Quasi vent’anni fa Luigi Mignacco (con i disegni di Stefano Andreucci) portò Harlan & Co. in New Mexico, nel Dampyr n.56 “I vampiri della città fantasma“, per un western contemporaneo fra miniere, proiettili, sceriffi e, ovviamente, vampiri.
L’avventura di High Moon convinse poco già all’epoca ,nonostante il fascinoso background (da Tarantino in giù) a cui Mignacco poteva attingere. Eppure Diego Cajelli decide di ritornare in quei luoghi e di ripercorrerne anche gli ultimi avvenimenti, per seguire la storia di un vampiro – Sunray – che all’epoca sfuggì alla giustizia del Dampyr.
La vicenda di Sunray, salvato da Easy, è di per sé poco interessante nonché complicata da digerire per dinamiche e sviluppi. Di base questa vicenda è comunque solo il pretesto per parlare di homeless e train-hoppers, i dimenticati dalla società.
Cajelli costruisce quindi questa caccia all’ennesimo vampiro superstite del branco di Ixitlan attorno all’analisi sociale e umana dei senzatetto, fornendo un quadro abbastanza interessante e toccante per quanto superficiale della questione.
La foliazione a disposizione e gli altri numerosi elementi narrativi presenti nella storia (rapporto padre / figlio, rapporto mostro / salvatrice, rapporto vampiro / maestro) lasciano infatti poca possibilità di approfondimento e costringono la sceneggiatura a svolte narrative un po’ semplici. Di conseguenza le dinamiche della vicenda sono di frequente forzate e – un po’ troppo spesso – richiedono di soprassedere su alcuni passaggi che avrebbero richiesto giustificazioni più plausibili.
Dinamiche queste che purtroppo influiscono sul giudizio complessivo dell’albo nonostante, come detto, l’interessante aspetto sociale narrato e la particolare figura di Sunray, che si discosta piacevolmente dal classico vampiro senza branco.
Fabrizio Russo, da parte sua, fa un buon lavoro senza sbavature ma anche senza particolari picchi, pur regalandoci vedute notturne particolarmente efficaci e chiaroscuri di buona intensità che valorizzano l’angoscia di alcune situazioni.