaggio esplicito a Gli occhi del gatto di Jodorowsky e Mœbius: da un lato la rinascita di Nemo, dall’altro il viaggio del Nauti-poulpe, ibrido nato dalla piovra gigante e da ciò che resta del Nautilus, sino alla città francese.
I disegni sono una meraviglia per gli occhi e richiamano espressamente le incisioni Hetzel di fine Ottocento. Ma i testi di Peeters non sono all’altezza: il monologo di Nemo è un riassunto delle puntate precedenti e la piroetta finale (Nemo che diventa Verne?) non brilla per originalità. Ed è un peccato, perché la storia poteva interessare una più ampia cerchia di lettori rispetto agli appassionati di Verne o Schuiten.